1 Qui comincia lo 'nsegnamento di rettorica, lo quale è
2 ritratto in vulgare de' libri di Tullio e di molti filosofi per
3 ser Burnetto Latino da Firenze. Là dove è la lettera grossa
4 si è il testo di Tullio, e la lettera sottile sono le parole de
5 lo sponitore. Incomincia il prologo.
Part 1
6 Sovente e molto ò io pensato in me medesimo
7 se lla copia del dicere e lo sommo studio della
8 eloquenzia àe fatto più bene o più male agli uomini
9 et alle cittadi; però che quando io considero li dannaggii
10 del nostro comune e raccolgo nell' animo l' antiche
11 aversitadi delle grandissime cittadi, veggio che
12 non picciola parte di danni v' è messa per uomini
13 molto parlanti sanza sapienza.
14 Qui parla lo sponitore.
15 Rettorica èe scienzia di due maniere: una la quale
16 insegna dire, e di questa tratta Tulio nel suo libro; l' altra
1 insegna dittare, e di questa, perciò che esso non ne trattò
2 così del tutto apertamente, sì nne tratterà lo sponitore nel
3 processo del libro, in suo luogo e tempo come si converrà.
4 Rettorica s' insegna in due modi, altressì come l' altre
5 scienzie, cioè di fuori e dentro. Verbigrazia: Di fuori s' insegna
6 dimostrando che è rettorica e di che generazione, e
7 quale sua materia e llo suo officio e le sue parti e lo suo
8 propio strumento e la fine e lo suo artefice; et in questo
9 modo trattò Boezio nel quarto della Topica. Dentro s' insegna
10 questa arte quando si dimostra che ssia da ffare
11 sopra la materia del dire e del dittare, ciò viene a dire
12 come si debbia fare lo exordio e la narrazione e l' altre parti
13 della dicieria o della pistola, cioè d' una lettera dittata; et
14 in ciascuno di questi due modi ne tratta Tulio in questo
15 suo libro.
16 Ma in perciò che Tulio non dimostrò che sia
17 rettorica né quale è 'l suo artefice, sì vuole lo sponitore
18 per più chiarire l' opera dicere l' uno e l' altro.
19 Et èe rettorica una scienzia di bene dire, ciò è rettorica
20 quella scienzia per la quale noi sapemo ornatamente
21 dire e dittare. Inn altra guisa è così diffinita: Rettorica è
22 scienzia di ben dire sopra la causa proposta, cioè per la
1 quale noi sapemo ornatamente dire sopra la quistione
2 aposta. Anco àe una più piena diffinizione in questo modo:
3 Rettorica è scienza d' usare piena e perfetta eloquenzia nelle
4 publiche cause e nelle private; ciò viene a dire scienzia per
5 la quale noi sapemo parlare pienamente e perfettamente
6 nelle publiche e nelle private questioni; e certo quelli
7 parla pienamente e perfettamente che nella sua diceria
8 mette parole adorne, piene di buone sentenzie. Publiche
9 questioni son quelle nelle quali si tratta il convenentre
10 d' alcuna cittade o comunanza di genti. Private sono quelle
11 nelle quali si tratta il convenentre d' alcuna spiciale persona.
12 E ttutta volta è lo 'ntendimento dello sponitore che
13 queste parole sopra 'l dittare altressì come sopra 'l dire
14 siano, advegna che tal puote sapere bene dittare che non
15 àe ardimento o scienzia di profferere le sue parole davanti
16 alle genti; ma chi bene sa dire puote bene sapere dittare.
17 Avemo detto che è rettorica, or diremo chi è lo suo
18 artefice: dico che è doppio, uno è «rector» e l' altro è «orator».
19 Verbigrazia: Rector è quelli che 'nsegna questa
20 scienzia secondo le regole e' comandamenti dell' arte. Orator
21 è colui che poi che elli àe bene appresa l' arte, sì ll' usa
22 in dire et in dittare sopra le quistioni apposte, sì come sono
23 li buoni parlatori e dittatori, sì come fue maestro Piero
24 dalle Vigne, il quale perciò fue agozetto di Federigo secondo
25 imperadore di Roma e tutto sire di lui e dello 'mperio.
26 Onde dice Vittorino che orator, cioè lo parlatore,
1 è uomo buono e bene insegnato di dire, lo quale usa piena
2 e perfetta eloquenzia nelle cause publiche e private.
3 Ora àe detto lo sponitore che è rettorica, e del suo
4 artifice, cioè di colui che lla mette in opera, l' uno insegnando
5 l' altro dicendo. Omai vuole dicere chi è l' autore,
6 cioè il trovatore di questo libro, e che fue la sua intenzione
7 in questo libro, e di che tratta, e lla cagione per che lo
8 libro è fatto e che utilitade e che tittolo à questo libro.
9 L' autore di questa opera è doppio: uno che di tutti i
10 detti de' filosofi che fuoro davanti lui e dalla viva fonte
11 del suo ingegno fece suo libro di rettorica, ciò fue Marco
12 Tulio Cicero, il più sapientissimo de' Romani. Il secondo
13 è Brunetto Latino cittadino di Firenze, il quale mise tutto
14 suo studio e suo intendimento ad isponere e chiarire ciò
15 che Tulio avea detto; et esso è quella persona cui questo
16 libro appella sponitore, cioè ched ispone e fae intendere,
17 per lo suo propio detto e de' filosofi e maestri che sono
18 passati, il libro di Tulio, e tanto più quanto all' arte bisogna
19 di quel che fue intralasciato nel libro di Tulio, sì come il
20 buono intenditore potràe intendere avanti.
21 La sua intenzione fue in questa opera dare insegnamento
22 a colui per cui amore e' si mette a ffare questo
23 trattato de parlare ornatamente sopra ciascuna quistione
24 proposta.
1 Et e' tratta secondo la forma del libro di Tulio di
2 tutte e V le parti generali di rettorica. Verbigrazia: Inventio,
3 cioè trovamento di ciò che bisogna sopradire alla
4 materia proposta; e dell' altre IIIJ secondo che sono nel
5 secondo libro che Tulio fece ad Erennio suo amico, sopra
6 le quali il conto dirà ciò che ssi converrà.
7 La cagione per che questo libro è fatto si è cotale,
8 che questo Brunetto Latino, per cagione della guerra la
9 quale fue tralle parti di Firenze, fue isbandito della terra
10 quando la sua parte guelfa, la quale si tenea col papa e
11 colla chiesa di Roma, fue cacciata e sbandita della terra.
12 E poi si n' andò in Francia per procurare le sue vicende,
13 e là trovò uno suo amico della sua cittade e della sua parte,
14 molto ricco d' avere, ben costumato e pieno de grande
15 senno, che lli fece molto onore e grande utilitade, e perciò
16 l' appellava suo porto, sì come in molte parti di questo libro
17 pare apertamente; et era parlatore molto buono naturalmente,
18 e molto disiderava di sapere ciò che' savi aveano
19 detto intorno alla rettorica; e per lo suo amore questo
20 Brunetto Latino, lo quale era buono intenditore di lettera
21 et era molto intento allo studio di rettorica, si mise a ffare
22 questa opera, nella quale mette innanzi il testo di Tulio
23 per maggiore fermezza, e poi mette e giugne di sua scienzia
24 e dell' altrui quello che fa mistieri.
25 L' utilitade di questo libro è grandissima, però che
26 ciascuno che saprà bene ciò che comanda lo libro e l' arte,
27 sì saprà dire interamente sopra la quistione apposta.
1 Il titolo di questo libro, sì come davanti appare nel
2 cominciamento, si è cotale: Qui comincia lo 'nsegnamento
3 di rettorica, il quale è ritratto in volgare de' libri di Tulio e di
4 molti filosofi. E che lo titulo sia buono e perfetto assai chiaramente
5 si dimostra per effetto d' opera, ché sanza fallo
6 recato è in volgare il libro di Tulio e messo avanti in
7 grossa lettera, sì come di maggiore dignitade, e poi sono
8 recati in lettera sottile e' ditti di molti filosofi e llo 'ntendimento
9 dello sponitore. E in questo punto si parte elli
10 da questa materia e ritorna al propio intendimento del
11 testo.
12 In questa parte dice lo sponitore che Tulio, vogliendo
13 che rettorica fosse amata e tenuta cara, la quale
14 al suo tempo era avuta per neente, mise davanti suo prolago
15 in guisa di bene savi, nel quale purgò quelle cose che
16 pareano a llui gravose. Che sì come dice Boezio nel comento
17 sopra la Topica, chiunque scrive d' alcuna materia
18 dee prima purgare ciò che pare a llui che sia grave; e
19 così fece Tulio, che purgò tre cose gravose. Primieramente
20 i mali che veniano per copia di dire; apresso la sentenzia
21 di Platone, e poi la sentenzia d' Aristotile.
22 La sentenzia
23 di Platone era che rettorica non è arte, ma è natura,
24 per ciò che vedea molti buoni dicitori per natura e non
25 per insegnamento d' arte. La sentenzia d' Aristotile fue
26 cotale, che rettorica è arte, ma rea, per ciò che per eloquenzia
27 parea che fosse avenuto più male che bene a' comuni
28 e a' divisi.
29 Onde Tulio purgando questi tre gravi
1 articoli procede in questo modo: Che in prima dice che
2 sovente e molto àe pensato che effetto proviene d' eloquenzia.
3 Nella seconda parte pruova lo bene e 'l male che 'nde
4 venia e qual più. Nella terza parte dice tre cose: in prima
5 dice che pare a llui di sapienzia; apresso dice che pare a
6 llui d' eloquenzia; e poi dice che pare a llui di sapienzia
7 et eloquenzia congiunte insieme. Nella quarta parte sì
8 mette le pruove sopra questi tre articoli che sono detti, e
9 conclude che noi dovemo studiare in rettorica, recando a
10 cciò molti argomenti, li quali muovono d' onesto e d' utile
11 e possibile e necessario. Nella quinta parte mostra Tulio
12 di che e come elli tratterà in questo libro.
13 Et poi che Tulio nel suo cuminciamento ebbe detto
14 come molte fiate e lungo tempo avea pensato del bene e del
15 male che fosse advenuto, immantenente dice del male per
16 accordarsi a' pensamenti delli uomini che ssi ricordano più
17 d' uno nuovo male che di molti beni antichi; e così Tulio,
18 mostrando di non ricordarsi delli antichi beni, s' infigne di
19 biasmare questa scienzia per potere più di sicuro lodare e
20 difendere.
21 Et per le sue propie parole che sono scritte
22 nel testo di sopra potemo intendere apertamente che in
23 queste medesime parole ove dice che i mali che per eloquenzia
24 sono advenuti e che non si possono celare, in quelle
1 medesime la difende abassando e menimando la malizia.
2 Ché là dove dice «dannaggi» sì suona che siano lievi danni
3 de' quali poco cura la gente.
4 Et là dove dice «del nostro
5 comune» altressì abassa del male, acciò che più cura l' uomo
6 del propio danno che del comune; e dicendo «nostro comune»
7 intendo Roma, però che Tulio era cittadino di
8 Roma nuovo e di non grande altezza; ma per lo suo senno
9 fue in sì alto stato che tutta Roma si tenea alla sua parola,
10 e fue al tempo di Catellina, di Pompeio e di Julio Cesare,
11 e per lo bene della terra fue al tutto contrario a Catellina.
12 Et poi nella guerra di Pompeio e di Julio Cesare si tenne
13 con Pompeio, sicome tutti' savi ch' amavano lo stato di
14 Roma; e forse l' appella nostro comune però che Roma
15 èe capo del mondo e comune d' ogne uomo. Et là dove
16 dice «l' antiche adversitadi» altressì abassa il male, acciò
17 che delli antichi danni poco curiamo. Et là dove dice
18 «grandissime cittadi» altressì abassa 'l male, però che, sì
19 come dice il buono poeta Lucano, nonn è conceduto alle
20 grandissime cose durare lungamente; e l' altro dice che lle
21 grandissime cose rovinano per lo peso di sé medesime.
1 Et così non pare che eloquenzia sia la cagione del male
2 che viene alle grandissime cittadi. Et là dove dice che
3 danni sono advenuti per uomini molto parlanti sanza sapienzia,
4 manifestamente abassa 'l male e difende rettorica,
5 dicendo che 'l male è per cagione di molti parlanti ne' quali
6 non regna senno; e non dice che 'l male sia per eloquenzia,
7 ché dice Vittorino: «Questa parola eloquentia suona bene,
8 e del bene non puote male nascere».
9 Questo è bello
10 colore rettorico, difendere quando mostra di biasmare,
11 et accusare quando pare che dica lode. Et questo modo
12 di parlare àe nome «insinuatio», del quale dicerà il libro
13 in suo luogo. Et qui si parte il conto da quella prima parte
14 del prologo nella quale Tulio àe detto il suo pensamento
15 et àe detto li mali avenuti, e ritorna alla seconda parte
16 nella quale dimostra de' beni che sono pervenuti per eloquenzia.
Part 2
17 Tullio.
18 Sì come quando ordino di ritrarre dell' antiche
19 scritte le cose che sono fatte lontane dalla nostra ricordança
20 per loro antichezza, intendo che eloquenzia
1 congiunta con ragione d' animo, cioè con sapienzia,
2 piùe agevolemente àe potuto conquistare e mettere inn
3 opera ad hedifficare cittadi, a stutare molte battaglie,
4 fare fermissime compagnie et anovare santissime amicizie.
5 Lo sponitore.
6 Poi che Tulio àe divisati li mali che sono per eloquenzia,
7 sì divisa in questa parte li beni, e conta più beni
8 che mali perciò che più intende alle lode. Et nota che dice
9 «eloquenzia congiunta con sapienzia», però che sapienzia
10 dà volontade di bene fare et eloquenzia il mette a compimento.
11 L' altre parole che sono nel testo, cioè «a edifficare
12 cittadi, a stutare molte battaglie etc. » son messe
13 ordinatamente acciò che prima si raunaro gli uomini insieme
14 a vivere ad una ragione et a buoni costumi et a
15 multiplicare d' avere; e poi che furo divenuti ricchi montò
16 tra lloro invidia e per la 'nvidia le guerre e le battaglie.
17 Poi li savi parladori astutaro le battaglie, et apresso gli
18 uomini fecero compagnie usando e mercatando insieme; e
1 di queste compagnie cuminciaro a ffare ferme amicizie per
2 eloquenzia e per sapienzia.
3 Ma ssì come dice e signifficano
4 queste parole, per più chiarire l' opera è bene convenevole
5 di dimostrare qui che è cittade e che è compagno
6 e che è amico e che è sapienzia e che è eloquenzia, perciò
7 che llo sponitore non vuole lasciare un solo motto donde
8 non dica tutto lo 'ntendimento.
9 Che è cittade.- Cittade èe uno raunamento di gente
10 fatto per vivere a ragione; onde non sono detti cittadini
11 d' uno medesimo comune perché siano insieme accolti
12 dentro ad uno muro, ma quelli che insieme sono acolti
13 a vivere ad una ragione.
14 Che è compagno.- Compagno è quelli che per alcuno
15 patto si congiugne con un altro ad alcuna cosa fare; e di
16 questi dice Vittorino che se sono fermi, per eloquenzia poi
17 divegnono fermissimi.
18 Che è amico.- Amico è quelli che per uso di simile
19 vita si congiugne con un altro per amore iusto e fedele.
20 Verbigrazia: Acciò che alcuni siano amici conviene che
21 siano d' una vita e d' una costumanza, e però dice «per uso
22 di simile vita»; e dice «giusto amore» perché non sia a
23 cagione di luxuria o d' altre laide opere; e dice «fedele
24 amore» perché non sia per guadagneria o solo per utilitade,
25 ma sia per constante vertude. Et così pare manifestamente
26 che quella amistade ch' è per utilitade e per dilettamento
1 nonn è verace, ma partesi da che 'l diletto e
2 l' uttilitade menoma.
3 Che è sapienzia.- Sapienzia è comprendere la verità
4 delle cose sì come elle sono.
5 Che è eloquenzia.- Eloquenzia è sapere dire addorne
6 parole guernite di buone sentenzie.
Part 3
7 Tullio.
8 Et così me lungamente pensante la ragione stessa
9 mi mena in questa fermissima sentenza, che sapienzia
10 sanza eloquenzia sia poco utile a le cittadi, et eloquenzia
11 sanza sapienza è spessamente molto dampnosa
12 e nulla fiata utile. Per la qual cosa, se alcuno intralascia
13 li dirittissimi et onestissimi studii di ragione e
14 d' officio e consuma tutta sua opera in usare sola parladura,
15 cert' elli èe cittadino inutile a sé e periglioso
16 alla sua cittade et al paese. Ma quelli il quale s' arma
17 sìe d' eloquenzia che non possa guerriare contra il bene
18 del paese, ma possa per esso pugnare, questo mi pare
19 uomo e cittadino utilissimo ed amicissimo alle sue et
20 alle publiche ragioni.
1 Lo sponitore.
2 Poi che Tulio avea dette le prime due parti del suo
3 prologo, sì comincia la terza parte, nella quale dice tre
4 cose. Imprima dice che pare a llui di sapienzia, infino là
5 dove dice: «Per la qual cosa». Et quivi comincia la seconda,
6 nella quale dice che pare a llui d' eloquenzia, infino
7 là ove dice: «Ma quello il quale s' arma». Et quivi comincia
8 la terza, ne la quale dice che pare a llui dell' una
9 e dell' altra giunte insieme.
10 Onde dice Vittorino: Se noi volemo mettere avacciamente
11 in opera alcuna cosa nelle cittadi, sì ne conviene
12 avere sapienzia giunta con eloquenzia, però che sapienzia
13 sempre è tarda. Et questo appare manifestamente in alcuno
14 savio che non sia parlatore, dal quale se noi domandassimo
15 uno consiglio certo nollo darebbe tosto cosìe come se fosse
16 bene parlante. Ma se fosse savio e parlante inmantenente
17 ne farebbe credibile di quel che volesse.
18 Et in ciò che
19 dice Tulio di coloro che 'ntralasciano li studii di ragione
20 e d' officio, intendo là dove dice «ragione» la sapienzia, e
21 là dove dice «officio» intendo le vertudi, ciò sono prodezza,
22 giustizia e l' altre vertudi le quali ànno officio di mettere
23 in opera che noi siamo discreti e giusti e bene costumati.
24 Et però chi ssi parte da sapienzia e da le vertudi e studia
1 pure in dire le parole, di lui adviene cotale frutto che,
2 però che non sente quel medesimo che dice, conviene che
3 di lui avegna male e danno a ssé et al paese, però che
4 non sa trattare le propie utilitadi né lle comuni in questo
5 tempo e luogo et ordine che conviene.
6 Adunque colui
7 che ssi mette l' arme d' eloquenzia è utile a ssé et al suo
8 paese. Per questa arme intendo la eloquenzia, e per sapienzia
9 intendo la forza; ché sì come coll' arme ci difendiamo
10 da' nemici e colla forza sostenemo l' arme, tutto
11 altressì per eloquenzia difendemo noi la nostra causa dall'
12 aversario e per sapienzia ne sostenemo di dire quello
13 che a noi potesse tenere danno. Et in questa parte è detta
14 la terzia parte del prologo di Tulio.
15 Dunque vae il
16 conto alla quarta parte del prologo, per provare ciò ch' è
17 detto davanti et a conducere che noi dovemo studiare in
18 rettorica per avere eloquenzia e sapienzia: e sopra ciò reca
19 Tulio molti argomenti, li quali debbono e possono così
20 essere, e tali che conviene che sia pur così e di tali ch' è
21 onesta cosa pur di così essere; e sopra ciò ecco il testo
1 di Tulio in lettera grossa, e poi seguisce la disposta in
2 lettera sottile secondo la forma del libro.
Part 4
3 Tullio.
4 Dunque se noi volemo considerare il principio
5 d' eloquenzia la quale sia pervenuta in uomo per arte
6 o per studio o per usanza o per forza di natura, noi
7 troveremo che sia nato d' onestissime cagioni e che ssia
8 mosso d' ottima ragione.
9 Acciò che fue un
10 tempo che in tutte parti isvagavano gli uomini per
11 li campi in guisa di bestie e conduceano lor vita in
12 modo di fiere, e facea ciascuno quasi tutte cose per
13 forza di corpo e non per ragione d' animo; et ancora
14 in quello tempo la divina religione né umano officio
15 non erano avuti in reverenzia. Neuno uomo avea veduto
16 legittimo managio, nessuno avea connosciuti certi
17 figliuoli, né aveano pensato che utilitade fosse mantenere
18 ragione et agguallianza. E così per errore e per
19 nescitade la cieca e folle ardita signoria dell' animo,
20 cioè la cupiditade, per mettere in opera sé medesima
21 misusava le forze del corpo con aiuto di pessimi seguitatori.
1 Lo sponitore.
2 In questa quarta parte del prologo vogliendo Tulio
3 dimostrare che eloquenzia nasce e muove per cagione e
4 per ragione ottima et onestissima, sì dice come in alcuno
5 tempo erano gli uomini rozzi e nessci come bestie; e dell'
6 uomo dicono li filosofi, e la santa scrittura il conferma,
7 che egli è fermamento di corpo e d' anima razionale, la
8 quale anima per la ragione ch' è in lei àe intero conoscimento
9 delle cose.
10 Onde dice Vittorino: Sì come menoma
11 la forza del vino per la propietade del vasello nel
12 quale è messo, cosìe l' anima muta la sua forza per la
13 propietade di quello corpo a cui ella si congiunge. Et però,
14 se quel corpo è mal disposto e compressionato di mali
15 homori, la anima per gravezza del corpo perde la conoscenza
16 delle cose, sì che appena puote discernere bene da
17 male, sì come in tempo passato nell' anime di molti le
18 quali erano agravate de' pesi de' corpi, e però quelli uomini
1 erano sì falsi et indiscreti che non conosceano Dio né lloro
2 medesimi. Onde misusavano le forze del corpo uccidendo
3 l' uno l' altro, tolliendo le cose per forza e per furto, luxuriando
4 malamente, non connoscendo i loro proprii figliuoli
5 né avendo legittime mogli.
6 Ma tuttavolta la natura,
7 cioè la divina disposizione, non avea sparta quella bestialitade
8 in tutti gli uomini igualmente; ma fue alcuno savio
9 e molto bello dicitore il quale, vedendo che gli uomini
10 erano acconci a ragionare, usò di parlare a lloro per recarli
11 a divina connoscenza, cioè ad amare Idio e 'l proximo, sì
12 come lo sponitore dicerà per innanzi in suo luogo; e perciò
13 dice Tulio nel testo di sopra che eloquenzia ebbe cominciamento
14 per onestissime cagioni e dirittissime ragioni,
15 cioè per amare Idio e 'l proximo, ché sanza ciò l' umana
16 gente non arebbe durato.
17 Et là dove dice il testo che
18 gli uomini isvagavano per li campi intendo che non aveano
19 case né luogo, ma andavano qua e là come bestie.
20 Et
21 là dove dice che viveano come fiere intendo che mangiavano
22 carne cruda, erbe crude et altri cibi come le fiere.
23 Et là dove dice «tutte cose quasi faceano per forza e
24 non per ragione» intendo che dice «quasi» ché non faceano
25 però tutte cose per forza, ma alquante ne faceano
1 per ragione e per senno, cioè favellare, disiderare et altre
2 cose che ssi muovono dall' animo.
3 Et là dove dice che
4 divina religione non era reverita intendo che non sapeano
5 che Dio fosse.
6 Et là dove dice dell' umano officio intendo
7 che non sapeano vivere a buoni costumi e non conosceano
8 prudenzia né giustizia né l' altre virtudi.
9 Et
10 là dove dice che non manteneano ragione intendo «ragione»
11 cioè giustizia, della quale dicono i libri della legge
12 che giustizia è perpetua e ferma volontade d' animo che
13 dae a ciascuno sua ragione.
14 Et là dove dice «aguaglianza»
15 intendo quella ragione che dae igual pena al
16 grande et al piccolo sopra li eguali fatti.
17 Et là dove
18 dice «cupiditade» intendo quel vizio ch' è contrario di
19 temperanza; e questo vizio ne conduce a disiderare alcuna
20 cosa la quale noi non dovemo volere, et inforza nel
21 nostro animo un mal signoraggio, il quale nol permette
22 rifrenare da' rei movimenti.
23 Et là dove dice «nescitade»
24 intendo ch' è nnone connoscere utile et inutile; e
25 però dice ch' è cupidità cieca per lo non sapere e che non
26 conosce il prode e 'l danno.
1 ardita» intendo che folli arditi sono uomini matti e
2 ratti a ffare cose che non sono da ffare.
3 Et là dove
4 dice «misusava le forze del corpo» intendo misusare cioè
5 usare in mala parte; ché dice Vittorino che forza di corpo
6 ci è data da Dio per usarla in fare cose utili et oneste, ma
7 coloro faceano tutto il contrario.
8 Ora à detto lo sponitore
9 sopra 'l testo di Tulio le cagioni per le quali eloquenzia
10 cominciò a parere. Omai dicerae in che modo
11 appario e come si trasse innanzi.
Part 5
12 Tullio.
13 Nel quale tempo fue uno uomo grande e savio,
14 il quale cognobbe che materia e quanto aconciamento
15 avea nelli animi delli uomini a grandissime cose chi
16 lli potesse dirizzare e megliorare per comandamenti.
17 Donde costrinse e raunò in uno luogo quelli uomini
18 che allora erano sparti per le campora e partiti per
19 le nascosaglie silvestre; et inducendo loro a ssapere le
20 cose utili et oneste, tutto che alla prima paresse loro
21 gravi per loro disusanza, poi l' udiro studiosamente per
22 la ragione e per bel dire; e ssì lli arecò umili e mansueti
23 dalla fierezza e dalla crudeltà che aveano.
1 Lo sponitore.
2 In questa parte vuole Tulio dimostrare da cui e come
3 cominciò eloquenzia et in che cose; et è la tema cotale:
4 In quel tempo che lla gente vivea così malamente, fue un
5 uomo grande per eloquenzia e savio per sapienzia, il quale
6 cognobbe che materia, cioè la ragione che l' uomo àe in sé
7 naturalmente per la quale puote l' uomo intendere e ragionare,
8 e l' acconciamento a fare grandissime cose, cioè a
9 ttenere pace et amare Idio e 'l proximo, a ffare cittadi,
10 castella e magioni e bel costume, et a ttenere iustitia et
11 a vivere ordinatamente, se fosse chi lli potesse dirizzare,
12 cioè ritrarre da bestiale vita, e melliorare per comandamenti,
13 cioè per insegnamenti e per leggi e statuti che lli
14 afrenasse.
15 Et qui cade una quistione, ché potrebbe
16 alcuno dicere: «Come si potieno melliorare, da che non
17 erano buoni?». A cciò rispondo che naturalmente era la
18 ragione dell' anima buona; adunque si potea migliorare nel
19 modo ch' è detto.
20 Donde questo savio costrinse - e dice
1 che i «costrinse» però che non si voleano raunare - e
2 raunò - e dice «raunò» poi che elli volloro. Che 'l savio
3 uomo fece tanto per senno e per eloquenzia, mostrando
4 belle ragioni, assegnando utilitade e metendo del suo in
5 dare mangiare e belle cene e belli desinari et altri piaceri,
6 che ssi raunaro e patiero d' udire le sue parole. Et elli insegnava
7 loro le cose utili dicendo: «State bene insieme,
8 aiuti l' uno l' altro, e sarete sicuri e forti; fate cittadi e
9 ville». Et insegnava loro le cose oneste dicendo: «Il piccolo
10 onori il grande, il figliuolo tema il suo padre» etc.
11 Et tutto che, dalla prima, a questi che viveano bestialmente
12 paresser gravi amonimenti di vivere a ragione et ad
13 ordine, acciò ch' elli erano liberi e franchi naturalmente e
14 non si voleano mettere a signoraggio, poi, udendo il bel
15 dire del savio uomo e considerando per ragione che larga e
16 libera licenzia di mal fare ritornava in lor grave destruzione
17 et in periglio de l' umana generazione, udiro e miser
18 cura a intendere lui. Et in questa maniera il savio uomo li
19 ritrasse di loro fierezza e di loro crudeltade - e dice «fierezza»
20 perciò che viveano come fiere; e dice «crudeltade»
21 perciò che 'l padre e 'l figliuolo non si conosceano, anzi
22 uccidea l' uno l' altro - e feceli umili e mansueti, cioè volontarosi
23 di ragioni e di virtudi e partitori dal male.
1 Ora à detto Tulio chi cominciò eloquenzia et intra cui
2 e come; or dicerà per che ragione, sanza la quale non
3 potea ciò fare.
Part 6
4 Tullio.
5 Per la qual cosa pare a me che lla sapienzia
6 tacita e povera di parole non arebbe potuto fare tanto,
7 che così subitamente fossero quelli uomini dipartiti
8 dall' antica e lunga usanza et informati in diverse ragioni
9 di vita.
10 Lo sponitore.
11 In questa parte dice Tulio la ragione sanza la quale
12 non si potea fare ciò che fece 'l savio uomo; e dice «sapienzia
13 tacita» quella di coloro che non danno insegnamento
14 per parole ma per opera, come fanno ' romiti. Et
15 dice «povera di parole» per coloro che 'l lor senno non
16 sanno addornar di parole belle e piene di sentenze a ffar
17 credere ad altri il suo parere. Et per questo potemo intendere
18 che picciola forza è quella di sapienzia s' ella nonn
19 è congiunta con eloquenzia, e potemo connoscere che sopra
20 tutte cose è grande sapienzia congiunta con eloquenzia.
21 Et là dove dice «così subitamente» intendo che quello
22 savio uomo arebbe bene potuto fare queste cose per sapienzia,
23 ma non così avaccio né così subitamente come
24 fece abiendo eloquenzia e sapienzia. Et là dove dice «in
1 diverse ragioni di vita» intendo che uno fece cavalieri, un
2 altro fece cherico, e così fece d' altri mistieri.
Part 7
3 Tullio.
4 Et così, poi che lle cittadi e le ville fuoron fatte,
5 impreser gli uomini aver fede, tener giustizia et usarsi
6 ad obedire l' uno l' altro per propia volontade et a
7 sofferire pena et affanno non solamente per la comune
8 utilitade, ma voler morire per essa mantenere. La qual
9 cosa non s' arebbe potuta fare se gli uomini non
10 avessor potuto dimostrare e fare credere per parole,
11 cioè per eloquenzia, ciò che trovavano e pensavano per
12 sapienzia. Et certo chi avea forza e podere sopra
13 altri molti non averia patito divenire pare di coloro
14 ch' elli potea segnoreggiare, se non l' avesse mosso sennata
15 e soave parladura; tanto era loro allegra la primiera
16 usanza, la quale era tanto durata lungamente
17 che parea et era in loro convertita in natura. Donde
1 pare a me che così anticamente e da prima nasceo e
2 mosse eloquenzia, e poi s' innalzò in altissime utilitadi
3 delli uomini nelle vicende di pace e di guerra.
4 Lo sponitore.
5 In questa parte dice Tulio che cciò che sapienzia
6 non avrebbe messo in compimento per sé sola, ella fece
7 avendo in compagnia eloquenzia; e però la tema èe cotale:
8 Sì come detto è davanti, fuoro gli uomini raunati et insegnati
9 di ben fare e d' amarsi insieme, e però fecero cittadi
10 e ville; poi che lle cittadi fuor fatte impresero ad avere
11 fede.
12 Di questa parola intendo che coloro ànno fede che
13 non ingannano altrui e che non vogliono che lite né discordia
14 sia nelle cittadi, e se vi fosse sì la mettono in pace.
15 Et fede, sì come dice un savio, è lla speranza della cosa
16 promessa; e dice la legge che fede è quella che promette
17 l' uno e l' altro l' attende. Ma Tulio medesimo dice in un
18 altro libro delli offici che fede è fondamento di giustizia,
19 veritade in parlare e fermezza delle promesse; e questa èe
20 quella virtude ch' è appellata lealtade.
21 E così sommatamente
22 loda Tulio eloquenzia con sapienzia congiunta, che
23 sanza ciò le grandissime cose non s' arebbono potute mettere
24 in compimento, e dice che poi àe molto de ben fatto
1 in guerra et in pace. Et per questa parola intendo che tutti
2 i convenenti de' comuni e delle speciali persone corrono
3 per due stati o di pace o di guerra, e nell' uno e nell' altro
4 bisogna la nostra rettorica sì al postutto, che sanza lei
5 non si potrebbono mantenere.
Part 9
6 Tullio.
7 Ma poi che lli uomini, malamente seguendo la
8 virtude sanza ragione d' officio, apresero copia di parlare,
9 usaro et inforzaro tutto loro ingegno in malizia,
10 per che convenne che lle cittadi sine guastassero e li
11 uomini si comprendessero di quella ruggine.
12 Et
13 poi che detto avemo la cumincianza del bene, contiamo
14 come cuminciò questo male.
15 Lo sponitore.
16 Poi che Tulio avea detto davanti i beni che sono
17 advenuti per eloquenzia, in questa parte dice i mali che
18 sono advenuti per lei sola sanza sapienzia; ma perciò che
19 lla sua intentione è più in laudarla, sì appone elli il male
20 a coloro che lla misusano e non a llei.
21 Et sopra ciò la
22 tema è cotale: Furono uomini folli sanza discrezione, li
23 quali, veggendo che alquanti erano in grande onoranza e
1 montati in alto stato per lo bello parlare ch' usavano secondo
2 li comandamenti di questa arte, sì studiaro solo
3 in parlare e tralasciaro lo studio di sapienzia, e divennero
4 sì copiosi in dire che, per l' abondanza del molto parlare
5 sanza condimento di senno, che cuminciaro a mettere
6 sedizione e distruggimento nelle cittadi e ne' comuni et a
7 corrompere la vita degli uomini; e questo divenia però
8 ch' ellino aveano sembianza e vista di sapienzia, della
9 quale erano tutti nudi e vani.
10 Et dice Vittorino che
11 eloquenzia sola èe appellata «la vista», perciò che ella
12 fae parere che sapienzia sia in coloro ne' quali ella non
13 fae dimoro. Et queste sono quelle persone che per avere
14 li onori e l' uttilitadi delle comunanze parlano sanza sentimento
15 di bene; così turbano le cittadi et usano la gente
16 a perversi costumi.
17 Et poi dice Tulio: Da che noi
18 avemo contato 'l principio del bene, cioè de' beni che
19 avenuti erano per eloquenzia, si è convenevole di mettere
20 in conto la 'ncumincianza del male che 'nde seguitò.
21 Et dice in questo modo nel testo:
Part 10
1 Tullio tratta della comincianza del male
2 advenuto per eloquenzia.
3 Et certo molto mi pare verisimile: in alcuno
4 tempo gli uomini che non erano parlatori et uomini
5 meno che savi non usavano tramettersi delle publiche
6 vicende, e che gli uomini grandi e savi parlieri non
7 si trametteano delle cause private. E con ciò fosse
8 cosa che sovrani uomini regessero le grandissime cose,
9 io mi penso che furo altri uomini callidi e vezzati i
10 quali avennero a trattare le picciole controversie delle
11 private persone; nelle quali controversie adusandosi
12 gli uomini spessamente a stare fermi nella bugia incontra
13 la verità, imperseveramento di parlare nutricò
14 arditanza.
Part 11
15 Sì che per le 'ngiurie de' cittadini convenne per
16 necessitade che' maggiori si contraparassono agli arditi
17 e che ciascuno atoriasse le sue bisogne; e così,
18 parendo molte fiate che quello ch' avea impresa sola
19 eloquenzia sanza sapienzia fosse pare o talora più innanzi
1 che quello che avea eloquenzia congiunta con
2 sapienzia, avenìa che, per giudicio di moltitudine di
3 gente e di sé medesimo, paresse essere degno di reggiere
4 le publiche cose.
Part 12
5 E certo non ingiustamente, poi che' folli arditi
6 impronti pervennero ad avere reggimenti delle comunanze,
7 grandissime e miserissime tempestanze adveniano
8 molto sovente; per la qual cosa cadde eloquenzia
9 in tanto odio et invidia che gli uomini d' altissimo ingegno,
10 quasi per scampare di torbida tempestade in
11 sicuro porto, così fuggiendo la discordiosa e tumultuosa
12 vita si ritrassero ad alcuno altro queto studio. Per
13 la qual cosa pare che per la loro posa li altri dritti
14 et onesti studii molto perseverati vennero in onore.
Part 13
15 Ma questo studio di rettorica fue abandonato quasi
16 da tutti loro, e perciò tornò a neente, in tal tempo
17 quando più inforzatamente si dovea mantenere e più
1 studiosamente crescere; perciò che quando più indegnamente
2 la presumptione e l' ardire de' folli impronti
3 manimettea e guastava la cosa onestissima e dirittissima
4 con troppo gravoso danno del comune, allora
5 era più degna cosa contrastare e consigliare la cosa publica.
6 Della qual cosa non fugìo il nostro Catone
7 né Lelius né, al ver dire, il loro discepolo Affricano,
8 né i Gracchi nepoti d' Affricano, ne' quali uomini
9 era sovrana virtude et altoritade acresciuta per la loro
10 sovrana virtude; sì che la loro eloquenzia era grande
11 adornamento di loro et aiuto e mantenimento della
12 comunanza.
13 Lo sponitore.
14 In questa parte divisa Tulio come divennero quelli
15 due mali, cioè turbare il buono stato delle cittadi e corrompere
16 la buona vita e costumanza delli uomini; et avegna
17 che 'l suo testo sia recato in sìe piane parole che
18 molto fae da intendere tutti, ma tutta volta lo sponitore
19 dirae alcune parole per più chiarezza.
20 Et è la tema
21 cotale: La eloquenzia mise in sì alto stato i parladori
22 savi e guerniti di senno, che per loro si reggeano le cittadi
23 e le comunanze e le cose publiche, avendo le signorie
24 e li officii e li onori e le grandi cose, e non si trametteano
25 delle cause private, cioè delle vicende delli
1 uomini speciali, né di fare lavoriere né altre picciole
2 cose. Ma erano altri uomini di due maniere: l' una che
3 non erano parlatori, l' autra che non aveano sapienzia, ma
4 erano gridatori e favellatori molto grandi; e questi non
5 si trametteano delle cose publiche, cioè delle signorie e
6 delli officii e delle grandi cose del comune, ma impigliavansi
7 a trattare le picciole cose delle private persone, cioè
8 delli speciali uomini.
9 Intra' quali furono alcuni calidi
10 e vezzati - cioè per la fraude e per la malizia che in loro
11 regnava parea ch' avesse in loro sapienzia-; e questi
12 s' ausarono tanto a parlare che, per molta usanza di dire
13 parole e di gridare sopra le vicende delle speciali persone,
14 montaro in ardimento e presero audacia di favellare in
15 guisa d' eloquenzia tanto e sì malamente che teneano la
16 menzogna e la fallacia ferma contra la veritade.
17 Onde,
18 per li grandi mali che di ciò adveniano, convenne che'
19 grandi, ciò sono i savi parladori che reggeano le grandi
20 cose, venissero et abassassero a trattare le picciole vicende
21 di speciali persone, per difendere i loro amici e per contastare
22 a quelli arditi. Et nota che arditi sono di due maniere:
23 l' una che pigliano a ffare di grandi cose con provedimento
24 di ragione, e questi sono savi; li altri che pigliano
25 a ffare le grandi cose sanza provedenza di ragione,
1 e questi sono folli arditi.
2 Donde in questo contrastare
3 i buoni e savi parlavano giustamente, ma i folli arditi,
4 che non aveano studiato in sapienzia ma pure in eloquenzia,
5 gridavano e garriano a grandi boci e non si vergognavano
6 di mentire e di dire torto palese; sicché spessamente
7 pareano pari di senno e di parlare e talvolta
8 migliori. Sì che per sentenza del popolo, la quale è sentenzia
9 vana perciò che non muove da ragione, e per
10 sentenza di sé medesimo, la quale è per neente, pareano
11 essere degni di covernare le publiche e le grandi cose, e
12 così furo messi a reggere le cittadi et alli officii et onori
13 delle comunanze.
14 Et poi che cciò avenne, non fue
15 meraviglia se nelle cittadi veniano grandissime e miserissime
16 tempestadi. Et nota che dice «grandissime» per
17 la quantità e che duraro lungamente, e dice «miserissime»
18 per la qualitade, ch' erano aspre e perilliose che 'nde
19 moriano le persone; e dice «tempestanza» per similitudine,
20 che sì come la nave dimora in fortuna di mare e
21 talvolta crescono in tanto che perisce, così dimora la
22 cittade per le discordie, et alla fiata montano sicché periscono
23 in sé medesime e patono distruzione.
24 «Per
25 la qual cosa eloquenzia cadde in tanto odio et invidia»....
1 Et nota che odio non è altro se nno ira invecchiata; e
2 così i buoni savi erano stati lungamente irosi, veggiendo
3 i folli arditi segnoreggiare le cittadi. Et invidia è aflizione
4 che omo àe per altrui bene; donde i buoni savi
5 aveano molta aflizione per coloro ch' erano segnori delle
6 grandi cose et erano in onore.
7 Et perciò li buoni d' altissimo
8 ingegno si ritrassero di quelle cose ad altri queti
9 studii per scampare della tumultuosa vita in sicuro porto.
10 Et nota: là dove dice «altissimo ingegno» dimostra bene
11 ch' arebboro potuto e saputo contrastare a' folli arditi, e
12 perciò che no 'l fecero furo bene da riprendere. Et in
13 ciò che dice «queti studi» intendo l' altre scienze di filosofia,
14 sì come trattare le nature delle divine cose e delle
15 terrene, e sì come l' etica, che tratta le virtudi e le costumanze;
16 et appellali «queti studii» ché non trattano
17 di parlare in comune, e perciò che ssi stavano partiti
18 dal romore delle genti. Et appella «vita tumultuosa» ché
19 spessamente l' uno uomo assaliva l' altro in cittade coll'
20 arme e talvolta l' uccideva.
21 Et poi che' savi intralassar
22 lo studio d' eloquenzia, ella tornò ad neente e non
23 fue curata né pregiata. Ma l' altre scienzie di filosofia,
24 nelle quali studiaro, montaro in grande onore.
25 Et
26 ora riprende Tulio questi savi e dice che fecior questo
27 a quel tempo che eloquenzia avea più grande bisogno
28 per lo male che faceano i folli arditi nelle cittadi, e perché
29 guastavano la cosa onestissima e dirittissima, cioè
1 eloquenzia che ssi pertiene alle cose oneste e diritte.
2 Dalla qual cosa non fugìo il nostro Catone né quelli
3 altri savi ch' amavano drittamente il comune et aveano
4 senno e parlatura; ma dimoraro fermi a consigliare et
5 a difendere il comune da' garritori folli arditi; e però
6 montaro in onore et in istato sì grande che le loro dicerie
7 erano tenute sentenze, e perciò dice che in loro
8 era autoritade, ché autoritade èe una dignitade degna
9 d' onore e di temenza.
10 Ma da questo si muove il conto
11 e ritorna a conchiudere per ragioni utili et oneste e
12 possibili e necessare che dovemo studiare in eloquenzia,
13 e lodala in molte guise.
Part 14
14 Tullio conclude che sia da studiare in rettorica.
15 Per la qual cosa, al mio animo, non perciò meno
16 è da mettere studio in eloquenzia s' alquanti la misusano
17 in publiche et in private cose; ma tanto più
18 che' malvagi non abbiano troppo di podere con grave
19 danno de' buoni e con generale distruzione di tutti.
20 Maximamente cun ciò sia la verità che rettorica è una
21 cosa la quale molto s' appartiene a tutte cose, e publiche
22 e private, e per essa diviene la vita sicura,
23 onesta, inlustre e iocunda; e per essa medesima molte
1 utilitadi avengono in comune se fia presta la modonatrice
2 di tutte cose, cioè sapienzia; e per lei medesima
3 abonda a coloro che ll' acquistano lode, onore, dignitade;
4 e per essa medesima ànno li amici certissimo
5 e sicurissimo aiutorio.
6 Lo sponitore.
7 La tema di questo testo è cotale, che dice Tulio:
8 Se alquanti di mala maniera usano malamente eloquenzia,
9 non rimane pertanto che ll' uomo non debbia studiare in
10 eloquenzia, al mio animo (cioè per mia sentenza), acciò
11 che' rei uomini non abbiano podere di malfare a' buoni
12 né di fare generale distruzione di tutti. Et nota che distrutti
13 sono coloro che soleano essere in alto stato et in
14 ricchezza e poi divennero in tanta miseria che vanno mendicando.
15 Et poi dice le lode di rettorica, come tocca
16 al comune et al diviso, e come per lei diviene l' uomo sicuro,
17 cioè che sicuramente puote gire a trattare le cause,
18 et appena troverai chi 'l sappia contradiare; e dice
1 che 'nde diviene la vita «onesta», cioè laudato intra coloro
2 che 'l cognoscono; e dice «illustre», cioè laudato intra
3 li strani; e dice «ioconda», cioè vita piacevole, però che'
4 savi parlieri molto piacciono ad sé et altrui.
5 Et altressì
6 molto bene n' aviene alle comunanze per eloquenzia,
7 a questa condizione: se sapienzia sia presta, cioè se
8 ella sia adiunta con eloquenzia. Et dice che sapienzia è
9 amodenatrice di tutte cose però che ella sae antivedere
10 e porre a tutte cose certo modo e certo fine.
11 Et poi
12 dice che questi che ànno eloquenzia giunta con sapienzia
13 sono laudati, temuti et amati; e dice che lli amici loro
14 possono di loro avere aiutorio sicurissimo, però che appena
15 fie chi lli sappia contrastare, poiché sanno parlare
16 a compimento di senno. Et dice «certissimo» però che 'l
17 buono e 'l savio uomo non si lascia corrompere per amore
18 né per prezzo né per altra simile cosa. Et qui si parte il
19 conto e fae un' ultima conclusione in questo modo:
Part 15
20 Tullio conclude in somma.
21 Et però pare a me che gli uomini, i quali in molte
22 cose sono minori e più fievoli che lle bestie, in questa
23 una cosa l' avanzano, che possono parlare; e donque
24 pare che colui conquista cosa nobile et altissima
1 il quale sormonta li altri uomini in quella medesima
2 cosa per la quale gli uomini avanzano le bestie.
3 Lo sponitore.
4 La tema in questo testo è cotale: La veritade è che
5 gli uomini in molte cose sono minori che lle bestie e più
6 fievoli, acciò che sanza fallo il leofante e molti altri animali
7 sono più grandi del corpo che nonn è l' uomo; e
8 certo il leone e molte altre bestie sono più forti della
9 persona che ll' uomo; e più ancora che in tutti e cinque '
10 sensi sono certi animali che avanzano lo senso dell' uomo.
11 Ché sanza fallo lo porco salvatico avanza l' uomo d' udire
12 e 'l lupo cerviere del vedere e la scimmia del saporare,
13 e l' avoltore dell' anasare ad odorare, e 'l ragnol del toccare.
14 Ma in questa una cosa avanza l' uomo tutte le
15 bestie et animali, che elli sa parlare. Donque quello uomo
16 acquista bene la sovrana cosa di tutte le buone, che di
17 ben parlare soprastae alli altri uomini.
Part 16
18 Tullio dice di che elli tratterà.
19 Et questa altissima cosa, cioè eloquenzia, non
20 si acquista solamente per natura né solamente per
1 usanza, ma per insegnamento d' arte altressì. Donque
2 non è disavenante di vedere ciò che dicono coloro i
3 quali sopra ciò ne lasciaro alquanti comandamenti.
4 Ma anzi che noi diciamo ciò che ssi comanda in rettorica,
5 pare che sia a trattare del genere d' essa arte e
6 del suo officio e della fine e della materia e delle sue
7 parti; imperoché sapute e cognosciute queste cose, più
8 di legieri e più isbrigatamente potrà l' animo di ciascuno
9 considerare la ragione e la via dell' arte.
10 Lo sponitore.
11 Poi che Tulio avea lodata Rettorica et era soprastato
12 alle sue commendazioni in molte maniere, sì ricomincia
13 nel suo testo per dire di che cose elli tratterà
14 nel suo libro. Ma prima dice alcuni belli dimostramenti,
15 perché l' animo di ciascuno sia più intendente di quello
16 che seguirà, e così pone fine al suo prolago e viene al
17 fatto in questo modo:
Part 17
18 Tullio àe finito il prolago, e comincia a dire di eloquenzia.
19 Una ragione è delle cittadi la quale richiede
20 et è di molte cose e di grandi, intra lle quali è una
21 grande et ampia parte l' artificiosa eloquenzia, la quale
22 è appellata Rettorica. Ché al ver dire né cci acordiamo
1 con quelli che non credono che lla scienzia delle cittadi
2 abbia bisogno d' eloquenzia, e molto ne discordiamo
3 da coloro che pensano ch' ella del tutto si tegna
4 in forza et in arte del parladore. Per la qual cosa questa
5 arte di rettorica porremo in quel genere che noi
6 diciamo ch' ella sia parte della civile scienzia, cioè
7 della scienzia delle cittadi.
8 Lo sponitore.
9 In questa parte del testo procede Tulio a dimostrare
10 ordinatamente ciò che elli avea promesso nella fine del
11 prolago. Et primamente comincia a dicere il genere di
12 questa arte. Ma anzi che llo sponitore vada innanzi sì
13 vuole fare intendere che è genere, perché l' altre parole
14 siano meglio intese.
15 Ogne cosa quasi o è generale,
16 sicché comprende molte altre cose, o è parte di quella
17 generale. Onde questa parola, cioè «uomo», è generale,
18 per ciò che comprende molti, cioè Piero e Joanni etc. ,
19 ma questa parola, cioè «Piero», è una parte. A questa
20 somiglianza, per dire più in volgare, si puote intendere
21 genere cioè la schiatta; ché chi dice «i Tosinghi» comprende
22 tutti coloro di quella schiatta, ma chi dice «Davizzo»
23 non comprende se no una parte, cioè un uomo di
24 quella schiatta.
25 Onde Tulio dice di rettorica sotto
26 quale genere si comprende, per meglio mostrare il fondamento
1 e lla natura sua. Et dice così che lla ragione
2 delle cittadi, cioè il reggimento e lla vita del comune e
3 delle speciali persone, richiede molte e grandi cose, in
4 questo modo: che è in fatti e 'n detti.
5 In fatti è la ragione
6 delle cittadi sì come l' arte de' fabbri, de' sartori,
7 de' pannari e l' altre arti che si fanno con mani e con
8 piedi. In detti è la rettorica e l' altre scienze che sono in
9 parlare. Adonque la scienza del covernamento delle cittadi
10 è cosa generale sotto la quale si comprende rettorica, cioè
11 l' arte del bene parlare. Ma anzi che llo sponitore vada
12 più innanzi, pensando che lla scienza delle cittadi è parte
13 d' un altro generale che muove di filosofia, sì vuole elli
14 dire un poco che è filosofia, per provare la nobilitade e
15 l' altezza della scienzia di covernare le cittadi. Et provedendo
16 ciò ssi pruova l' altezza di rettorica.
17 Filosofia è quella sovrana cosa la quale comprende
18 sotto sé tutte le scienze; et è questo uno nome composto
19 di due nomi greci: il primo nome si è phylos, e vale
20 tanto a dire quanto «amore», il secondo nome è sophya ,
21 e vale tanto a dire quanto «sapienzia». Onde «filosofia»
22 tanto vale a dire come «amore della sapienzia»; per la
23 qual cosa neuno puote essere filosofo se non ama la sapienzia
24 tanto ch' elli intralasci tutte altre cose e dia ogne studio
1 et opera ad avere intera sapienzia. Onde dice uno
2 savio cotale diffinizione di filosofia: ch' ella è inquisizione
3 delle naturali cose e connoscimento delle divine et umane
4 cose, quanto a uomo è possibile d' interpetrare. Un
5 altro savio dice che filosofia è onestade di vita, studio
6 di ben vivere, rimembranza della morte e spregio del
7 secolo.
8 Et sappie che diffinizione d' una cosa è dicere
9 ciò che quella cosa è, per tali parole che non si convegnano
10 ad un' altra cosa, e che se tu le rivolvi tuttavia
11 signiffichino quella cosa. Per bene chiarire sia questo
12 l' exemplo nella diffinizione dell' uomo, la quale è questa:
13 «L' uomo è animale razionale mortale». Certo queste parole
14 si convegnono sì all' uomo che non si puote intendere
15 d' altro, né di bestia, né d' uccello, né di pescie, però
16 che in essi nonn à ragione; onde se tue rivolvi le parole
17 e di' così: «Che è animale razionale e mortale?», certo
18 non si puote d' altro intendere se non dell' uomo.
19 Or
20 è vero che anticamente per nescietà delli uomini furon
1 mosse tre quistioni delle quali dubitavano, e non senza
2 cagione, però che sopr' esse tre questioni si girano tutte
3 le scienzie. La prima quistione era che dovesse l' uomo
4 fare e che lasciare. La seconda quistione era per che ragione
5 dovesse quel fare e quell' altro lasciare. La terza
6 quistione era di sapere le nature di tutte cose che sono.
7 Et perciò che le questioni fuoro tre, sì convenne che' savi
8 filosofi partissero filosofia in tre scienzie, cioè Teorica,
9 Pratica e Logica, sì come dimostra questo arbore:
10 Et la prima di queste scienze, cioè pratica, è per
11 dimostrare la prima questione, cioè che debbia uomo fare
12 e che lasciare. La seconda scienzia, cioè logica, è per dimostrare
13 la seconda quistione, cioè per che ragione dovesse
1 quel fare e quello altro lasciare.
2 Et questa
3 scienza, cioè logica, sì àe tre parti, cioè dialetica, efidica,
4 soffistica. La prima tratta di questionare e disputare l' uno
5 coll' altro, e questa è dialetica; la seconda insegna provare
6 il detto dell' uno o dell' altro per veraci argomenti, e
7 questa èe efidica; la terza insegna provare il detto dell'
8 uno e dell' altro per argomenti frodosi o per infinte provanze,
9 e questa è sofistica. Et questa divisione pare in
10 questo arbore:
11 La terza scienzia, cioè teorica, si è per dimostrare
12 le nature di tutte cose che sono, le quali nature
13 sono tre; e però conviene che questa una scienza, cioè
14 teorica, sia partita in tre scienzie, ciò sono Teologia,
15 Fisica e Matematica, sì come dimostra questo arbore:
1 Onde la prima di queste tre scienze, cioè teologia,
2 la quale è appellata divinitade, sì tratta la natura delle
3 cose incorporali le quali non conversano intra lle corpora,
4 sì come Dio e le divine cose. La seconda scienzia, cioè fisica,
5 sì tratta le nature delle cose corporali, sì come sono animali
6 e lle cose che ànno corpo; e di questa scienzia fue ritratta
7 l' arte di medicina, ché, poi che fue connosciuta la natura
8 dell' uomo e delli animali e de' loro cibi e dell' erbe e delle
9 cose, assai bene poteano li savi argomentare la sanezza e
10 curare la malizia. La terza scienzia, cioè matematica, sì
11 tratta le nature de le cose incorporali le quali sono intorno
12 le corpora; e queste nature sono quattro, e perciò conviene
13 che matematica sia partita in quattro scienze, ciò sono arismetrica,
14 musica, geometria et astronomia, sì come appare
15 in questo arbore:
1 La prima scienzia, cioè arismetrica, tratta de' conti
2 e de' nomeri, sì come l' abaco e più fondatamente. La seconda
3 scienza, cioè musica, tratta di concordare voci e
4 suoni. La terza, cioè geometria, tratta delle misure e delle
5 proporzioni. La quarta scienza, cioè astronomia, tratta
6 della disposizione del cielo e delle stelle.
7 Or si torna il conto dello sponitore di questo libro
8 alla prima parte di filosofia, della quale è lungamente taciuto,
9 e dicerà tanto d' essa prima parte, cioè di pratica,
10 che pervegna a dire della gloriosa Rettorica. E sì come
11 fue detto già indietro, questa pratica è quella scienza che
12 dimostra che ssia da ffare e che da lasciare, e questo è di
13 tre maniere: perciò conviene che di questa una siano tre
14 scienze, cioè sono Etica, Iconomica e Politica, sì come
15 mostra la figura di questo arbore:
16 La prima di queste, cioè etica, sì è insegnamento
17 di bene vivere e costumatamente, e dà connoscimento delle
1 cose oneste e dell' utili e del lor contrario; e questo fa per
2 assennamento di quatro vertudi, ciò sono prudenzia, iustizia,
3 fortitudo e temperanza, e per divieto de' vizi, ciò sono
4 superbia, invidia, ira, avarizia, gula e luxuria; e così dimostra
5 etica che sia da tenere e che da lasciare per vivere
6 virtuosamente.
7 La seconda scienza, cioè iconomica, sì
8 'nsegna che ssia da ffare e che da lasciare per covernare
9 e reggere il propio avere e la propia famiglia.
10 La terza
11 scienza, cioè politica, sì 'nsegna fare e mantenere e reggere
12 le cittadi e le comunanze, e questa, sì come davanti è
13 provato, è in due guise, cioè in fatti et in detti, sì come
14 si vede in questo arbore:
15 Quella maniera ch' è in fatti sì sono l' arti e' magisterii
16 che in cittadi si fanno, come fabbri e drappieri e
17 li altri artieri, sanza i quali la cittade non potrebbe durare.
1 Quella ch' è in detti è quella scienzia che ss' adopera
2 colla lingua solamente; et in questa si contiene tre scienze,
3 ciò sono Gramatica, Dialettica, Rettorica, sì come dimostra
4 questo altro albore:
5 Et che ciò sia la verità dice lo sponitore che gramatica
6 è intrata e fondamento di tutte le liberali arti et
7 insegna drittamente parlare e drittamente scrivere, cioè
8 per parole propie sanza barbarismo e sanza sologismo.
9 Adunque sanza gramatica non potrebbe alcuno bene dire
10 né bene dittare. La seconda scienza, cioè dialetica, sì
11 pruova le sue parole per argomenti che danno fede alle
12 sue parole; e certo chi vuole bene dire e bene dittare
13 conviene che mostri ragioni per che, sicché le sue parole
14 abbiano provanza in tal guisa che lli uditori le credano
1 e diano fede a cciò che dice. La terza scienza ciò è Rettorica,
2 la quale truova et adorna le parole avenanti alla
3 materia, per le quali l' uditore s' accheta e crede e sta
4 contento e muovesi a volere ciò ch' è detto.
5 Adonque
6 le tre scienze sono bisogno a parlare et al dittare, che
7 sanza loro sarebbe neente, acciò che 'l buono dicitore e
8 dittatore de' sì dire e scrivere a diritto e per sì propie
9 parole che sia inteso, e questo fae gramatica; e dee le
10 sue parole provare e mostrare ragioni, e questo fae dialetica;
11 e dee sì mettere et addornare il suo dire che, poi
12 che ll' uditore crede, che stia contento e faccia quello
13 ch' e' vuole, e questo fa Rettorica.
14 Or dice lo sponitore
15 che lla civile scienza, cioè la covernatrice delle cittadi,
16 la quale èe in detti si divide in due: che ll' una è
17 co llite e l' altra sanza lite. Quella co llite si è quella che
18 ssi fa domandando e rispondendo, sì come dialetica, rettorica
19 e lege; quella ch' è sanza lite si fa domandando e
20 rispondendo, ma non per lite, ma per dare alla gente
21 insegnamento e via di ben fare, sì come sono i detti de'
22 poeti che ànno messo inn iscritta l' antiche storie, le
23 grandi battaglie e l' altre vicende che muovono li animi
24 a ben fare.
25 Altressì quella civile scienzia ch' è con
1 lite è di due maniere, ch' è ll' una artificiosa, l' altra non
2 artificiosa. Artificiosa è quella nella quale il parliere che
3 connosce bene la natura e llo stato della materia, vi reca
4 suso argomenti secondo che ssi conviene, e questo è in
5 dialetica et in rettorica. Quella che non è artificiale è
6 quella nella quale si recano argomenti pur per altoritade,
7 sì come legge, sopra la quale non si reca neuna pruova
8 né ragione per che, se non tanto l' altoritade dello 'mperadore
9 che lla fece. Et di questa che non è artificiale
10 dice Boezio nella Topica ch' è sanza arte e sanza parte di
11 ragione.
12 Alla fine conclude Tulio e dice che Rettorica
13 è parte della civile scienzia. Ma Vittorino sponendo quella
14 parola dice che rettorica è la maggiore parte della civile
15 scienzia; e dice «maggiore» per lo grande effetto di lei,
16 ché certo per rettorica potemo noi muovere tutto 'l popolo,
17 tutto 'l consiglio, il padre contra 'l figliuolo, l' amico
18 contra l' amico, e poi li rega in pace e a benevoglienza.
19 Or è detto del genere; omai dicerà Tulio dello offizio di
20 rettorica e del fine.
Part 18
1 Tullio dice che è l' ufficio di questa arte.
2 Officio di questa arte pare che sia dicere appostatamente
3 per fare credere, fine è far credere per lo
4 dire. Intra ll' officio e lla fine èe cotale divisamento:
5 che nell' officio si considera quello che conviene alla
6 fine e nella fine si considera quello che conviene all'
7 officio. Come noi dicemo l' officio del medico curare
8 apostatamente per sanare, il suo fine dicemo sanare
9 per le medicine, e così quello che noi dicemo officio
10 di rettorica e quello che noi dicemo fine intenderemo
11 dicendo che officio sia quello che dee fare il parliere,
12 e dicendo che lla fine sia quello per cui cagione elli dice.
13 Lo sponitore.
14 In questa parte àe detto Tulio che è l' officio di questa
15 arte e che è lo suo fine; e perciò che 'l testo è molto
16 aperto, sì sine passerà lo sponitore brevemente. Et dice
17 cotale diffinizione: officio è dicere appostatamente per fare
18 credere. Et nota che dice «appostatamente», cioè ornare
19 parole di buone sentenze dette secondo che comanda quest'
20 arte; e questo dice per divisare il parlare di questo dicitore
21 dal parlare de' gramatici, che non curano d' ornare
1 parole. E dice «per far credere», cioè dicere sì compostamente
2 che ll' uditore creda ciò che ssi dice. Et questo dice
3 per divisare il detto de' poeti, che curano più di dire belle
4 parole che di fare credere.
5 L' altra diffinizione è del
6 fine. Et dice che fine è far credere per lo dire. Et certo chi
7 considera la verità in questa arte e' troverà che tutto lo
8 'ntendimento del parliere è di far credere le sue parole
9 all' uditore. Donque questo è la fine, cioè far credere; ché
10 'mmantenente che l' uomo crede ciò ch' è detto si rivolve
11 lo suo animo a volere et a ffare ciò che 'l dicitore intende.
12 Ma dice Boezio nel quarto della Topica che 'l fine di
13 questa arte è doppio, uno nel parladore et un altro nell'
14 uditore. Il parladore sempre desidera questo fine in sé:
15 che dica bene e che sia tenuto d' aver bene detto. Nell'
16 uditore è questo fine: che 'l dicitore a questo intende,
17 che nell' uditore sia cotale fine che creda quello che dice;
18 e questo fine non desidera sempre il parlatore sì come
19 quello di sopra.
20 Et per mostrare bene che è l' officio
21 e che è il fine e che divisamento àe dall' uno all' altro, sì
22 dice Tulio che officio è quello che 'l parliere de' fare nel
23 suo parlamento secondo lo 'nsegnamento di questa arte.
24 Ma fine è quello per cui cagione il parlieri dice compostamente;
1 e certo questa cagione e questo fine nonn è
2 altro se non fare credere ciò che dice. Et di ciò pone
3 exemplo del medico, e dice che llo officio del medico è
4 medicare compostamente per guerire l' amalato; la fine
5 del medico èe sanare lo 'nfermo per lo suo medicare.
6 Già è detto sofficientemente dell' officio e della fine di
7 rettorica; omai procederàe il conto a dire della materia.
Part 19
8 Della materia.
9 Materia di questa arte dicemo che ssia quella
10 nella quale tutta l' arte e llo savere che dell' arte s' apprende
11 dimora. Come se noi dicemo che lle malizie e
12 le fedite sono materia del medico, perciò che 'ntorno
13 quelle è ogne medicina, altressì dicemo che quelle cose
14 sopra le quali s' adopera questa arte et il savere ch' è
15 appreso dell' arte sono materia di rettorica; le quali
16 cose alcuni pensaro che fossero piusori et altri meno.
17 Ché Gorgias Leontino, che fue quasi il più antichissimo
18 rettorico, fue in oppinione che el parladore possa molto
19 bene dire di tutte cose. Et questi pare che dea a questa
20 arte grandissima materia sanza fine. Ma Aristotile, il
1 quale diede a questa arte molti aiuti et adornamenti,
2 extimò che ll' officio del parlatore sia sopra tre generazioni
3 di cose, ciò sono dimostrativo, diliberativo e giudiciale.
4 Lo sponitore.
5 In questa parte dice Tulio che materia di rettorica
6 è quella cosa per cui cagione furo pensati e trovati li comandamenti
7 di questa arte, e per cui cagione s' adopera la
8 scienzia che ll' uomo apprende per quelli comandamenti.
9 Così fuoro trovati li comandamenti di medicina e gli adoperamenti
10 per le infertadi e per le ferute; et insomma
11 quella è lla materia sopr' alla quale conviene dicere. Et
12 sopra ciò fue trovata questa arte per dare insegnamento
13 di ben dire secondo che lla materia richiede e per fare
14 che ll' uditore creda.
15 Et di questo è stata differenzia
16 tra' savi: ché molti furo che diceano che materia puote
17 essere ogne cosa sopr' alla quale convenisse parlare. Et se
18 questo fosse vero, donque sarebbe questa arte sanza fine,
19 che non puote essere; e di questi fue uno savio, Gorgias
20 Leontino, antichissimo rettorico; et in ciò che Tulio l' appella
21 antichissimo sì dimostra che non sia da credere.
22 Ma Aristotile, a cui è molto da credere, perciò che
23 diede molti aiuti et adornamenti a questa arte in perciò
24 che fece uno libro d' invenzione et un altro della parladura,
1 dice che rettorica èe sopra tre maniere di cose, e catuna
2 maniera èe generale delle sue parti; e queste sono dimostrativo,
3 diliberativo e iudiciale, come in questi cercoletti
4 appare:
5 Et a questa sentenzia s' accorda Tulio, e sopra queste
6 tre maniere è tutta l' arte di rettorica.
7 Ma ben puote
8 essere ch' e' maestri in questo punto fanno divisamento
9 intra dire e dittare; ché pare che lla materia di dittare
10 sia sì generale che quasi sopra ogne cosa si possa fare
11 pistola, cioè mandare lettera. Ma dire non si puote per
12 modo di rettorica se non delle dette tre maniere, perciò
13 che Tulio reca tutta la rettorica in quistione di parole.
14 Et intendo che quistione è una diceria nella quale àe
15 molte parole sìe impigliate che ssine puote sostenere
16 l' una parte e l' altra, cioè provare sì e no per atrebuti,
17 cioè per propietadi del fatto o della persona.
18 Et ecco
19 l' exemplo in questa diceria che fie proposta in questo
1 modo: «È da sbandire in exilio Marco Tulio Cicero o no,
2 che davanti al popolo di Roma fece anegare molti romani
3 a tempo che 'l comune era in dubbio?» In questa
4 proposta à due parti, una del sì et un' altra del no. Quella
5 del sì è cotale: «Cicero è da sbandire, perciò che à fatta
6 la cotale cosa». Quella del no è cotale: «Non è da
7 sbandire, ché ricordando pure lo nome signiffica buona
8 cosa et isbandire et exilio signiffica mala cosa, e non
9 è da credere che buono uomo faccia quello che ssia da
10 sbandire degno né de exilio».
11 Già è detto che è la
12 materia di quest' arte, et afferma Tulio la sentenza d' Aristotile.
13 Et però che elli l' àe confermata, sì dicerà di catuna
14 di quelle tre maniere sì compiutamente che per lui
15 e per lo sponitore potrà quelli per cui è fatto questo libro
16 intendere la materia, lo movimento e la natura di rettorica.
17 Ma ben guardi d' intendere ciò che dice questo
18 trattato e di connoscere ciò che in esso si contiene, ché
19 altrimenti non potrebbe intendere quello che viene innanzi;
20 e dicerà prima del dimostrativo.
Part 20
1 Del dimostramento.
2 Dimostrativo è quello che ssi reca in laude o
3 in vituperio d' una certa persona.
4 Lo sponitore.
5 In questa parte dice Tulio che, con ciò sia cosa che
6 lle cause e lle quistioni sopr' alcuna vicenda indella quale
7 l' uno afferma e l' altro niega siano di tre maniere, sì insegna
8 Tulio avanti quale causa è dimostrativa. Ma lo
9 sponitore non lascerà intanto che non dica la natura e
10 lla radice di tutte e tre, oltre che dice il testo di Tulio;
11 et in ciò dicerà chi è la persona del parliere che dice sopra
12 la causa, e dicerà che è il fatto della causa.
13 La persona
14 del parliere è quella che viene in causa per lo suo
15 detto o per lo suo fatto: et intendo «suo detto» quello
16 ch' elli disse o che ssi crede ragionevolemente ch' elli abbia
17 detto, avegna che detto noll' abbia; altressì intendo
18 «fatto» quello che fece o che ssi crede ragionevolemente
19 che elli abbia fatto, avegna che fatto non sia.
20 Il fatto
21 della causa è quel detto o quel fatto per lo quale alcuno
22 viene in causa e questione; et in ciò sia cotale exemplo:
1 Dice Pompeio a Catellina: «Tu fai tradimento nel comune
2 di Roma». Et Catellina risponde: «Non fo». In questo
3 convenente Pompeio e Catellina sono le persone de' parlieri;
4 e la causa è questa: «Tu fai tradimento »-«Non
5 fo»; e chiamasi causa però che ll' uno appone e dice parole
6 contra l' altro e mettelo in lite.
7 Et per maggiore
8 chiarezza dicerà lo sponitore che èe dimostramento e che
9 deliberazione e che iudicamento, e così sopra che è ciascuna
10 maniera di rettorica.
11 Dimostramento. -
12 Dimostramento è una maniera di
13 cause tale che per sua propietade il parliere dimostra
14 ch' alcuna cosa sia onesta o disonesta, e per questo mostra
15 che è da laudare e che da vituperare; e questa causa
16 dimostrativa è doppia: una speciale et un' altra che non
17 si puote partire.
18 La speciale dimostrativa è quella
19 nella quale i parlieri si sforzano di provare una cosa essere
20 onesta o disonesta, non nominando alcuna certa persona;
21 et intendo certa persona a dire delli uomini e delle
22 cittadi e delle battaglie e di cotali certe cose e determinate
23 tra lle genti, non intendo dell' altezza del cielo né
24 della grandezza del sole o della luna, ché questa quistione
25 non pertiene a rettorica.
26 Et di questa causa
27 speciale dimostrativa sia cotale exemplo: «Il forte uomo
28 è da laudare». Dice l' altro: «Non è, anzi è da vituperare».
29 E di questo nasce quistione, se 'l forte è degno
30 di lode o di vituperio, e perciò èe dimostrativa, ma non
1 nomina certa persona, e perciò è speciale.
2 La causa
3 dimostrativa che non si puote partire è quella nella quale
4 i parlieri vogliono mostrare alcuna cosa sia onesta o disonesta
5 nominando certa persona, in questo modo:
6 «Marco Tulio Cicero è degno di lode». Dice l' altro: «Non
7 è»; e di questo nasce quistione, se sia da lodare o da
8 vituperare. Et questa quistione comprende due tempi:
9 presente e preterito. Ché al ver dire di ciò che ll' uomo
10 fae presentemente è lodato o biasmato, et altressì di ciò
11 che fece ne' tempi passati.
12 Et sopra ciò dicono l' antiche
13 storie di Roma che questa causa dimostrativa si
14 solea trattare in Campo Marzio, nel quale s' asemblava
15 la comunanza a llodare alcuna persona ch' era degna
16 d' avere dignitade e signoria et a biasmare quella che
17 non era degna. E già è ben detto della causa dimostrativa;
18 sì dicerà il maestro della causa deliberativa.
Part 21
19 Del diliberamento.
20 Diliberativo è quello il quale, messo a contendere
21 et a dimandare tra' cittadini, riceve detto per
22 sentenzia.
1 Lo sponitore.
2 In questa parte dice Tulio che causa diliberativa
3 è quella ch' è messa e detta a' cittadini a contendere il lor
4 pareri et a domandare a lloro quello che nne sentono; e
5 sopra ciò si dicono molte et isvariate sentenze, perché alla
6 fine si possa prendere la migliore.
7 Et questo modo
8 di causare è quello che fanno tutto die i signori e le podestà
9 delle genti, che raunano li consillieri per diliberare
10 che ssia da ffare sopra alcuna vicenda e che da non fare;
11 e quasi ciascuno dice la sua sentenza, sicché alla fine si
12 prende quella che pare migliore.
13 Et in ciò sia questo
14 exemplo che propone il senatore: «È da mandare oste in
15 Macedonia?». Dice l' uno sì e l' altro no. Et così diliberano
16 qual sia lo meglio, e prendesi l' una sentenza.
17 Et questa
18 quistione si considera pure nel tempo futuro, ché al ver
19 dire sopra le cose future prende l' uomo consiglio e dilibera
20 che ssia da fare e che noe. Et questa causa diliberativa
21 è doppia: una speciale et un' altra che non si
22 puote partire.
23 Speciale è quella nella quale si considera
24 d' alcuna cosa s' ella è utile o s' ell' è dannosa, non
1 nominando alcuna certa persona. Et ecco l' exemplo: Dice
2 uno: «Pace è da tenere intra cristiani». Dice l' altro:
3 «Non è». Et di ciò nasce causa diliberativa speciale, se
4 lla pace è da tenere o no.
5 L' altra che non si può partire
6 è quella nella quale i dicitori studiano di provare
7 c' alcuna cosa sia utile o dannosa, nominando certe persone,
8 in questo modo: Dice l' uno: «Pace è da tenere intra
9 Melanesi e Cremonesi». Dice l' altro: «Non è».
10 Et
11 già è detto della causa diliberativa; omai dicerae il maestro
12 del iudiciale. Ma questo sia conto a ciascuno, che
13 lla propietade della diliberazione èe mostrare che ssia
14 utile e che dannoso in alcuno convenentre. Et questa
15 diliberativa si solea trattare nel senato, e prima diliberavano
16 li savi privatamente che era utile e che no e poi
17 si recava il loro consiglio in parlamento e quivi si fermava
18 la loro sentenza, e talvolta si ne prendea un' altra
19 migliore.
Part 22
20 Del iudiciale.
21 Judiciale è quello il quale, posto in iudicio, à
22 in sé accusazione e difensione o petizione e recusazione.
1 Lo sponitore.
2 La natura di iudicamento si è una forma la quale
3 si conviene al parladore per cagione di mostrare la iustizia
4 e la 'niustizia d' alcuna cosa, cioè per mostrare d' una cosa
5 s' ella è iusta o contra iustizia, in cotal modo: che uno
6 accusa un altro e ll' accusato si difende elli medesimo o
7 un altro per lui; overo che uno fa sua petizione e domanda
8 guidardone per alcuna cosa ch' elli abbia ben fatta, et un
9 altro recusa e dice che non è da guidardonare, e talvolta
10 dice: «Anzi è degno di pena».
11 Et questa causa si
12 pone in iudicio, cioè in corte davante a' iudici, acciò
13 ch' elli iudichino tra lle parti quale àe iustizia; e questo
14 si fae in corte palese in saputa delle genti, acciò che lla
15 pena del malfattore dia exemplo di non malfare, e 'l
16 guidardone de' benfattori sia exemplo agli altri di ben
17 fare. Et sopra questa materia dice uno savio: «I buoni
18 si guardano di peccare per amore della vertude, i malvagi
19 si guardano per paura della pena».
20 Et è questa causa
21 iudiciale doppia: una speciale et un' altra che non si puote
22 partire. Speciale è quella nella quale il parliere si sforza
23 di mostrare alcuna cosa che ssia iusta o iniusta, non
24 nominando certa persona; in questo modo: «Il ladro
25 èe da 'mpendere, perché commette furto». Dice l' altro:
26 «Non è».
27 Quella che non si puote partire è quella
1 nella quale il parliere si sforza di mostrare una cosa essere
2 iusta o no, nominando certa persona; in questo
3 modo: «È da impendere Guido ch' à fatto furto, o no?».
4 Od «È da guidardonare Julio Cesare ch' à conquistata
5 Francia, o no?».
6 Et tutte queste cause iudiciali si
7 considerano sopra 'l tempo preterito, perciò che di ciò
8 che ll' uomo à fatto in arrietro è guidardonato o punito.
Part 23
9 Tullio dice la sua sentenzia della materia di rettorica,
10 riprende quella d' Ermagoras.
11 Et sì come porta la nostra oppinione, l' arte del
12 parliere e la sua scienzia è di questa materia partita
13 in tre.
14 Ché certo non pare che Ermagoras
15 attenda quello che dice né attenda ciò che promette,
16 acciò che dovide la materia di questa arte in causa
17 et in questione.
1 Lo sponitore.
2 Poi che Tulio àe detto davanti le tre partite della
3 materia di rettorica sì come fue oppinione d' Aristotile, in
4 questa parte conferma Tulio la sentenzia d' Aristotile; e
5 dice che pare a llui quel medesimo, e riprende la sentenzia
6 d' Ermagoras, il quale diceva che lla materia del parliere
7 è di due partite, cioè causa e quistione.
8 Ma certo
9 e' dovea così riprendere coloro che giungeano alla materia
10 di quest' arte confortamento e disconfortamento e consolamento;
11 e lui riprende Tulio nominatamente perciò ch' elli
12 era più novello e però dovea elli essere più sottile, e riprendelo
13 ancora però che ssi traea più innanzi dell' arte;
14 e riprendendo lui pare che riprenda li altri. Ma però che
15 Tulio non disfina lo riprendimento delli altri, sì vuole
16 lo sponitore chiarire il loro fallimento, e dice così:
17 Vero
18 è che, sì come mostrato è qua in adietro, l' officio del parliere
19 si è parlare appostatamente per fare credere, e questo
20 far credere è sopra quelle cose che sono in lite, c' ancora
21 non sono pervenute all' anima; ma chi vuole considerare
22 il vero, e' troverà che confortamento e disconfortamento
23 sono solamente sopra quelle cose che già sono pervenute
24 all' anima. Verbigrazia: Lo sponitore avea propensato di
1 fare questo libro, ma per negligenzia lo intralasciava;
2 onde da questa negligenzia il potea bene alcuno ritrattare
3 per confortamento, e questo conforto viene sopra
4 cosa la quale era già pervenuta all' anima, cioè la negligenzia.
5 Et se alcuno disconforta un altro che avea proposto
6 di malfare, tanto che ssi 'nde rimane, altressì viene
7 lo sconforto in cosa la quale era già pervenuta all' anima.
8 Adunque è provato che conforto né disconforto non possono
9 essere materia di questa arte.
10 Ma consolamento
11 puote anzi essere materia del parliere, perciò che puote
12 venire sopra cosa c' ancora non sia pervenuta all' anima.
13 Verbigrazia: Uno uomo avea fermato nel suo cuore di
14 menare dolorosa vita per la morte d' una persona cui elli
15 amava sopra tutte cose. Ma un savio lo consolava, tanto
16 che propone d' avere allegrezza, la quale non era ancora
17 pervenuta all' anima. Ma perciò che in questo consolamento
18 non ha lite, perciò che 'l consolato non si difende né non
19 allega ragioni contra il consolatore, non puote essere materia
20 di questa arte.
21 Or è ben vero che altri dissen che
22 dimostrazione non era materia di questa arte, anzi era
23 materia di poete, però ch' a' poete s' apartiene di lodare e
24 di vituperare altrui. Et avegna che Tulio no lli riprenda
1 nominatamente, assai si puote intendere la riprensione di
2 loro in ciò ch' e' conferma la sentenza d' Aristotile che disse
3 che dimostrazione e deliberazione e iudicazione sono materia
4 di questa arte.
5 Et sopra ciò nota che dimostrazione
6 pertiene a' poeti et a' parlieri, ma in diversi modi:
7 che' poeti lodano e biasmano sanza lite, ché non è chi
8 dica contra, e 'l parlieri loda e vitupera con lite, ché è
9 chi dice contra il suo dire. Et perciò dice Tulio che non
10 pare che Ermagoras intendesse quello che dicea, né che
11 considerasse quello che prometea, dicendo che tutte cause
12 e questioni proverebbe per rettorica. Or dicerà Tulio le
13 riprensioni d' Ermagoras sopra causa e sopra questione.
Part 24
14 Tullio seguita Ermagoras della causa, etc..
15 Causa dice che ssia quella cosa nella quale abbia
16 controversia posta in dicere con interposizione di certe
17 persone; la quale noi medesimo dicemo che è materia
18 dell' arte e, sì come detto avemo dinanzi, che sono
19 tre parti: iudiciale, dimostrativo e deliberativo.
20 Sponitore.
21 Poi che Tulio avea detto che Ermagoras non intese
22 se stesso dicendo che causa e questione sono materia di
23 questa scienzia, sì dice in questa parte che Ermagoras
1 dicea che fosse causa.
2 Et causa appella una cosa della
3 quale molti sono in controversia, perciò che ll' uno ne
4 sente uno intendimento e l' altro ne trae un' altra diversa
5 intenzione; sicché sopr' a cciò contendono di parole mettendo
6 e nominando alcuna certa persona, che non si possa
7 partire e che propiamente e determinatamente si partenga
8 alle civili questioni.
9 Et di questo dice Tulio che ss' accorda
10 co llui, ché ciò àe elli detto davanti per sé e per
11 Aristotile; ma dicerà omai com' elli errò in questione.
Part 25
12 Qui riprende Tullio Ermagoras.
13 Questione apella quella che àe in sé controversia
14 posta in dicere sanza interposizione di certe persone,
15 a questo modo: Che èe bene fuori d' onestade?
16 Sono li senni veri? Chente è la forma del mondo?
17 Chente è la grandezza del sole? Le quali questioni intendemo
18 tutti leggiermente essere lontane dall' officio
19 del parliere; ché molto n' è grande mattezza e forseneria
20 somettere al parliere in guisa di picciole cose quelle
21 nelle quali noi troviamo essere consumata la somma
22 dello 'ngegno de' filosofi con grandissima fatica.
1 Sponitore.
2 Ora dice Tulio che Ermagoras appellava questione
3 quella cosa sopra la quale era controversia intra molti,
4 sicché contendeano di parole l' uno contra l' altro non nominando
5 certa persona la quale propiamente s' apartenesse
6 alle civili questioni.
7 Et in ciò pone cotale exemplo:
8 «Che è bene fuori d' onestade?». Grande contraversia fue
9 intra' filosofi qual fosse il sovrano bene in vita: et erano
10 molti che diceano d' onestade, e questi fuoro i parepatetici;
11 altri erano che diceano di volontade, e questi sono
12 epicurii.
13 Altressì fue questione se' senni sono veri,
14 perciò che alcuna fiata s' ingannano, ché se noi credemo
15 che ricalco sia oro sanza fallo s' inganna il nostro senno.
16 Altressì fue questione della forma del mondo, però
17 ch' alcuni filosofi provavano che 'l mondo è tondo, altri
18 dicono ch' è lungo, o otangolo, o quadrato.
1 era questione della grandezza del sole, ché alcuni dicono
2 che 'l sole è otto tanti che lla terra, altri più et altri meno.
3 Et questa misura si sforzavano di cogliere i maestri di
4 geometria misurando la terra, e per essa misura ritraeano
5 quella del sole.
6 Et perciò mostra Tulio che Ermagoras
7 non intese quello che dicea, ch' assai legiermente s' intende
8 che queste cotali questioni non toccano l' ufficio del parliere.
9 Et nota che dice «officio» però che ben potrebbe
10 essere che 'l parliere fosse filosofo, e così toccherebbe bene
11 a llui trattare di quelle questioni, ma ciò non arebbe
12 per officio di rettorica ma di filosofia. Donque ben è fuori
13 della mente e vano di senno quelli che dice che 'l parliere
14 possa o debbia trattare di queste questioni, nelle
15 quali tutto tempo si consumano et affaticano i filosofi.
16 Or à provato Tulio che Ermagoras non intese quello
17 che disse. Omai proverà come non attese quello che promise,
18 in ciò che promettea di trattare per rettorica ogne
19 causa et ogne questione.
20 Et ciò fae a guisa de' savi, i
21 quali vogliendo mostrare la loro sapienzia sì ll' apongono
22 ad alcuna arte per la quale non si puote provare; come
23 s' alcuno volesse trattare d' una questione di dialetica et
24 aponessela a gramatica, per la quale non si pruova né
25 ssi potrebbe provare, e ciò mosterrebbe usando per argomenti
26 la sua sapienzia; e sopr' a cciò ecco 'l testo
27 di Tulio.
Part 26
1 Tullio dice in somma ciò ch' elli avea detto davanti.
2 Che se Ermagoras avesse in queste cose avuto
3 gran savere acquistato per istudio e per insegnamento,
4 parrebbe ch' elli, usando la sua scienzia, avesse ordinata
5 una falsa cosa dell' arte del parliere, e non avesse
6 sposto quello che puote l' arte ma quello che potea elli.
7 Ma ora è quella forza nell' uomo ch' alcuno li tolga più
8 tosto rettorica che no· lli concedesse filosofia. Ma perciò
9 l' arte che fece non mi pare del tutto malmendosa,
10 ch' assai pare ch' elli abbia in essa locate cose elette
11 ingegnosamente e diligentemente ritratte delle antiche
12 arti, et alcuna v' àe messo di nuovo; ma molto è piccola
13 cosa dire dell' arte sì come fece elli, e molto è grandissima
14 parlare per l' arte, la qual cosa noi vedemo
15 ch' esso non poteo fare. Per la qual cosa pare
16 a noi che materia di rettorica è quella che disse Aristotile,
17 della quale noi avemo detto qua indietro.
18 Lo sponitore.
19 In questa parte dice Tulio che se Ermagoras fosse
20 stato bene savio, sicché potesse trattare le quistioni e le
1 cause, parrebbe ch' avesse detto falso, cioè che avesse dato
2 al parliere quello officio che nonn è suo; e così non avrebbe
3 mostrata la forza dell' arte, ma averebbe mostrata la sua.
4 «Ma ora è quella forza nell' uomo», cioè tal fue questo
5 Ermagoras, che neuno che dicesse ch' e' non sappia rettorica
6 no· lli concederae che ssia filosofo.
7 «Ma perciò l' arte
8 che fece non pare in tutto rea». In questa parola il
9 cuopre Tulio e dimostra ch' elli avrebbe bene potuto dire
10 pegio. Et dice «non è del tutto rea» perciò ch' elli àe
11 messo nel suo libro con molta diligenzia e con ingegno li
12 comandamenti delli altri maestri di questa arte, et alcuna
13 cosa nuova v' agiunse. Et qui pare che Tulio lo lodi là
14 ove il vitupera, dicendo che fosse furo in perciò che delle
15 scritte d' altri maestri fece il suo libro.
16 «Ma molto
17 è picciola cosa dire dell' arte», ciò viene a dire ch' al parliere
18 non s' apartiene dare insegnamenti dell' arte, sì come
19 fece Ermagoras, ma apartiensi a llui in tutte guise parlare
20 secondo li 'nsegnamenti e comandamenti dell' arte, la
21 qual cosa non seppe fare esso.
22 Adonque è da tenere
23 la sentenzia d' Aristotile, che dice che materia di questa
1 arte è dimostrativo, deliberativo e iudiciale. Et omai è
2 detto sofficientemente e diligentemente del genere, cioè
3 generalmente, dell' officio e della fine di rettorica; or sì
4 dicerà il conto delle sue parti, sì come Tulio promise
5 nel suo testo qua indietro.
Part 27
6 Tullio dice le parti di rettorica.
7 Le parti sono queste, sì come i più dicono: Inventio,
8 dispositio, elocutio, memoria e pronuntiatio.
9 Lo sponitore.
10 Cinque parti dice Tulio che sono et assegna ragione
11 per che, e quella ragione metterà lo sponitore in
12 suo luogo. Ma prima dicerà le ragioni che nne mostra
13 Boezio nel quarto della Topica, che dice che se alcuna
14 di queste cinque parti falla nella diceria, non è mai compiuta;
15 e se queste parti sono in una diceria o inn una
16 lettera, certo l' arte di rettorica vi fie altressì.
17 Un' altra
18 ragione n' asegna Boezio: che però sono sue parti perché
19 esse la 'nformano et ordinano e la fanno tutta essere,
20 altressì come 'l fondamento, la parete e 'l tetto sono
21 parti d' una casa sì che la fanno essere, e s' alcuna ne
1 fallisse non sarebbe la casa compiuta.
2 Et dice Tulio
3 che queste sono le parti di rettorica sì come i più dicono,
4 però che furo alcuni che diceano che memoria non è
5 parte di rettorica perciò che non è scienzia, et altri diceano
6 che dispositio non è parte d' essa arte.
7 Et così
8 va oltre Tulio e dicerà di ciascuna parte per sé, e primieramente
9 dicerà della 'nvenzione, sì come di più degna;
10 e veramente è più degna, però ch' ella puote essere e
11 stare sanza l' altre, ma l' altre non possono essere sanza lei.
Part 28
12 Tullio dice della invenzione.
13 Inventio è apensamento a trovare cose vere o
14 verisimili le quali facciano la causa acconcia a provare.
15 Sponitore.
16 Dice Tulio che inventio è quella scienzia per la
17 quale noi sapemo trovare cose vere, cioè argomenti necessarii
18 - e nota «necessarii», cioè a dire che conviene
19 che pure così sia - e sapemo trovare cose verisimili, cioè
20 argomenti acconci a provare che così sia, per li quali
21 argomenti veri e verisimili si possa provare e fare credere
22 il detto o 'l fatto d' alcuna persona, la quale si difenda
23 o che dica incontro ad un' altra.
1 così intendere il porto dello sponitore. Verbigrazia:
2 Aviene una materia sopra la quale conviene dire parole,
3 o difendendo l' una parte o dicendo contra l' altra; o per
4 aventura sia materia sopra la quale si conviene dittare in
5 lettera. Non sia donque la lingua pronta a parlare né la
6 mano presta alla penna, ma consideri che 'l savio mette
7 alla bilancia le sue parole tutto avanti che lle metta in
8 dire né inn iscritta.
9 Consideri ancora che 'l buono
10 difficiatore e maestro poi che propone di fare una casa,
11 primieramente et anzi che metta le mani a farla, sì pensa
12 nella sua mente il modo della casa e truova nel suo extimare
13 come la casa sia migliore; e poi ch' elli àe tutto
14 questo trovato per lo suo pensamento, sì comincia lo
15 suo lavorio. Tutto altressì dee fare il buono rettorico:
16 pensare diligentemente la natura della sua materia, e
17 sopra essa trovare argomenti veri o verisimili sì che possa
18 provare e fare credere ciò che dice.
19 Et già è detto
20 quello che è inventio. Ora procederà il conto a dire quello
21 che è dispositio.
Part 29
22 Dice Tullio de dispositio.
23 Dispositio èe assettamento delle cose trovate
24 per ordine.
1 Sponitore.
2 Perciò che trovare argomenti per provare e far credere
3 il suo dire non vale neente chi no· lli sae asettare per
4 ordine, cioè mettere ciascuno argomento in quella parte
5 e luogo che ssi conviene, per più affermamento della sua
6 parte, sì dice Tulio che è dispositio.
7 E dice ch' è quella
8 scienzia per la quale noi sapemo ordinare li argomenti
9 trovati in luogo convenevole, cioè i fermi argomenti nel
10 principio, i deboli nel mezzo, i fermissimi, co' quali non
11 si possa contrastare lievemente, nella fine.
12 Così fae il
13 difficatore della casa, che poi ch' elli àe trovato il modo
14 nella sua mente, elli ordina il fondamento in quel luogo
15 che ssi conviene, e lla parete e 'l tetto, e poi l' uscia e
16 camere e caminate, et a ciascuna dà il suo luogo.
17 Già
18 è detto che è dispositio; or dicerà il conto che è elocutio.
Part 30
19 Tullio dice della locuzione.
20 Elocutio è aconciamento di parole e di sentenzie
21 avenanti alla invenzione.
22 Sponitore.
23 Perciò che neente vale trovare od ordinare chi non
24 sae ornare lo suo dire e mettere parole piacevoli e piene
25 di buone sentenze secondo che ssi conviene alla materia
1 trovata, sì dice Tulio che è elocutio. Et dice che è quella
2 scienzia per la quale noi sapemo giungere ornamento di
3 parole e di sentenze a quello che noi avemo trovato et
4 ordinato.
5 E nota che ornamento di parole èe una dignitade
6 la quale proviene per alcuna delle parole della
7 diceria, per la quale tutta la diceria risplende. Verbigrazia:
8 «Il grande valore che in voi regna mi dà grande speranza
9 del vostro aiuto». Certo questa parola, cioè «regna», fa
10 tutte risplendere l' altre parole che ivi sono.
11 Altressì
12 nota che ornamento di sentenze è una dignitade la quale
13 proviene di ciò che in una diceria si giugne una sentenza
14 con un' altra con piacevole dilettamento. Verbigrazia: in
15 queste parole di Salamone: «Melliori sono le ferite dell'
16 amico che' frodosi basci del nemico».
17 Et già è detto
18 che è elocutio, cioè apparecchiamento di parole e di sentenzie
19 che facciano la diceria piacevole et ordinata di
20 parole e di sentenzie. Omai procederà il conto alla quarta
21 parte di rettorica, cioè memoria.
Part 31
22 Dice Tulio della memoria.
23 Memoria è fermo ricevimento nell' animo delle
24 cose e delle parole e dell' ordinamento d' esse.
1 Sponitore.
2 Et perciò che neente vale trovare, ordinare o aconciare
3 le parole, se noi no· lle ritenemo nella memoria sicché
4 ci 'nde ricordi quando volemo dire o dittare, sì dice Tulio
5 che è memoria. Onde nota che memoria èe di due maniere:
6 una naturale et un' altra artificiale.
7 La naturale è quella
8 forza dell' anima per la quale noi sapemo ritenere a memoria
9 quello che noi aprendemo per alcuno senno del
10 corpo.
11 Artificiale è quella scienzia la quale s' acquista
12 per insegnamenti delli filosofi, per li quali bene impresi noi
13 possiamo ritenere a memoria le cose che avemo udite o
14 trovate o aprese per alcuno de' senni del corpo; e di
15 questa memoria artificiale dice Tulio ch' è parte di rettorica.
16 Et dice che memoria è quella scienzia per la
17 quale noi fermiamo nell' animo le cose e le parole ch' avemo
18 trovate et ordinate, sicché noi ci 'nde ricordiamo quando
19 siemo a dire. Et già è detto che è memoria; sì dicerà il
20 conto la quinta et ultima parte di rettorica, cioè pronuntiatio.
Part 32
21 Dice Tullio della pronunziagione.
22 Pronuntiatio è avenimento della persona e della
23 voce secondo la dignitade delle cose e delle parole.
1 Sponitore.
2 Et al ver dire poco vale trovare, ordinare, ornare
3 parole et avere memoria chi non sae profferere e dicere le
4 sue parole con avenimento. Et perciò alla fine dice Tulio
5 che è pronuntiatio; e dice ch' è quella scienzia per la quale
6 noi sapemo profferere le nostre parole et amisurare et
7 accordare la voce e 'l portamento della persona e delle
8 membra secondo la qualitade del fatto e secondo la condizione
9 della diceria.
10 Ché chi vuole considerare il vero,
11 altro modo vuole nelle voci e nel corpo parlando di dolore
12 che di letizia, et altro di pace che di guerra. Che 'l
13 parliere che vuole somuovere il populo a guerra dee parlare
14 ad alta voce per franche parole e vittoriose, et avere
15 argoglioso advenimento di persona e niquitosa ciera
16 contra' nemici.
17 Et se lla condizione richiede che debbia
18 parlamentare a cavallo, sì dee elli avere cavallo di grande
19 rigoglio, sì che quando il segnore parla il suo cavallo
20 gridi et anatrisca e razzi la terra col piede e levi la polvere
21 e soffi per le nari e faccia tutta romire la piazza,
22 sicché paia che coninci lo stormo e sia nella battaglia.
23 Et in questo punto non pare che ssi disvegna a la fiata
24 levare la mano o per mostrare abondante animo o quasi
25 per minaccia de' nemici.
26 Tutto altrimenti dee in fatto
27 di pace avere umile advenimento del corpo, la ciera amorevole,
1 la voce soave, la parola paceffica, le mani chete;
2 e 'l suo cavallo dee essere chetissimo e pieno di tanta
3 posa e sì guernito di soavitade che sopr' a llui non si
4 muova un sol pelo, ma elli medesimo paia factore della
5 pace.
6 Et così in letizia de' 'l parlatore tenere la testa
7 levata, il viso allegro e tutte sue parole e viste significhino
8 allegrezza. Ma parlando in dolore sia la testa inchinata,
9 il viso triste e li occhi pieni di lagrime e tutte sue
10 parole e viste dolorose, sicché ciascuno sembiante per sé
11 e ciascuno motto per sé muova l' animo dell' uditore a
12 piangere et a dolore.
13 Et già è detto delle cinque parti
14 sustanziali di rettorica interamente secondo l' oppinione
15 di Tulio, e sì come lo sponitore le puote fare meglio intendere
16 al suo porto; sì ritorna Tulio a scusare sé medesimo
17 di ciò che non àe mostrato ragione perché quello
18 sia genere et officio e fine di rettorica sì com' elli àe fatto
19 della materia e delle parti, e dice in questo modo.
Part 33
20 Tullio dice che tratterà della materia e delle parti.
21 Oramai dette brievemente queste cose, atermineremo
22 in altro tempo le ragioni per le quali noi potessimo
23 dimostrare il genere e ll' officio e lla fine di
24 quest' arte, però che bisognano di molte parole e non
25 sono di tanta opera a mostrare la propietade e lle
1 comandamenta dell' arte. Ma colui che scrive l' arte rettorica
2 pare a noi che 'l convenga scrivere dell' altre due,
3 cioè della materia e delle parti. E io perciò voglio
4 trattare della materia e delle parti congiuntamente.
5 Adunque si dee considerare più intentivamente chente
6 in tutti generi delle cause debbia essere inventio, la
7 quale è principessa di tutte le parti.
8 Sponitore.
9 In questa parte dice Tulio che non vuole ora provare
10 perché quello sia genere di rettorica che detto è
11 davante, né llo officio né lla fine, però che vorrebbe lunghe
12 parole e non sono di molto frutto, e però l' atermina nell'
13 altro libro nel quale tratta sopr' a cciò; et in questo
14 presente libro tratta della materia, cioè dimostrazione,
15 deliberazione e iudicazione, et altressì tratta delle parti,
16 cioè inventio, dispositio, elocutio, memoria e pronuntiatio.
17 Et di tutte queste tratterà insieme e comunemente. Ma
18 però che inventio è la più degna parte, sì dicerà Tulio
19 chente ella dee essere in ciascuno genere di rettorica,
20 cioè come noi dovemo trovare quando la materia sia di
21 causa dimostrativa, e quando sia deliberativa, e quando
22 sia iudiciale; e tratterà sì comunemente che mosterrà
23 come sia da trovare in catuna di queste cause, e come
1 ordinare e come ornare la diceria, e come tenere a memoria
2 e come profferere le sue parole.
3 Lo sponitore parla all' amico suo. -
4 Perciò lo sponitore
5 priega 'l suo porto, poi ch' elli àe impresa altezza di
6 tanta opera come questa èe, che a llui piaccia di sì dare
7 l' animo a cciò ch' è detto davanti, spezialmente in connoscere
8 il dimostrativo e 'l deliberativo e 'l iudiciale che
9 sono il fondamento di tutta l' arte, e poi a quel che siegue
10 per innanzi, ch' elli intenda tutto 'l libro di tal guisa che,
11 per lo buono aprendimento e per lo bel dire che farà
12 secondo lo 'nsegnamento dell' arte, il libro e lo sponitore
13 ne riceveranno perpetua laude.
Part 34
14 Della constituzione e delle quattro sue parti.
15 Ogne cosa la quale àe alcuna controversia
16 in diceria o in questione contiene in sé questione
17 di fatto o di nome o di genere o d' azione; e noi quella
18 questione della quale nasce la causa apelliamo constituzione.
19 E constituzione è quella ch' è prima pugna
20 delle cause, la quale muove dal contastamento della
21 intenzione in questo modo: «Facesti »-«Non feci»
22 o «Feci per ragione».
1 Sponitore.
2 Poi che Tulio àe detto di mostrare e trattare della
3 invenzione e della materia insieme, sì mostra lo sponitore
4 in che ordine trattò de l' inventio; ma per maggiore chiarezza
5 dicerà tutto avanti in che significazione si prendono
6 queste parole, cioè causa, controversia, constituzione e
7 stato.
8 Causa vale tanto a dire quanto il detto o 'l fatto
9 d' alcuno, per lo quale è messo in lite, ed è appellato causa
10 tutto 'l processo dell' una e dell' altra parte. Et appellasi
11 causa tutta la diceria e la contenzione cominciando al
12 prolago e finiendo alla conclusione; donde dice uomo:
13 «La mia causa è giusta» cioè «la mia parte è giusta».
14 Controversia vale a dire tanto come causa, e viene a
15 dire controversare cioè usare l' uno coll' altro di diverse ragioni
16 e contrarie.
17 Questione tant' è a dire come 'l primo
18 detto di colui che comincia contra un altro e 'l secondo
19 detto di colui che ssi difende. Et appellasi quistione una
20 diceria nella quale àe due parti messe in guisa di dubitazione,
21 et appellasi questione per l' una e per l' altra parte
22 della questione.
23 Constituzione si prende et intende in
24 quelle medesime significazioni che sono dette davanti.
1 Stato è appellato il detto e 'l fatto dell' aversario,
2 però che' parliere stanno a provare quel detto o quel
3 fatto; e questo medesimo è appellato constituzione perciò
4 che 'l parliere constituisce et ordina la sua ragione e la
5 sua parte di quel detto o di quel fatto. Et per ciò è appellato
6 controversia che diversi diversamente sentono di
7 quel detto o di quel fatto.
8 Qui dice lo sponitore come Tullio tratterà della Invenzione.
9 Et poi che llo sponitore àe dette le significazioni
10 di queste parole, dicerà in chente ordine Tulio
11 tratta della 'nvenzione. Et certo primieramente insegna
12 invenire e trovare quelle questioni le quali trattano i
13 parlieri, et appellale constituzioni e dice la propietade
14 di constituzione e dividela in parti.
15 Nel secondo luogo
16 mostra qual causa sia simpla, cioè di due divisioni, e
17 qual sia composta, cioè di quattro o di più.
18 Nel terzo
19 luogo mostra qual contraversia sia in scritta e quale in
20 dicere.
21 Nel quarto luogo mostra quelle cose che nascono
22 di constituzione, cioè la diceria nella quale àe due
23 divisioni e ragioni, e lla giudicazione e 'l fermamento.
24 Nel quinto luogo mostra in che guisa si debbono trattare
25 le parti della diceria secondo rettorica.
26 Nel sesto
27 luogo mostra quante sono esse parti e quali e che sia da
1 ffare in ciascuna.
2 Et disponesi così il testo di Tulio
3 per fare intendere onde procedono le quistioni che toccano
4 al parliere di questa arte.
5 Sponitore.-
6 Ogne cosa la quale àe in sé controversia,
7 cioè della quale i diversi diversamente sentono
8 sicché alcuna cosa dicono sopr' a cciò con inquisizione,
9 cioè per sapere se alcuna delle parti è vera o falsa, sì à
10 in sé questione di fatto, cioè questione la quale muove
11 di ciò che alcun fatto è apposto altrui. Verbigrazia: Dice
12 l' uno contra l' altro: «Tu mettesti fuoco nel Campidoglio»;
13 et esso risponde: «Non misi». Di questo nasce
14 una cotale questione, se elli fece questo fatto o no, et è
15 appellata questione di fatto per quello fatto che a llui è
16 apposto, etc..
17 Od è questione di nome, cioè che ll' una
18 parte appone un nome a un fatto e l' altra parte n' appone
19 un altro. Verbigrazia: Alcuno à furato d' una chiesa uno
20 cavallo o altra cosa che non sia sagrata. Dice l' una parte
21 contra lui: «Tu ài commesso sacrilegio». Dice l' altro:
22 «Non sacrilegio, ma furto». Et nota che sacrilegio è
23 molto peggiore che furto, perciò che colui commette
24 sacrilegio che fura cosa sacrata di luogo sacrato. Donde
25 di questo nasce una questione del nome di quel fatto,
1 cioè se dee avere nome furto o sacrilegio, e però è appellata
2 questione del nome.
3 Od è questione del genere,
4 cioè della qualitade d' alcuno fatto, in ciò che ll' una
5 parte appone a quel fatto una qualitade e l' altra un' altra.
6 Verbigrazia: Dice l' uno: «Questi uccise la madre iustamente
7 perciò ch' ella avea morto il suo padre». Dice
8 l' altro: «Non è vero, ma iniustamente l' à fatto»; e di ciò
9 nasce cotal questione di questa qualitade: se l' à fatto
10 iustamente o iniustamente, e perciò è appellata questione
11 di genere, cioè della qualità d' un fatto e di che
12 maniera sia.
13 Od è questione d' azione, cioè viene
14 a dire che contiene questione la quale procede di ciò,
15 c' alcuna azione si muta d' un luogo ad altro e d' un tempo
16 ad altro. Verbigrazia: Dice uno contra un altro: «Tu m' ài
17 furato un cavallo»; et esso risponde: «Vero è, ma non
18 tine rispondo in questo tempo, perciò che ttu se' mio
19 servo, o perciò ch' è tempo feriato, o perciò ch' io non
20 debbo risponderti in questa corte, ma in quella della mia
21 terra». Onde di questo procede una questione, la quale
22 Tulio dice che è d' azione, cioè se colui dee rispondere
23 o no.
24 Et dice Tulio che tutte le quistioni che sono
25 dette davanti sono appellate constituzioni, cioè c' ànno
26 questo nome. Et dice che constituzione è la prima pugna
27 delle cause, cioè quello sopra che da prima contendono
28 i parlieri, cioè il detto dell' uno e 'l detto dell' altro, e
1 questo sopra che de prima contendono i parlieri si è il
2 nascimento, cioè che muove del contrastamento della
3 intenzione, cioè del detto di colui che ssi difende contra
4 le parole dell' accusatore.
5 Onde contastamento è
6 appellato el primo detto del difensore e intentione è
7 appellata il primo detto dello accusatore. Et pare che
8 il nascimento della constituzione vegna della difensione
9 ch' è della accusa, non che nasca della difensione, ma
10 perciò che del detto del difenditore si puote cognoscere
11 se lla causa o lla questione è di fatto o di genere o di
12 nome o d' azione, sì come appare nelli exempli che sono
13 messi davanti.
14 Et omai dicerà Tulio le nomora e
15 lle divisioni e lle proprietadi e lle cagioni di tutte le dette
16 questioni.
Part 35
17 Del fatto, et è detto congetturale.
18 Quando la controversia è di fatto, perciò che
19 lla causa si ferma per congetture, sì à nome constituzione
20 congetturale.
21 Sponitore.
22 In questa parte dice Tulio che quando la contenzione
23 è per alcuno fatto che sia apposto ad altrui, sì come
24 davanti si dice, sì conviene ch' ella sia provata per congetture,
1 cioè per suspezioni e per presunzioni. Verbigrazia:
2 Dice uno contra un altro: «Veramente tu uccidesti
3 Aiaces, ch' io ti trovai e vidi traiere il coltello del
4 suo corpo».
5 Et questa è faticosa questione, ciò dice
6 Vittorino, perciò che a provarla si faticano molto i parlieri,
7 perciò ch' altressì ferme ragioni si possono inducere
8 per l' una parte come per l' altra. E poi ch' è detto della
9 constituzione di fatto, sì dicerà Tulio di quella ch' è di
10 nome.
Part 36
11 Del nome, et è appellata diffinitiva.
12 Quando è la controversia del nome, perciò che
13 lla forza della parola si conviene diffinire per parole,
14 sì è nominata diffinitiva.
15 Lo sponitore.
16 In questa parte dice Tulio che quando la contenzione
17 è del nome del fatto, cioè come quel fatto ch' è apposto
18 altrui abbia nome, quella questione si è diffinitiva
19 perciò che lla forza, cioè la significazione di quella parola
20 e di quel nome si conviene diffinire, cioè aprire e rispianare
21 che viene a dire e che signiffica, non per exempli ma
22 per parole brevi e chiare et intendevole.
23 Verbigrazia:
24 Un uomo è accusato che tolse uno calice d' uno luogo sacrato
25 et è lli apposto che sia sacrilegio, et esso si difende
1 dicendo che non è sacrilegio ma furto. Or sopra questa
2 controversia si è tutta la questione per lo nome di questo
3 fatto: è sacrilegio o furto?
4 Onde per sapere la veritade
5 si conviene diffinire l' uno nome e ll' altro, cioè dire la
6 signifficazione e llo 'ntendimento di ciascuno nome, e poi
7 che fie chiarito per le parole quello che 'l nome signiffica,
8 assai bene si potrà intendere e provare qual nome si
9 ponga a quel fatto. Et poi ch' è detto del nome, sì dicerà
10 Tulio del genere.
Part 37
11 Dice Tullio del genere, et è appellato generale.
12 Quando è quistione della cosa qual sia, perciò
13 che lla controversia è della forza e del genere del
14 fatto, sì è vocata constituzione generale.
15 Lo sponitore.
16 In questa parte dice Tulio che quando è questione
17 della cosa quale ella sia, perciò che lla controversia è della
18 forza del fatto, cioè della quantitade, e della comparazione
19 et altressì del genere, cioè della qualitade d' esso fatto, sì
20 è vocata constituzione generale.
21 Verbigrazia: La quantitade
22 del fatto si è cotale questione: se uno à fatto tanto
23 quanto un altro, sì come fue questione se Tulio avea tanto
24 servito al comune di Roma quanto Catone.
1 del fatto si è cotale: di due partiti qual sia
2 migliore, sì come fue questione quando i Romani presono
3 Cartagine qual era il meglio tra disfarla o lasciarla.
4 Il genere del fatto si è questione della qualità del fatto
5 sì come davanti fue messo l' exemplo, cioè se colui che fece
6 il fatto fece iustamente o iniustamente.
Part 38
7 Dice Tullio dell' azione, et è appellata translativa.
8 Ma quando la causa pende di ciò che non pare
9 che quella persona che ssi conviene muova la questione,
10 o non la muove contra cui si conviene, [o non appo
11 coloro che ssi conviene,] o non in tempo che ssi conviene,
12 o non di quella lege o di quel peccato o di quella
13 pena che ssi conviene, quella constituzione à nome
14 translativa, però che ll' azione bisogna d' avere translazione
15 e tramutamento.
16 Lo sponitore.
17 In questa parte dice Tulio della controversia dell'
18 azione, che quando sopr' a cciò è lla questione e' si
19 conviene che ll' azione si tramuti in tutto o in parte, e
1 perciò à nome translativa, cioè tramutativa. Et questo
2 è o puote essere per sette maniere, le quali sono nominate
3 nel testo, cioè:
4 Quando non muove la questione
5 quella persona a cui la conviene di muovere. Verbigrazia:
6 Dice uno scolaio contra ad un altro: «Tu se' venuto
7 troppo tardi a scuola». Et esso dice: «A te no 'nde rispondo,
8 ché non ti si conviene muovermi questione di ciò,
9 ma conviensi al nostro maestro».
10 O non muove la
11 questione contra quella persona che ssi conviene. Verbigrazia:
12 Fue trovato che in Roma si trattava tradimento
13 e fue alcuno che ll' aponea contra Iulio Cesare,
14 et esso dicea: «Contra me non si conviene muovere di
15 ciò questione, ma contra Catellina che ll' àe fatto e fa
16 tutta fiata».
17 O non muove la questione appo coloro
18 che ssi conviene, cioè davanti a quelle persone che dee.
19 Verbigrazia: Fue accusato il vescovo di simonia davanti
20 al re di Navarra. Il vescovo dice: «Tu non m' accusi
21 davante a giudice ch' io debbia rispondere, ma io son bene
22 tenuto di ciò e d' altro davante l' appostolico».
23 O non
24 muove la quistione in quel tempo che ssi conviene. Verbigrazia:
25 Uno fue accusato il giorno di Pasqua; esso dicea:
26 «Non rispondo ora di questo, perciò che oggi non è
27 tempo d' attendere a cotali convenenti».
1 questione a quella lege che ssi conviene. Verbigrazia: Uno
2 cittadino di Roma era in Parigi e volea piatire contra
3 uno francesco secondo la legge di Roma; ma quel francesco
4 dice che non dee rispondere a quella legge ma a
5 quella di Francia.
6 O non muove la questione di quel
7 peccato che ssi conviene. Verbigrazia: Fue accusato uno,
8 che non avea il membro masculino, ch' avesse corrotta
9 una vergine; esso dice: «Io non risponderò di questo
10 peccato».
11 O non muove questione di quella pena che
12 ssi conviene. Verbigrazia: Fue uno accusato ch' avea
13 morto uno gallo et erali apposto che perciò dovea perdere
14 la testa; esso dicea: «Non rispondo a questa pena,
15 perciò che non tocca a questo peccato».
16 Donde tutte
17 queste questioni sono translative, cioè che ssi tramutano
18 in altro fatto e stato, tal fiata in tutto e tal fiata in parte,
19 sì come appare nelli exempli di sopra.
Part 39
20 Dice Tullio se l' una delle dette quattro cose non fosse
21 non sarebbe causa.
22 E così conviene che ssia l' una di queste inn
23 ogne maniera di cause, perciò che in qual causa no 'nde
24 fosse alcuna, certo in quella non porrebbe avere contraversia,
25 e perciò conviene che non sia tenuta causa.
1 Lo sponitore.
2 Poi che Tulio àe divisate le parti della constituzione
3 et àe detto che e come è ciascuna di quelle parti
4 e le loro nomora, sì vuole Tulio provare che quando
5 l' una di queste questioni, che sono del fatto o del nome
6 o della qualità o del tramutare l' azione, non è intra parlieri,
7 certo intra loro non puote essere controversia; e
8 poi che 'ntra loro non à controversia, certo il fatto sopra
9 il quale dicessero parole non sarebbe causa, e così non
10 sarebbe materia di questa arte, cioè che non sarebbe dimostrativo
11 né diliberativo né iudiciale.
12 Et provando
13 questo sì dimostra Tulio che lle predette cose in questa
14 arte sono sì congiunte insieme che qualunque causa è
15 dimostrativa o deliberativa o iudiciale sì conviene che sia
16 constituzione o del fatto o del nome o della qualitade
17 o dell' azione, et e converso che qualunque constituzione è
18 del fatto o del nome o della qualità o dell' azione sì conviene
19 che sia dimostrativa o deliberativa o iudiciale. Et
20 omai perseverrà Tulio sua materia per dicere di ciascuna
21 parte per sé.
Part 40
22 Del fatto.
23 La contraversia del fatto si puote distribuire in
24 tutti tempi: ché ssi puote fare quistione che è essuto
1 fatto, in questo modo: «Ulixes uccise Aiace o no?».
2 Et puotesi fare questione che ssi fa ora, in questo
3 modo: «Sono i Fregelliani in buono animo verso lo
4 comune o no?». Et puotesi fare questione che ssi farà,
5 in questo modo: «Se noi lasciamo Cartagine intera,
6 everranne bene al comune o no?».
7 Lo sponitore.
8 In questa parte dice Tullio che lla controversia
9 la quale è di fatto che ssia apposto ad altrui, la quale
10 àe nome constituzione congetturale sì come fue detto in
11 adietro e messo in exempli, sì puote essere in tutti tempi,
12 cioè preterito, presente e futuro.
13 Nel preterito pone
14 Tulio l' exemplo della morte d' Aiaces, che fue cotale.
15 Stando l' assedio di Troia sì fue morto il buon Achilles,
16 et apresso la sua morte fue grande questione delle sue
17 armi intra Ulixes et Aiaces.
18 Et certo Ulixes fue, secondo
19 che contano le storie, il più savio uomo de' Greci
20 e 'l milior parliere, sicché per lo grande senno che i· llui
21 regnava e per lo bene dire mettea in compimento le grandi
22 vicende, alle quali altre non sapea pervenire, e perciò
23 adoperò e' più di male contra' Troiani per lo suo senno
24 che non fecero quasi tutta l' oste per arme, et alla fine
1 si parve manifestamente, ch' elli fue trovatore del cavallo
2 per lo quale fue Troia perduta e tradita; ma veramente
3 in guerra non si fatigava molto con arme e non era di
4 gran prodezza, ma tuttavolta dimandava che lli fossono
5 concedute l' armi d' Achilles, e dicea che nn' era degno e
6 ch' avea in quella guerra ben fatta l' opera perché etc.
7 Et dall' altra parte Aiaces era uno cavaliere franco e
8 prode all' arme, di gran guisa, ma non era pieno di grande
9 senno e sanza molto [....] francamente avea portate
10 l' armi in quella guerra, e perciò domandava l' armi
11 d' Achilles e dicea che non si conveniano ad Ulixes.
12 Onde alla fine l' armi furono concedute ad Ulixes, per
13 la qual cosa montò tra lloro tanta invidia che divennero
14 nemici mortali; et in questo mezzo tempo fue morto
15 Aiaces e fue della sua morte accusato Ulixes, et esso
16 si difendea e negava; e di questo sì era questione di
17 fatto in preterito, cioè che già era fatto in tempo passato.
18 Inel presente tempo mette Tulio l' exemplo de' Fragellani,
19 che furo una gente i quali furono accusati in Roma
20 ch' elli aveano male animo contra il comune. Et elli si difendeano
21 e diceano che ll' aveano buono e dritto; e di ciò
22 sì era questione di fatto presente, cioè se sono ora presentemente
23 di buono animo o no.
1 l' exemplo di Cartagine, la quale fue una delle più nobili
2 cittadi e delle più poderose del mondo, e tenne guerra
3 contro a Roma, sì ch' alla fine i Romani vinsero e presero
4 la terra; e furo alcuni che voleano che lla cittade si disfacesse
5 per lo bene di Roma, et altri consigliaro del no,
6 perciò che 'l meglio ne potrebbe advenire s' ella rimanesse
7 intera, e di ciò è questione del tempo futuro, cioè se
8 bene o male n' averrà se Cartagine rimanesse intera o s' ella
9 si disfacesse.
10 Ma poi che Tulio à detto della controversia
11 del fatto, sì dicerà di quella del nome in questo
12 modo.
Part 41
13 Del nome.
14 Controversia del nome è quando lo fatto è conceduto,
15 ma è questione di quello ch' è fatto in che nome
16 sia appellato; et in questo conviene che sia controversia
17 del nome, perciò che non s' accordano della cosa; non
18 che del fatto non sia bene certo, ma che quello ch' è
19 fatto non pare all' uno quello ch' all' altro, e perciò l' uno
20 l' appella d' un nome e l' altro d' un altro. Per la qual
21 cosa in questa maniera la cosa dee essere diffinita per
22 parole e brevemente discritta, come se alcuno à tolta
23 una cosa sacrata d' uno luogo privato, se dee essere
24 giudicato furo o sacrilego, ché certo in essa questione
1 conviene difinire l' uno e l' altro, che sia furo e che
2 sacrilego, e mostrare per sua discrezione che lla cosa
3 conviene avere altro nome che quello che dicono li
4 aversarii.
5 Lo sponitore.
6 In questa parte dice Tulio della controversia del
7 nome; e perciò che di questo è molto detto davanti, sì
8 sine trapassa lo sponitore brevemente, dicendo solamente
9 la tema del testo, sopra 'l quale il caso è cotale:
10 Roberto
11 accusa Gualtieri ch' elli àe malamente tolta una cosa
12 sacrata, sì come uno calice o altra simile cosa la quale sia
13 diputata a' divini mistieri, e dice che lla tolse d' uno luogo
14 privato, cioè d' una casa o d' altro luogo non sacrato. Viene
15 l' accusato e confessa il fatto. Dice l' accusatore: «Tu ài
16 fatto sacrilegio». Dice l' accusato: «Non ò fatto sacrilegio,
17 ma furto». Et così sono in concordia del fatto, ma non
18 della cosa, cioè della proprietade per la quale si possa sapere
19 che nome abbia questo fatto, perciò ch' all' accusatore
20 pare una, ché dice ch' è sacrilegio, et all' accusato pare
21 un' altra, ché dice ch' è furto.
22 Onde in questa maniera
23 di controversia si conviene che 'l parliere che dice sopra
24 questa materia diffinisca e faccia conto in brevi parole
25 che cosa è sacrilegio e che è furto; e così dee mostrare
1 come questo fatto non à quel nome che dice l' aversario.
2 Et è detto della controversia del nome; omai dicerà Tulio
3 di quella del genere, in questo modo:
Part 42
4 Del genere.
5 Controversia del genere è quando il
6 fatto è conceduto e sono certi del nome d' esso fatto,
7 ma è questione della quantitade del fatto o del modo
8 o della qualitade, in questo modo: giusto o ingiusto
9 - utile o inutile - e tutte cose nelle quali è questione
10 chente sia quel fatto.
11 Lo sponitore.
12 In questa parte dice Tulio della questione del genere,
13 e di questa è tanto detto dinanzi che 'n poche parole
14 dimorerà lo sponitore; e dice che quella controversia è del
15 genere nella quale l' accusato confessa il fatto et è in concordia
16 coll' accusatore del nome d' esso fatto, ma sono in
17 discordia della quantitade del fatto, cioè se grande o piccolo
18 o molto o poco.
19 Verbigrazia: Un grande Romano
20 quando dovea cacciare i nemici del suo comune si fugìo.
21 Fue accusato ch' avea fatto danno e male alla maestà della
22 città di Roma; l' accusato confessa il fatto e 'l nome del
23 facto. Dice l' accusatore: «Questo è grande danno». Dice
24 l' accusato: «Non è grande, ma piccolo». Ed è la discordia
1 tra lloro della quantità, cioè se quel male è grande o piccolo.
2 O sono in discordia del modo, cioè della comparazione
3 del fatto, sì come fue detto qua indietro nell'
4 exemplo di Cartagine, qual fosse la migliore parte tra
5 disfare o lasciare.
6 O sono in discordia della qualitade
7 del fatto, sì come pare in exemplo d' Orestes che uccise
8 la sua madre, e fue accusato che ll' avea morta ingiustamente;
9 et esso si difende e dice che ll' à morta giustamente,
10 ma bene confessa il fatto e 'l nome del fatto; ma
11 sono in discordia della qualità, cioè se ll' àe fatto giustamente
12 o ingiustamente.
13 Ben è vero che Tulio non
14 mette in exemplo della quantitade nel testo, né della comparazione,
15 se non solamente della qualitade; e questo fae
16 perciò che più sovente ne vien tra lle mani che non fanno
17 l' altre, e perciò dice che tutte cose nelle quali si confessa
18 il fatto e 'l nome del fatto, ma è questione della qualità
19 d' esso fatto, sì è controversia del genere.
20 Et poi che
21 Tullio à detto di questa questione del genere secondo il
22 suo parimento, sì procede immantenente a riprendere
23 Ermagoras dell' errore suo in questa controversia del genere.
Part 43
24 Dell' errore d' Ermagoras.
25 A questo genere Ermagoras sottopuose quattro
26 parti, ciò sono deliberativo, demostrativo, iudiciale e
27 negoziale. Il quale suo fallimento non mezanamente
1 pare che ssia da riprendere, ma in breve, perciò che sse
2 noi ci ne passiamo così tacendo fosse pensato che noi
3 lo seguissimo sanza cagione; o se lungamente soprastessimo
4 in ciò, paia che noi facessimo dimoro et impedimento
5 agli altri insegnamenti.
Part 44
6 Se deliberamento
7 e dimostramento sono generi delle cause, non possono
8 essere diritte parti d' alcuno genere di causa, perciò che
9 una medesima cosa puote bene essere genere d' una e
10 parte d' un' altra, ma non puote essere parte e genere
11 d' una medesima. Et certo deliberamento e dimostramento
12 sono genera delle cause. Ma o non è alcuno genere
13 di cause, o è pur iudiciale solamente, o è iudiciale
14 e dimostrativo e deliberativo. Dicere che non sia alcun
15 genere di cause, con ciò sia cosa ch' e' medesimo dice
16 che lle cause sono molte e sopra esse dà insegnamento,
17 è grande forseneria. Un genere, cioè pur iudiciale solamente,
18 non puote essere, acciò che diliberamento e
19 dimostramento non sono simili intra lloro e molto si
20 discordano dal genere iudiciale, e ciascuno à suo fine
21 al quale si dee ritornare. Adunque è certo che tutti e
22 tre son generi delle cause, e così deliberamento e dimostramento
23 non possono essere a diritto tenute parti
24 d' alcuno genere di causa. Dunque malamente disse
1 ch' elli fossero parte della constituzione del genere.
Part 45
2 Et s' elle non possono essere tenute diritte
3 parti della causa del genere, molto meno fien tenute
4 parti della diritta parte della causa; e parte della
5 causa è ogne constituzione; donde no la causa alla constituzione,
6 ma la constituzione s' acconcia alla causa.
7 Ma dimostramento e diliberamento non possono essere
8 tenute diritte parti della causa del genere, perciò che
9 sono generi: donque molto meno debbono essere tenuti
10 parte di quello ch' esso dice.
Part 46
11 Appresso ciò se lla
12 constituzione et essa e ciascuna parte della constituzione
13 è difensione contra quello ch' è apposto, conviene
14 che quella che no è difensione non sia constituzione
15 né parte di constituzione. Et certo deliberamento e
16 dimostramento non sono constituzione. Dunque se constituzione
17 et ella e la sua parte è difensione contra
18 quello ch' è apposto, il dimostramento e 'l diliberamento
19 non è constituzione né parte di constituzione. Ma piace
20 a llui che ssia difensione. Dunque conviene che lli piaccia
21 che non sia constituzione, né parte di constituzione.
22 Et in altrettale isconvenevile fie condotto, se esso dica
23 che constituzione sia la prima confermazione dell' accusatore
24 o lla prima preghiera del difenditore; e così
1 seguiranno lui tutti questi sconvenevoli.
Part 47
2 Appresso
3 ciò, la causa congetturale, cioè di fatto, non puote
4 d' una medesima parte inn un medesimo genere essere
5 congetturale e diffinitiva; et altressì la diffinitiva causa
6 non puote essere d' una medesima parte inn uno medesimo
7 genere diffinitiva e translativa. Et al postutto
8 neuna constituzione né parte di constituzione puote
9 avere e tenere la sua forza et altrui; perciò che ciascuna
10 è considerata semplicemente per sua natura; se l' altra
11 si prende, il nomero delle constituzioni si radoppia, non
12 si cresce la forza della constituzione. Veramente la causa
13 deliberativa insieme d' una medesima parte in un medesimo
14 genere suole avere la constituzione congetturale
15 e generale e diffinitiva e translativa, et alla fiata una
16 e talvolta piusori. Adunque, essa non è constituzione
17 né parte di constituzione. Et questo medesimo suole
18 usatamente advenire della causa dimostrativa. Adunque
19 sì come noi avemo detto davanti, questi, cioè deliberamento
20 e dimostramento, sono generi delle cause e
21 non parti d' alcuna constituzione.
22 Lo sponitore.
23 In questa parte dice Tulio che Ermagoras dicea che
24 lla controversia del genere avea quattro parti sotto sé,
1 ciò sono deliberativo, demostrativo, iudiciale e negoziale;
2 della qual cosa Tulio lo riprende in tutte guise, e mostra
3 molte ragioni come Ermagoras errava malamente, e questo
4 pruova manifestamente per argomenti dialetici: che
5 dimostramento e deliberamento sono generi delle cause
6 sì che lle cause sono parti di loro; e poiché sono generi,
7 cioè il tutto delle cause, non possono essere parte delle
8 cause, acciò ch' una cosa non puote essere tutto d' una
9 cosa e parte di quella medesima.
10 Et così per molte
11 ragioni o vuoli argomenti conclude Tulio che Ermagoras
12 avea mal detto, e poi seguentemente dice la sua sentenza:
13 quali sono le parti della constituzione del genere, cioè
14 della quantitade e del modo e della qualitade del fatto,
15 sì come qui dinanzi fue detto. Et in ciò incomincia la
16 sentenzia di Tullio in questo modo:
Part 48
17 Le parti della constituzione generale.
18 Questa constituzione del genere pare a
19 noi ch' abbia due parti: Iudiciale e negoziale.
20 Lo sponitore.
21 Poi che Tullio àe ripresa l' oppinione d' Ermagoras
22 delle quattro parti, sì dice la sua sentenza e dice che sono
23 pur due parti, cioè quelle altre due che dicea Ermagoras:
24 iudiciale e negoziale; et immantenente detta la sua sentenza,
1 la quale vince quella d' Ermagoras e d' ogn' altro, sì
2 dice e dimostra che è iudiciale e che è negoziale, in questo
3 modo:
Part 49
4 Di Iudiciale.
5 Iudiciale è quella nella quale si questiona la natura
6 di dritto e d' iguaglianza e la ragione di guiderdone
7 o di pena.
8 Sponitore.
9 La iudiciale constituzione è quella nella quale per
10 diritto, cioè per ragione provenuta per usanza e per iguallianza,
11 cioè per ragione naturale o per ragione scritta, si
12 questiona sopra la quantitade o sopra la comparazione o
13 sopra la qualitade d' un fatto, per sapere se quel fatto è
14 giusto o ingiusto o buono o reo.
15 Altressì è iudiciale
16 quella nella quale è questione d' alcuno per sapere s' egli
1 è degno di pena o di merito. Verbigrazia: «Alobroges è
2 degno d' avere merito di ciò che manifestò la congiurazione
3 di Catellina?», e questionasi del sì o del no. Et
4 anche questo exemplo: «È Giraldo degno di pena di ciò
5 che commise furto?», e questionasi del sì o del no.
6 Et
7 poi che à detto Tulio del iudiciale, sì dicerà dell' altra
8 parte, cioè della negoziale.
Part 50
9 Di negoziale.
10 Negoziale è quella nella quale si considera
11 chente ragione sia per usanza civile o per equitade,
12 sopra alla quale diligenzia sono messi i savi di ragione.
13 Lo sponitore.
14 Dice Tulio che quella constituzione è appellata negoziale
15 nella quale si considera per usanza civile, cioè per
16 quella ragione la quale i cittadini o paesani sono usati di
17 tenere i· lloro uso o in loro costuduti, o per equitade,
18 cioè per legi scritte, chente ragioni debbiano essere sopra
19 quella constituzione.
20 Et intra la iudiciale e la negoziale
21 àe cotale differenzia: che lla iudiciale tratta sopra le cose
22 passate et intorno le leggi scritte e trovate; ma la negoziale
1 intende intorno le presenti e future et intorno le
2 legi et usanze che saranno scritte e trovate.
3 Et questa
4 è di molta fatica, perciò che' parlieri s' affaticano di grande
5 guisa a provarla et a formare nuove ragioni et usanze allegando
6 in ciò ragioni da simile o da contrario. Et questa
7 questione si tratta davante a' savi di legge e di ragione,
8 ma in provare la iudiciale basta dicere pur quello che lla
9 ragione ne dice.
10 Et poi che Tulio à detto che è la iudiciale
11 e che è la negoziale, sì dicerà delle parti della iudiciale
12 per meglio dimostrare lo 'ntendimento di ciascuno
13 capitolo dell' Arte.
Part 51
14 Di due parti di Iudiciale.
15 La iudiciale dividesi in due parti, ciò sono assoluta
16 et assuntiva.
17 Sponitore.
18 In questa parte dice Tulio che quella questione la
19 quale è iudiciale, sì come davanti è mostrato, sì à due
1 parti: una ch' è appellata assoluta e l' altra la quale è appellata
2 assuntiva; e dicerà di catuna per sé.
Part 52
3 Dell' asoluta.
4 Assoluta è quella che in sé stessa contiene questione
5 o di ragione o d' ingiuria.
6 Lo sponitore.
7 Dice Tulio che quella questione iudiciale del genere
8 èe appellata assoluta la quale in sé medesima è disciolta
9 e dilibera, sì che sanza niuna giunta di fuori contiene in
10 sé questione sopra la qualitade o sopra la quantitade o
11 sopra la comparazione del fatto, il qual fatto si cognosce
12 s' egli è di ragione o d' ingiuria, cioè se quel fatto è giusto
13 o ingiusto o buono o reo, sì come in questo exemplo donde
14 fue cotale questione.
15 Verbigrazia: Fecero quelli da
16 Teba giusto o ingiusto quando per segnale della loro vittoria
1 fecero un trofeo di metallo? Et certo questo fatto,
2 cioè fare un trofeo di metallo per segnale di vittoria,
3 piace per sé sanza neuna giunta et in sé contiene forza
4 della pruova, perciò ch' era cotale usanza.
Part 53
5 Asuntiva.
6 Assuntiva è quella che per sé non dà alcuna
7 ferma cosa a difendere, ma di fuori prende alcuna
8 difensione; e le sue parti sono quattro: concedere,
9 rimuovere lo peccato, riferire lo peccato e comparazione.
10 Sponitore.
11 Tullio dice che quella constituzione è appellata assuntiva
12 della quale nasce questione, la quale in sé non à
13 fermezza per difendersi da quello peccato ch' è a llui apposto,
14 ma d' un altro fatto di fuori da quello prende argomento
15 da difendersi; sì come nella questione d' Orestes,
1 che fue accusato ch' avea morta la sua madre, et elli
2 dicea che ll' avea morta giustamente. Et certo il suo dire
3 parea crudel fatto, sì che queste parole per sé non ànno
4 difensione com' elli l' abbia fatto giustamente, ma prende
5 sua difensione d' un altro fatto di fuori e dice: «Io l' uccisi
6 giustamente, perciò ch' ella uccise il mio padre». Et
7 così pare che con questa giunta piaccia la sua ragione.
8 Et questa cotale questione assuntiva à quattro parti,
9 delle quali il testo dicerà di catuna perfettamente per sé.
Part 54
10 Di concedere.
11 Concedere e concessione è quando l' accusato
12 non difende quello ch' è fatto ma addomanda che ssia
13 perdonato; e questa si divide in due parti, ciò sono
14 purgazione e preghiera.
15 Sponitore.
16 Poi che Tulio avea detto che è e quale la questione
17 assuntiva e com' ella si divide in quattro parti, sì vuole dicere
18 di ciascuna per sé divisatamente perché 'l convenentre
19 sia più aperto.
20 Et primieramente dice che è concedere,
21 e dice che quella constituzione è appellata concessione
22 quando l' accusato concede il peccato e confessa d' averlo
23 fatto, ma domanda che ssia perdonato; e questo puote
1 essere in due maniere: o per purgazione o per preghiera,
2 e di ciascuna di queste dirà Tulio partitamente, e prima
3 della purgazione.
Part 55
4 Di purgazione.
5 Purgazione è quando il fatto si concede ma la
6 colpa si rimuove, e questa sì à tre parti: imprudenza,
7 caso e necessitade.
8 Sponitore.
9 Dice Tulio che quella maniera di concedere la quale
10 è per purgazione sì è et aviene quando l' accusato confessa,
11 ma lievasi la colpa e dice che quel fatto non fue sua colpa;
12 e questo puote fare in tre maniere, delle quali è prima
13 imprudenzia, cioè non sapere.
14 Verbigrazia: Mercatanti
15 fiorentini passavano in nave per andare oltramare. Sorvenne
16 loro crudel fortuna di tempo che lli mise in pericolosa
17 paura, per la quale si botaro che s' elli scampassero
18 e pervenissero a porto che elli offerrebboro delle loro
1 cose a quello deo che là fosse, et e' medesimi l' adorrebbero.
2 Alla fine arrivaro ad uno porto nel quale era
3 adorato Malcometto ed era tenuto deo. Questi mercatanti
4 l' adoraro come idio e feciorli grande offerta. Or
5 furono accusati ch' aveano fatto contra la legge; la qual
6 cosa bene confessavano, ma allegavano imprudenzia, cioè
7 che non sapeano, e perciò diceano che fosse perdonato.
8 Et di ciò era questione, se doveano essere puniti o no.
9 La seconda maniera è caso, cioè impedimento ch' adiviene,
10 sì che non si puote fare quello che ssi dee fare.
11 Verbigrazia: Un mercatante caursino avea inprontato da
12 uno francesco una quantità di pecunia a pagare in Parigi a
13 certo termine et a certa pena. Avenne che 'l debitore, portando
14 la moneta, trovò il fiume di Rodano sì malamente
15 cresciuto che non poteo passare né essere al termine che
16 era ordinato. Colui che dovea avere domandava la pena,
17 l' altro confessava bene ch' avea fallito del termine, ma
18 non per sua colpa, se non che 'l caso era advenuto ch' avea
19 impedimentito la sua venuta, e però dicea che lla pena
20 non dovea pagare; e di ciò è questione, se lla dovea pagare
21 o no.
22 La terza maniera è necessitade, cioè che conviene
23 che ssia così et altro non potea fare. Verbigrazia:
1 Statuto era in Costantinopoli che qualunque nave viniziana
2 arrivasse nel porto loro, la nave e ciò che entro
3 vi fosse si publicasse al segnore. Avenne che mercatanti
4 genovesi allogaro una nave di Vinegia e passaro con
5 grande carico d' avere. Convenne che per impeto di tempo
6 per forza di venti, contra' quali non si poteano parare,
7 pervennero nel porto e fue presa la nave e le cose per
8 lo segnore. Ben confessavano li mercatanti che lla nave
9 era veniziana, ma per necessitade erano venuti in esso
10 porto, e però diceano che non doveano perdere le cose;
11 e di ciò era questione, se lle doveano perdere o no. Tutto
12 altressì i Veniziani, cui fue la nave, raddomandavano la
13 nave o la valenza; i mercatanti diceano che l' amenda
14 non dovea essere domandata, perciò che per necessitade
15 e non per volontade erano iti in quel porto.
16 Et poi
17 che Tullio àe detto della purgazione e delle sue parti, sì
18 dicerà della preghiera.
Part 56
19 Della preghiera.
20 Preghiera è quando l' accusato confessa ch' elli àe
21 commesso quel peccato e confessa che ll' àe fatto pensatamente,
1 ma sì domanda che lli sia perdonato, la
2 qual cosa molte rade fiate puote advenire.
3 Lo sponitore.
4 Tullio dimostra in questa picciola parte del testo
5 che cosa è appellata preghiera in questa arte. Et dice che
6 allotta è questione di preghiera quando l' accusato confessa
7 e dice che fece quel peccato che gli è aposto e ricognosce
8 che ll' à fatto pensatamente, ma tutta volta domanda perdono.
9 Onde nota che questa preghiera puote essere in
10 due maniere, o aperta o ascosa. Verbigrazia: In questo
11 modo è la preghiera aperta: Dice l' accusato: «Io confesso
12 bene ch' io feci questo fatto, ma pregovi per amore e per
13 reverenza di Dio che voi mi perdoniate». La preghiera
14 ascosa è in questo modo: «Io confesso ch' io feci questo
15 fatto e non domando che voi mi perdoniate; ma se voi
16 ripensaste quanto bene e come grande onore i' òe fatto al
17 comune, ben sarebbe degna cosa che mi fosse perdonato».
18 Ma ssì dice Tullio che queste preghiere possono advenire
19 rade volte, spezialmente davante a' giudici che sono
20 giurati a lege sìe che non ànno podere di perdonare. Ben
21 puote alcuna fiata lo 'mperadore e 'l sanato avere provedenza
22 in perdonare gravi misfatti, sì come poteano li anziani
1 del popolo di Firenze ch' aveano podere di gravare
2 e di disgravare secondo lo loro parimento.
3 Et poi che
4 Tullio àe detto della prima parte della constituzione assuntiva,
5 cioè della concessione e che cosa è concedere, et
6 à delle due maniere di concedere detto, cioè di purgazione
7 e di preghiera, sì dicerà della seconda parte, cioè
8 rimuovere lo peccato.
Part 57
9 Di rimuovere.
10 Rimuovere lo peccato è quando l' accusato si
11 sforza di rimuovere quel peccato da sé e da sua colpa
12 e metterlo sopra un altro per forza e per podestà di lui;
13 la qual cosa si puote fare in due guise: o mettere la
14 colpa o mettere lo fatto sopr' altrui. Et certo la colpa
15 e la cagione si mette sopra altrui dicendo che quel sia
16 fatto per sua forza e per sua podestate. Il fatto si
17 mette sopr' altrui dicendo che dovea un altro e potea
18 fare quel fatto.
1 Sponitore.
2 In questo luogo dice Tullio ch' è rimuovere lo peccato
3 e come si puote fare, et è cotale il caso: Uno è accusato
4 d' uno malificio, et elli vegnendo a sua defensione sì
5 leva da ssé quel maleficio e mettelo sopra un altro, o dice
6 bene che ll' à fatto, ma un altro ch' avea in lui forza e signoria
7 il costrinse a ffare quel male; e questo rimovimento
8 del peccato dice Tullio che ssi puote fare in due
9 guise: l' una si mette la colpa e la cagione sopra un altro
10 l' altra si mette il fatto sopra altrui.
11 Et certo la colpa
12 e la cagione si mette sopr' altrui quando l' accusato dice
13 che elli à fatto quel male per colpa d' alcuno il quale à
14 sopra lui forza e signoria. Verbigrazia: Il comune di Firenze
15 elesse ambasciadori e fue loro comandato che
16 prendessero la paga dal camarlingo per loro dispensa et
17 immantenente andassero alla presenzia di messer lo papa
18 per contradiare il passamento de' cavalieri che veniano
19 di Cecilia in Toscana contra Firenze. Questi ambasciadori
20 domandaro il pagamento e 'l signore no 'l fece dare,
21 e 'l camarlingo medesimo negò la pecunia, sicché li ambasciadori
22 non andaro e' cavalieri vennero. Della qual cosa
23 questi ambasciadori fuorono accusati, ma elli si levaro
24 la colpa e la cagione e miserla sopra 'l signore e sopra 'l
25 camarlingo, i quali aveano la forza e la segnoria e non
1 fecero lo pagamento.
2 Mettere il fatto sopr' altrui è
3 quando l' accusato dice ch' egli quel fatto non fece e non
4 ebbe colpa né cagione del fare, ma dice che alcuno altro
5 l' à fatto et ebbevi colpa e cagione, mostrando che quell'
6 altro sopra cui elli il mette dovea e potea fare quel male.
7 Verbigrazia: Catone e Catellina andavano da Roma a
8 Rieti, et incontrarono uno parente di Catone, a cui Catellina
9 portava grande malavoglienza per cagione della
10 coniurazione di Roma, e perciò in mezzo della via l' uccise;
11 né Catone non avea podere di difenderlo, perciò ch' era
12 malato di suo corpo, ma rimase intorno al morto per
13 ordinare sua sopultura. Et Catellina si n' andò inn altra
14 parte molto avaccio e celatamente. In questo mezzo
15 genti che passavano wͤlt;per la viawͤgt; per lo camino trovaro
16 il morto di novello, e Catone intorno lui, sì pensaro certamente
17 che Catone avesse fatto il malificio, e perciò
18 fue esso accusato di quella morte; ond' elli in sua defensione
19 levava da ssé quel fatto dicendo che fatto no· ll' avea
20 e che no 'l dovea fare, perciò ch' era suo parente, e dicea
21 che no· ll' arebbe potuto fare, perciò ch' elli era malato di
22 sua persona. Et così recava il fatto e la colpa sopra Catellina,
23 perciò che 'l dovea fare come di suo nemico e
1 poteal fare, ch' era sano e forte e di reo animo.
2 Et poi
3 che Tulio àe insegnato rimuovere lo peccato, sì insegnerà
4 in questa altra partita riferire il peccato.
Part 58
5 Tullio dice che è riferire il peccato.
6 Riferire il peccato è quando si dice che ssia
7 fatto per ragione, in perciò che alcuno avea tutto
8 avanti fatto a llui ingiuria.
9 Lo sponitore.
10 Dice Tullio che riferire il peccato è allora quando
11 l' accusato dice ch' elli àe fatto a ragione quello di che elli
12 è accusato, perciò c' a llui fue prima fatta tale ingiuria che
13 dovea a rraggione prendere tale vengianza, sì come apare
14 nell' exemplo d' Orestes, che fue accusato della morte di
15 sua madre, et esso dicea che ll' avea morta a ragione,
16 perciò che primieramente avea ella fatta a llui ingiuria,
17 cioè ch' avea morto il padre d' Orestes; e di questo nasce
18 cotale questione se Orestes fece quel fatto a ragione o
19 no.
20 Et poi che Tullio àe insegnato riferire lo peccato,
21 sì insegnerà omai che è comparazione.
Part 59
1 Tullio dice che è comparazione.
2 Comparazione è quando alcuno altro fatto si
3 contende che fue diritto et utile, e dicesi che quello
4 del quale è fatta la riprensione fue commesso perché
5 quell' altro si potesse fare.
6 Lo sponitore.
7 In questo luogo dice Tullio che quella questione è
8 appellata comparazione nella quale l' accusato dice ch' à
9 fatto quello ch' è a llui apposto, per cagione di poter fare
10 un altro fatto utile e diritto. Verbigrazia: Marco Tullio,
11 stando nel più alto officio di Roma, sentìo che coniurazione
12 si facea per lo male del comune, ma non potea
13 sapere chi né come. Alla fine diede dell' avere del comune
14 in grande quantitade ad una donna la quale avea nome
15 Fulvia, et era amica per amore di Quinto Curio, il quale
16 era sapitore del tradimento; e per lei trovò e seppe dinanzi
17 tutte le cose in tale maniera ch' elli difese la cittade
18 e 'l comune della molt' alta tradigione.
19 Ma alla
20 fine fue ripreso ch' elli avea troppo malamente dispeso
21 l' avere di Roma. Et elli in defensione di sé dicea che
22 quelle spese avea fatte per fare un altro fatto utile e
23 diritto, cioè per scampare la terra di tanta distruzione,
24 e quello scampamento non potea fare sanza quella dispesa;
25 e così mostra che 'l fatto del quale elli è ripreso
1 fue fatto per bene.
2 Et poi che Tullio àe detto delle
3 quattro parti della constituzione assuntiva, la quale è
4 parte della iudiciale sì come pare davanti nel trattato
5 della constituzione del genere, sì ridicerà elli brevemente
6 sopra la questione traslativa, della quale fue assai detto
7 in adietro, per dire alcuna cosa che là fue intralasciata.
Part 60
8 Come Ermagoras fue trovatore della questione translativa.
9 Nella quarta questione, la quale noi appelliamo
10 translativa, certo la controversia d' essa questione è
11 quando si tenciona a cui convegna fare la questione,
12 o con cui od in che modo, o davante a cui, o per quale
13 ragione, o in che tempo; e sanza fallo tuttora è controversia
14 o per mutare o per indebolire l' azione. Et credesi
15 che Ermagoras fue trovatore di questa constituzione;
16 non che molti antichi parlieri non l' usassero
17 spessamente, ma perciò che lli scrittori dell' arte non
18 pensaro che fosse delle capitane e non la misero in
19 conto delle constituzioni. Ma poi che da llui fue trovata,
20 molti l' ànno biasimata, i quali noi pensamo c' ànno
21 fallito non pur in prudenzia; ché certo manifesta cosa
22 è che sono impediti per invidia e per maltrattamento
1 Sponitore.
2 Questo testo di Tullio è assai aperto in sé medesimo,
3 e spezialmente perciò che della questione o constituzione
4 translativa è assai sofficientemente trattato indietro in
5 altra parte di questo libro, e là sono divisati molti exempli
6 per dimostrare come si tramuta l' azione quando non
7 muove la questione quelli che dee, o contra cui dee, o innanzi
8 cui dee, o per la ragione che dee, o nel tempo che
9 dee.
10 Sicché al postutto in questa translativa conviene
11 che sempre sia: o per tramutare l' azione in tutto, come
12 appare indietro nell' exemplo di colui che risponde all'
13 aversario suo: «Io non ti risponderò di questo fatto né
14 ora né giamai»; e così in tutto tramuta l' azione dell'
15 aversario etc.. O è per indebolire l' azione in parte ma
16 non del tutto, sì come appare nell' exemplo di colui che
17 risponde all' aversario suo: «Io ti risponderò di questo
18 fatto, ma non in questo tempo» o «non davante a queste
19 persone».
20 Et dice Tullio che Ermagoras fue trovatore
21 della translativa constituzione, cioè che lla mise nel conto
1 delle quatro constituzioni sì come detto fue inn adietro.
2 Et di ciò fue ripreso da alquanti che non erano bene
3 savi e che aveano invidia e maltrattamento contra lui.
4 Nota che invidia è dolore dell' altrui bene, e maltrattamento
5 è dicere male d' altrui.
Part 61
6 Tullio dice che davanti dicerà
7 exempli in ciascuna maniera di constituzioni.
8 Già avemo disposte le constituzioni e
9 le loro parti; ma li axempli di ciascuna maniera parrà
10 che noi possiamo meglio divisare quando noi daremo
11 copia di ciascuno de' loro argomenti; perciò ch' allotta
12 sarà più chiara la ragione d' argomentare, quando
13 l' exemplo si potrà a mano a mano aconciare al genere
14 della causa.
15 Lo sponitore.
16 Vogliendo Tullio passare al processo del suo libro,
17 brievemente ripete ciò ch' à detto avanti, dicendo che
18 dimostrato à che sono le constituzioni e le loro parti,
19 ma in altra parte porrà certi exempli in ciascuno genere
20 delle cause, cioè nel deliberativo e nel dimostrativo e nel
21 iudiciale, quando tratterà il libro di ciascuno in suo stato.
22 E da cciò si parte il conto e torna a trattare secondo
1 che ssi conviene all' ordine del libro per insegnamento
2 dell' arte.
Part 62
3 Qual causa sia simpla e quale congiunta.
4 Poi ch' è trovata la constituzione della causa,
5 immantenente ne piace di considerare se lla causa è
6 simpla o congiunta. Et s' ella è congiunta, si conviene
7 considerare se ella è congiunta di piusori questioni o
8 d' alcuna comparazione.
9 Lo sponitore.
10 Apresso al trattato nel quale Tullio àe insegnato
11 trovare le constituzioni e le sue parti, sì vuole insegnare
12 qual causa sia simpla, cioè pur d' uno fatto e quale sia congiunta,
13 cioè di due o di più fatti, e quale sia congiunta
14 d' alcuna comparazione, e di ciascuna dice exemplo in
15 questo modo:
Part 63
16 Della causa simpla.
17 Simpla è quella la quale contiene in sé una
18 questione assoluta in questo modo: «Stanzieremo noi
19 battaglia contra coloro di Corinto o non?».
1 Lo sponitore.
2 Dice Tullio che quella causa è simpla la quale è pur
3 d' uno fatto e che non è se non d' una questione solamente.
4 Verbigrazia: La città di Corinto non stava ubidiente a
5 Roma, onde i consoli di Roma misero a consiglio se paresse
6 loro di mandare oste a fare la battaglia contra loro,
7 o no. Et così vedi che causa simpla è pur d' una questione
8 del sì o del no.
Part 64
9 Della causa congiunta.
10 Congiunta di piusori questioni è quella nella
11 quale si dimanda di piusori cose in questo modo: «È
12 Cartagine da disfare o da renderla a' Cartagianesi, o è
13 da menare inn altra parte loro abitamento?».
14 Lo sponitore.
15 Poi che Tullio à detto della causa simpla, sì dice
16 della congiunta, dicendo che quella causa è congiunta
17 nella quale àe due o tre o quattro o più questioni. Verbigrazia:
1 I Romani vinsero a forza d' arme la cittade
2 di Cartagine, et erano alcuni che diceano che al postutto
3 si disfacesse; altri diceano che lla cittade fosse
4 renduta agli uomini della terra, altri diceano che lla
5 cittade si dovesse mutare di quel luogo et abitare in
6 altra parte. E così vedi che questa causa è congiunta
7 di tre questioni che sono dette.
Part 65
8 Della causa congiunta di comparazione.
9 Di comparazione è quella nella quale contendendo
10 si questiona qual sia il meglio o qual sia finissimo,
11 in questo modo: «È da mandare oste in Macedonia
12 contra Filippo inn aiuto a' compagni, o è da
13 tenere in Italia per avere grandissima copia di genti
14 contra Anibal?».
15 Lo sponitore.
16 Poi che Tullio avea detto della causa la quale è congiunta
17 di piusori questioni, sì dice di quella causa ch' è
18 congiunta di comparazione di due o di tre o di quattro o
19 di più cose, nella quale si considera qual partito sia il
20 migliore de' due o di tre o di più, e se tutti sono buoni e
21 l' uno migliore che ll' altro, per sapere qual sia finissimo,
1 cioè il sovrano di tutti.
2 Verbigrazia: I Romani aveano
3 mandata oste in Macedonia contra Filippo re di quello
4 paese, et in quello medesimo tempo attendeano alla
5 guerra d' Anibal, che venia contra loro ad oste. Onde
6 alcuni savi di Roma diceano che 'l migliore consiglio era
7 mandare gente in Macedonia, per attare l' altra loro oste
8 la quale era in questa contrada; altri diceano che maggior
9 senno era di ritenere la gente in Italia, per adunare grandissima
10 oste contra Anibal; e così contendeano qual fosse
11 il migliore o 'l finissimo partito: o tenere o mandare la
12 gente.
Part 66
13 Della contraversia inn iscritto et in ragionamento.
14 Poi è da pensare se lla controversia è in scritta
15 o è in ragionamento.
16 Lo sponitore.
17 Apresso ciò che Tulio à dimostrato qual causa è
18 simpla e quale è congiunta e quale di comparazione, sì
19 vuole fare intendere quale contraversia nasce et aviene
20 di cose e di parole scritte, e qual nasce pur di ragionamento,
21 cioè di dire parole e di cose che non sono scritte;
22 e così vuole Tullio apertamente insegnare per rettorica
1 ciò c' altre de' dire a ciascun ponto di tutte le cause che
2 possano intervenire; e perciò dicerà della scritta per sé
3 e del ragionamento per sé, e di ciascuno partitamente
4 in questo modo:
Part 67
5 Della contraversia che nasce di cose scritte.
6 Contraversia inn iscritta è quella che nasce d' alcuna
7 qualitade di scrittura.
8 Et certo le maniere
9 di questa che sono partite delle constituzioni
10 sono cinque: Che talvolta pare che lle parole medesimo
11 siano discordanti dalla sentenzia dello scrittore;
12 e talvolta pare che due legi o più discordino intra sé
13 stesse; e talvolta pare che quello ch' è scritto signiffichi
14 due cose o più; e talvolta pare che di quello ch' è
15 scritto si truovi altro che non è scritto; e talvolta
16 pare che ssi questioni in che sia la forza della parola,
17 quasi come in diffinitiva constituzione. Per la qual cosa
18 noi nominiamo la prima di queste maniere di scritto e
19 di sentenzia, il secondo appelliamo di legi contrarie,
20 la terza apelliamo dubiosa, la quarta appelliamo di ragionevole,
21 la quinta apelliamo diffinitiva.
1 Lo sponitore.
2 Poi che Tullio à dimostrato qual causa sia pur d' un
3 fatto o di più, immantenente vuole dimostrare qual contraversia
4 è in scritta e quale in ragionamento; et in questo
5 dice primieramente di quella ch' è inn iscritto, cioè che
6 nasce d' alcuna scrittura. Et questo puote essere in cinque
7 modi.
8 Il primo modo è appellato di scritto e di sentenza,
9 perciò che lle parole che sono scritte non pare che
10 suonino come fue lo 'ntendimento di colui che lle scrisse.
11 Verbigrazia: Una lege era nella cittade di Lucca, nella
12 quale erano scritte queste parole: «Chiunque aprirà la
13 porta della cittade di notte, in tempo di guerra, sia punito
14 nella testa». Avenne che uno cavaliere l' aperse per
15 mettere dentro cavalieri e genti che veniano inn aiuto
16 a Lucca, e perciò fue accusato che dovea perdere la testa
17 secondo la legge scritta. L' accusato si difendea dicendo
18 che lla sentenzia e lo 'ntendimento di colui che scrisse
19 e fece la legge fue che chi aprisse la porta per male fosse
20 punito; e così pare che lle parole scritte non siano accordanti
21 alla sentenzia dello scrittore, e di ciò nasce controversia
22 intra loro, se si debbia tenere la scritta o la
23 sentenza.
24 La seconda maniera è appellata di contrarie
25 leggi, perciò che pare che due leggi o più discordino
26 intra sé stesse. Verbigrazia: Una legge era cotale, che
27 chiunque uccidesse il tiranno prendesse del senato cheunque
1 merito volesse. Et nota che tiranno è detto quelli
2 che per forza di suo corpo o d' avere o di gente sottomette
3 altrui al suo podere. Un' altra legge dice che morto il
4 tiranno dovessero essere uccisi cinque de' più prossimani
5 parenti. Or avenne che una femina uccise il suo marito,
6 il quale era tiranno, e domandò al senato per guidardone
7 e per merito un suo figlio: la prima legge concede che
8 ssia dato, l' altra comanda che ssia morto. Et così sono
9 due leggi contrarie, e perciò nasce questione se alla femina
10 debbia essere renduto il suo figliuolo o se debbia
11 essere morto.
12 La terza maniera è apellata dubbiosa,
13 perciò che pare che quel ch' è scritto significhi due cose
14 o più. Verbigrazia: Alexandro fece testamento nel quale
15 fece scrivere così: «Io comando che colui ch' è mia reda
16 dia a Cassandro cento vaselli d' oro e quali esso vorrà».
17 Apresso la morte d' Alexandro venne Cassandro e domandava
18 cento vaselli al suo volere e che a llui piacessero.
19 Dice la reda: «Io ti debbo dare que' ch' io vorrò». Et
20 così di quella parola scritta nel testamento, cioè «i quali
21 esso vorrà», si è dubbiosa a intendere del cui volere Alexandro
22 avea detto; e di ciò nasce questione intra loro.
23 La quarta maniera è appellata ragionevole, perciò che
24 di quello ch' è discritto si truova e se ne ritrae altro che
25 no è scritto. Verbigrazia: Marcello entrò nella chiesa di
26 Santo Petro di Roma e ruppe il crocifixo, e tagliò le
1 imagini di là entro. Fue accusato, ma non si truova neuna
2 legge scritta sopra così fatto malificio, né convenevole
3 non era che nne scampasse sanza pena; e perciò il suo
4 adversario ritraeva d' altre leggi scritte quella pena che
5 ssi convenia a Marcello ragionevolemente.
6 La quinta
7 maniera è appellata diffinitiva, perciò che pare che ssi
8 questioni la forza d' una parola scritta, sicché conviene
9 che quella parola sia diffinita e dicasi il proprio intendimento
10 di quella parola. Verbigrazia: Dice una legge:
11 «Se 'l signore della nave n' abandona per fortuna di
12 tempo et un altro va a governarla e scampa la nave,
13 sia sua». Avenne che una nave di Pisa venia in Tunisi
14 e presso al porto sorvenne sì forte tempesta nel mare, che
15 'l signore uscìo della nave et entrò inn una picciola barca;
16 un altro ch' era malato rimase nella nave e tennesi tanto là
17 entro che 'l mare tornò in bonaccia, e la nave campò in
18 terra. E perciò dicea che lla nave era sua secondo la legge,
19 perciò che 'l segnore l' avea abandonata et esso l' avea difesa.
20 Il segnore dicea che perch' elli entrasse nella picciola
21 barca non abandonava perciò la nave; e così era questione
22 intra loro sopra questa parola dell' abandono della nave;
23 e per sapere la forza d' essa parola conviene che ssi difinisca
24 e dicasi il proprio intendimento.
1 Tullio di quella contraversia la quale è in iscritta e delle
2 sue cinque parti. Omai dicerà di quella contraversia ch' è
3 in ragionamento.
Part 68
4 Della contraversia la quale nasce di ragionamento.
5 Ragionamento è quando tutta la questione è
6 inn alcuno argomento e non inn iscrittura.
7 Lo sponitore.
8 Quella è contraversia in ragionamento nella quale
9 non si considera alcuna cosa che ssia per scrittura, ma
10 prendesi argomento e pruova per parole fuori di scritta
11 a dimostrare che dee essere sopra quella questione. Verbigrazia:
12 Dice Anibaldo che Italia è migliore paese che
13 Francia; dice Lodoigo che no; e di ciò era questione tra
14 lloro, e perciò conviene recare argomenti in ragionando
15 per mostrare che nne dee essere, e questo senza scritta
16 acciò che sopra questo no è legge né scrittura.
Part 69
17 Delle quattro parti della causa.
18 Adunque, poi che considerato è il genere della
19 causa e cognosciuta la constituzione et inteso quale è
1 simpla e quale è congiunta, e veduto quale contraversia
2 è di scritto e di ragionamento, omai fie da vedere
3 quale è la quistione e quale è la ragione e quale è il
4 giudicamento e quale è il fermamento della causa; le
5 quali cose tutte convengono muovere della constituzione.
6 Lo sponitore.
7 In questa parte dice Tullio che poi ch' elli à insegnato
8 che è lo genere delle cause, cioè dimostrativo e diliberativo
9 e giudiciale, et à fatto cognoscere che è la
10 constituzione, cioè e qual sia congetturale e quale diffinitiva
11 e quale translativa e quale negoziale, et à fatto
12 intendere quale è simpla e quale congiunta, cioè qual contiene
13 in sé una questione o più, et à fatto vedere qual
14 contraversia è inn iscritto e quale in ragionamento, sì
15 come tutti questi insegnamenti paionsi adietro là dove
16 lo sponitore l' à messo inn iscritto e trattato di ciascuno
17 sofficientemente, omai vuole Tullio procedere e dimostrare
18 apertamente qual sia la questione e la ragione e 'l giudicamento
19 e 'l fermamento della causa; le quali cose
20 tutte muovono e nascono della constituzione, ciò viene a
21 dire che la constituzione è il cominciamento di queste cose.
Part 70
1 Della questione.
2 Questione è quella contraversia la quale s' ingenera
3 del contastamento delle cause in questo modo:
4 «Non facesti a ragione - Io feci a ragione». Questo è
5 contastamento delle cause nella quale è la constituzione,
6 e di questa nasce contraversia la quale noi
7 appelliamo questione, in questo modo: se fatto l' à a
8 ragione o no.
9 Lo sponitore.
10 Nel testo il quale è detto davanti insegna Tullio
11 cognoscere e sapere che è la questione; et in ciò dice che
12 questione è quella che ssi conviene considerare sopr' a cciò
13 di che le parti tencionano, e così s' ingenera del contastamento
14 delle parti, cioè di quello che ll' uno appone e l' altro
15 difende. Verbigrazia: Dice la parte che appone all' altra:
16 «Tu non ài fatta ragione, ché tu prendesti il mio cavallo»;
17 e la parte che ssi difende risponde e dice: «Sì, feci ragione».
18 Or è la causa ordinata, cioè che ciascuna parte à
1 detto, l' una accusando e l' altra difendendo, e questa è appellata
2 constituzione.
3 Sopra questo si conviene sapere
4 se ll' accusato à fatta ragione o no. Questo è quello che
5 Tullio appella questione. Dunque potemo intendere che
6 quando le parti ànno detto e quando l' accusatore àe
7 apposto incontra l' aversario suo e l' accusato àe risposto
8 o negando o confessando, sì è la causa cominciata et
9 ordinata; e però infine a questo punto èe appellata constituzione,
10 cioè viene a dire che lla causa è cominciata et
11 ordinata; da quinci innanzi, se l' accusato niega e difendesi,
12 si conviene che ssi connosca se lla sua defensione è
13 dritta o no, cioè quando dice: «Io feci ragione» conviensi
14 trovare s' elli à fatto ragione o no, e questa è appellata
15 questione.
16 Et perciò che la scusa dell' accusato, a
17 dire pur così semplicemente: «Io feci ragione», non vale
18 neente se non ne mostra ragione per che e come, insegnerà
19 Tullio immantenente che ragione sia.
Part 71
20 Di ragione.
21 Ragione è quella che contiene la causa, la quale
22 se ne fosse tolta non rimarrebbe alcuna cosa in contraversia.
23 In questo modo mosterremo, per cagione
24 d' insegnare, un leggieri e manifesto exemplo. Se Orestres
1 fosse accusato di matricidio et elli non dicesse:
2 «Io il feci a ragione, perciò ch' ella avea morto il mio
3 padre», non avrebbe difensione; e se non l' avesse non
4 sarebbe contraversia. Dunque la ragione di questa causa
5 è ch' ella uccise Agamenon.
6 Lo sponitore.
7 Sì come appare nel testo di Tulio, ragione è quella
8 che sostiene la causa in tal modo che, chi non assegna e
9 mostra la ragione della sua causa, certo non sarà controversia,
10 cioè non à difensione; e così la causa dell' aversario
11 rimane ferma e non à contastamento.
12 Verbigrazia:
13 Vero fue che lla madre d' Orestres uccise Agamenon suo
14 marito e padre d' Orestres; per la qual cosa Orestres, per
15 movimento di dolore, fece matricidio, cioè che uccise la
16 madre. Fue accusato di matricidio, et elli confessa, ma
17 dice che 'l fece a ragione; se non dice perché e come,
18 la sua difensione non vale neente, e se la difensione non
19 vale neente non è contraversia né questione.
20 Ma se
21 dice così: «Io lo feci a ragione perciò ch' ella uccise il
22 mio padre», sì mantiene la sua causa e vale la sua difensa,
23 mostrando la ragione e la cagione perch' elli fece il
24 matricidio. Et poi che Tullio à dimostrato che è questione
25 e che ragione, sì dimosterrà che è giudicamento.
Part 72
1 Del giudicamento.
2 Giudicamento è quella contraversia la quale
3 nasce de lo 'ndebolire e del confirmare la ragione. Et
4 in ciò sia quel medesimo exemplo della ragione che noi
5 aven detta poco davanti: «Ella avea morto il mio
6 padre». Dice il savio: «Sanza te figliuolo convenia
7 ch' essa madre fosse uccisa; perciò che 'l suo fatto si
8 potea bene punire sanza tuo perverso adoperamento».
9 Di questo mostramento della ragione nasce
10 quella somma controversia la quale noi appelliamo
11 giudicamento, la quale è cotale: se fosse diritta cosa
12 che Orestres uccidesse la madre, perciò ch' ella avea
13 morto il suo padre.
14 Lo sponitore.
15 Tullio avea detto et insegnato che è ragione; et
16 perciò che della ragione nasce il giudicamento, sì tratta
17 egli del giudicamento per dimostrare come e quando et
18 in che luogo sia. Verbigrazia: L' accusato assegna ragione
19 perché fece quel fatto e conferma la sua difensa per quella
20 ragione. L' accusatore dice contra questa difensa et indebolisce
1 la ragione dell' accusato. Unde di ciò che conferma
2 l' uno et inforza la sua difensione e l' altro la infievolisce
3 e falla debole, sì ne nasce una questione la quale è appellata
4 giudicamento, perciò che quando ella è provata
5 si puote giudicare.
6 Et in ciò sia quel medesimo exemplo
7 di sopra: Orestres assegna la ragione per la quale elli
8 uccise Clitemesta sua madre: perciò ch' ella avea morto
9 Agamenon; e così conferma la sua defensione. Ma contra
10 lui dice l' aversario: «Tu non la dovei punire né non convenia
11 ad te punirla di ciò, ma altre la dovea e potea punire
12 sanza tua perversità, e sanza tua così crudele opera,
13 come del figliuolo uccidere sua madre». Et così indebolia
14 la ragione d' Orestres e mettealo in vituperoso abominio,
15 e sopra questo, cioè sopra 'l confermamento e sopra lo
16 'ndebolimento della ragione, nasce questione la quale è
17 appellata giudicamento perciò che ssi puote giudicare.
18 Et omai à detto Tullio che è questione e che è ragione
19 e che è giudicamento; sì dicerà che è fermamento.
Part 73
20 Del fermamento.
21 Fermamento è il firmissimo et appostissimo argomento
22 al giudicamento, come se Orestres volesse dire
23 che ll' animo il quale la madre avea contra il suo padre,
1 quel medesimo avea contra lui e contra le sue sorelle
2 e contra il reame e contra l' alto pregio della sua ingenerazione
3 e della sua familia, sicché in tutte guise
4 doveano i suoi figliuoli prendere in lei la pena.
5 Lo sponitore.
6 Poi che Tullio àe dimostrato che è questione e ragione
7 e giudicamento, sì dice in questa parte che è fermamento.
8 E certo lo 'nsegnamento suo è molto ordinatamente:
9 ché primieramente è questione intra lle parti
10 sopr' alcuna cosa la qual' è aposta ad uno e detto sopra lui
11 che non à fatto bene o ragione, et elli in sua difesa dice
12 ch' à fatto bene o ragione, e di questo nasce la questione,
13 cioè se esso à fatto ragione o no. Apresso dice l' accusato
14 la cagione per la quale elli avea ragione di fare ciò, e
15 questa è appellata ragione. Et quando l' accusato à detta
16 la ragione, il suo adversario dice contra quella ragione et
17 indebolisce quello dove l' accusato ferma la ragione, e
18 questa è appellata giudicamento.
19 Fermamento.
20 Poi che lla questione del giudicamento è nata, sì
21 conviene che ll' accusato tragga innanzi i fermissimi argomenti
1 bene apposti contra il giudicamento. Verbigrazia:
2 Orestres à detto che uccise la madre perciò ch' ella avea
3 morto il padre, e così assegna la ragione perch' elli l' uccise;
4 il suo adversario mettendolo in questione di giudicamento
5 dice c' a llui non si convenia ma ad altrui, e così indebolisce
6 la sua ragione.
7 Or conviene che Orestres dica manifesti
8 argomenti, e dice così: «Tutto altressì com' ella
9 uccise il suo marito mio padre, così avea ella conceputo
10 d' uccidere me e le mie sorelle, cui ella avea ingenerate
11 di suo corpo, e mettere il nostro regno a distruzione et
12 abassare l' altezza del nostro sangue, e mettere in periglio
13 la nostra famiglia». Ed in questi argomenti accoglie fermissima
14 defensione della sua ragione contra il giudicamento,
15 e dice: «Perciò ch' ella fece così disperato maleficio
16 et avea pensato di fare cotanta crudelitade, sì fue
17 al postutto convenevole che lli suoi propii figliuoli ne le
18 dessero pena e non altri». Et questi sono fermissimi
19 argomenti ne' quali dice che 'l fatto della madre fue
20 crudele, superbo e malizioso.
21 Et nota che quel fatto
22 è appellato superbo il quale alcuno adopera contra' maggiori,
23 sì come quella fece uccidendo il re Agamenon. Et
24 quello è crudele fatto il quale alcuno adopera contra'
25 suoi, sì come quella fece contra la sua famiglia. Et quello
1 è malizioso fatto il quale è molto fuori d' uso, sì com' è
2 contra naturale usanza ch' alcuna femina uccida il suo
3 marito e figliuoli e distrugga un alto reame.
4 Onde
5 questi fermissimi argomenti e quali l' accusato mette davanti
6 per confermare le sue ragioni et incontra lo 'ndebolimento
7 che facea l' aversario, sì è appellato fermamento.
Part 74
8 In quale constituzione non à giudicamento.
9 Et certo nell' altre constituzioni si truovano giudicamenti
10 a questo medesimo modo; ma nella congetturale
11 constituzione, perciò che in essa non s' asegna
12 ragione (acciò che 'l fatto non si concede) non puote
13 giudicamento nascere per dimostranza di ragione; e
14 però conviene che questione sia quel medesimo che
15 giudicamento: «fatto è, nonn è fatto, s' è fatto o no».
16 Che al vero dire, quante constituzioni o lor parti sono
17 nella causa, conviene che vi si truovino altrettante
18 questioni, ragioni, giudicamenti e fermamenti.
19 Lo sponitore.
20 In questa parte del testo dice Tullio che, sì come
21 per lui è stato detto davanti, così si possono trovare giudicamenti
22 inn ogne constituzione; salvo che nella constituzione
23 congetturale, della quale è molto trattato inn
1 adietro, perciò che in essa l' accusato nonn asegna neuna
2 ragione, anzi niega, al postutto non ne puote nascere giudicamento.
3 Verbigrazia: Uno accusò Ulixes ch' elli avea
4 morto Aiaces. Dice Ulixes: «Non feci» et così nega quel
5 fatto che gli è apposto. Et perciò non conviene che sopra
6 'l suo negare assegni alcuna ragione. Et poi che nonn
7 asegna ragione, il suo adversario nonn abisogna d' indebolire
8 la ragione dell' accusato. Dunque no 'nde puote nascere
9 giudicamento; e perciò conviene che in queste constituzioni
10 congetturali la questione e lo giudicamento
11 siano ad una cosa: ché là ove dice l' accusatore «Tu uccidesti»
12 et Ulixes dice «Non uccisi», la questione e 'l giudicamento
13 fie sopra questo, cioè se ll' uccise o no.
14 Poi
15 dice Tullio che quante constituzioni à una causa, altrettante
16 v' à questioni e ragioni e giudicamenti e fermamenti.
Part 75
17 Dell' altre parti della causa.
18 Trovate nella causa tutte queste cose, son poi
19 da considerare ciascuna parte della causa; ch' al ver
20 dire non si dee pur pensare prima ciò che ssi dee dicere
21 in prima; perciò che se le parole che sono da dire
1 in prima tu vuoli inforzatamente congiungere et adunare
2 colla causa, conviene che d' esse medesime traghe
3 quelle che sono da dire poi.
4 Sponitore.
5 Or dice Tullio: Dacché 'l parliere connosce la causa
6 et àe inteso ciò ch' elli n' àe insegnato per tutto il libro
7 insine a questo luogo, quando alcuna causa viene sopra
8 la quale convegna che dica, sì dee il buono parliere pensare
9 con molta diligenzia e considerare nella sua mente,
10 anzi che cominci a dire, tutte le parti della sua causa
11 insieme e non divise. Ché s' elli pensasse in prima pur
12 quella che prima sia da dire e non pensasse ch' elli dovesse
13 dire poi, senza fallo il suo cominciamento si discorderebbe
14 dal mezzo et il mezzo dalla fine.
15 Ma chi accorda
16 bene le sue parole colla natura della causa et in
17 innanzi pensa che ssi convenga dire davanti e che poi,
18 certo la comincianza fie tale che nne nascerà ordinatamente
19 il mezzo e la fine. Tutto altressì fae il buono drappiere,
20 che non pensa prima pur della lana, ma considera
21 tutto il drappo insieme anzi che llo cominci, e de' aver
1 la lana e 'l colore e la grandezza del drappo, e provedesi
2 di tutte cose che sono mistieri, e poi comincia e fae il
3 drappo.
Part 76
4 Di sei parti della diceria.
5 Per la qual cosa, quando il giudicamento e
6 quelli argomenti che bisognano di trovare al giudicamento
7 saranno diligentemente trovati secondo l' arte
8 e trattati con cura e con cogitatione, ancora sono da
9 ordinare l' altre parti della diceria, le quali pare a nnoi
10 al tutto che siano sei: Exordio, narrazione, partigione,
11 confermamento, riprensione e conclusione.
12 Sponitore.
13 Poi che Tullio sofficientemente à dimostrato la
14 chiarezza delle cause et àe comandato che 'l buono parliere
15 innanzi pensi tutte le parti della causa per accordare
16 il mezzo e la fine colla comincianza del suo dire,
17 sì che sia l' una parola nata dell' altra, sì dice esso medesimo
1 che poi che tutto questo ch' è fatto, e trovato il
2 giudicamento della causa e ciò che vi bisogna secondo i
3 comandamenti di rettorica (i quali si convengono trattare
4 con molto studio e con grande deliberazione); anco sopra
5 tutto questo si convengono pensare l' altre parti della diceria,
6 delle quali non è detto neente, e sono sei; e di
7 ciascuna per sé tratterà il libro interamente.
8 Lo sponitore chiarisce tutto ciò ch' è detto inn adietro.
9 Et sopra questo punto, anzi che 'l conto vada più
10 innanzi, piace allo sponitore di pregare il suo porto, per
11 cui amore è composto il presente libro non sanza grande
12 afanno di spirito, che 'l suo intendimento sia chiaro e lo
13 'ngegno aprenditore, e la memoria ritenente a intendere
14 le parole che son dette inn adietro e quelle che seguitano
15 per innanzi, sì che sia, come desidera, dittatore perfetto
16 e nobile parladore, della quale scienzia questo libro è lumiera
17 e fontana.
18 Et avegna che 'l libro tratti pur
19 sopra controversie et insegni parlare sopra le cose che
20 sono in tencione, et insegna cognoscere le cause e lle questioni,
21 e per mettere exempli dice sovente dell' accusato
22 e dell' accusatore, penserebbe per aventura un grosso intenditore
1 che Tullio parlasse delle piatora che sono in
2 corte, e non d' altro.
3 Ma ben conosce lo sponitore che
4 'l suo amico è guernito di tanto conoscimento ch' elli intende
5 e vede la propria intenzione del libro, e che lle
6 piatora s' apartengono a trattare ai segnori legisti; e che
7 rettorica insegna dire appostatamente sopra la causa
8 proposta, la qual causa no è pur di piatora né pur tra
9 accusato et accusatore, ma è sopra l' altre vicende, sì come
10 di sapere dire inn ambasciarie et in consigli de' signori
11 e delle comunanze et in sapere componere una lettera
12 bene dittata.
13 Et se Tullio dice che nelle dicerie intra
14 le parti sono le constituzioni e questioni e ragioni e giudicamento
15 e fermamento, ben si dee pensare un buono
16 intenditore che tuttodie ragionano le genti insieme di
17 diverse materie, nelle quali adiviene sovente che ll' uno
18 ne dice il suo parere e dicelo in un suo modo e l' altro
19 dice il contrario, sì che sono in tencione; e l' uno appone
20 e l' altro difende, e perciò quelli che appone contra l' altro
21 è appellato accusatore e quelli che difende èe appellato
22 accusato, e quello sopra che contendono è appellata
23 causa.
24 Onde se ll' uno appone e l' altro niega, al postutto
25 di questo non puote nascere questione se non di
26 sapere se quella cosa che niega elli l' à fatta o detta o no.
27 Ma quando l' uno appone e l' altro difende, sì è la causa
1 incominciata et ordinata tra lloro. Et questo è la constituzione
2 della quale nasce la questione, cioè se lla sua
3 difesa è a ragione o no; e poi ciascuno contende come
4 pare a llui per confermare le sue parole e per indebolire
5 quelle dell' altro, sì come appare per adietro nel trattato
6 della questione e della ragione e del giudicamento e del
7 fermamento.
8 Onde non sia credenza d' alcuno che,
9 sì come dicono li exempli messi inn adietro, che Orestes
10 fosse accusato in corte della morte di sua madre; ma
11 le genti ne contendeano intra loro, ché ll' uno dicea che
12 non avea fatto né bene né ragione, e questo è appellato
13 accusatore, un altro dicea in defensione d' Orestes ch' elli
14 avea fatto bene e ragione, e questo è appellato nel libro
15 accusato.
16 De' consiglieri.
17 Così aviene intra' consiglieri de' signori e delle comunanze,
18 che poi che sono asemblati per consigliare
19 sopra alcuna vicenda, cioè sopra alcuna causa la quale
20 è messa e proposta davanti loro, all' uno pare una cosa
21 et all' altro pare un' altra; e così è già fatta la constituzione
22 della causa, cioè ch' è cominciata la tencione tra
23 lloro, e di ciò nasce questione s' elli à ben consigliato o
24 no. Et questo è quello che Tullio appella questione.
1 perciò l' uno, poi ch' elli àe detto e consigliato quello che
2 llui ne pare, immantenente assegna la ragione per la
3 quale il suo consiglio èe buono e diritto. Et questo è quello
4 che Tullio appella ragione.
5 Et poi ch' elli àe assegnata
6 la cagione e la ragione per che, si sforza di mostrare
7 perché s' alcuno consigliasse o facesse il contrario
8 come sarebbe male e non diritto; e così infievolisce la
9 partita che è contra il suo consiglio; e questo è quello
10 che Tullio appella giudicamento.
11 Et poi ch' elli àe
12 indebolita la contraria parte, sì raccoglie tutti i fermissimi
13 argomenti e le forti ragioni che puote trovare per
14 più indebolire l' altra parte e per confermare la sua ragione;
15 e questo è quello che Tullio appella fermamento.
16 Et certo queste quattro parti, cioè questione, ragione,
17 giudicamento e fermamento, possono essere tutte
18 nella diceria dell' uno de' parlatori, sì come appare in ciò
19 ch' è detto di sopra. Et puote bene essere la sua diceria
20 pur dell' una, cioè pur infine alla questione, dicendo il
21 suo parere e non assegnando sopra ciò altra ragione. Et
22 puote bene essere pur di due, cioè dicendo il suo parere
23 et assegnando ragione per che. Et puote bene essere pur
24 di tre, cioè dicendo il suo parere et assegnando ragione
25 per che et indebolendo la contraria parte. Et puote essere
26 di tutte e quattro sì come fue dimostrato di sopra.
27 Quest' è la diceria del primo parliere. E poi ch' elli à
1 consigliato e posto fine al suo dire, immantenente si
2 leva un altro consigliere e dice tutto il contrario che àe
3 detto colui davanti; e così è fatta la constituzione, cioè
4 la causa ordinata, e cominciata la tencione; e sopra i
5 loro detti, che sono varii e diversi, nasce questione, se
6 colui avea bene consigliato o no. Poi dimostra la ragione
7 perché il suo consiglio è migliore. Apresso indebolisce il
8 detto e 'l consiglio di colui ch' avea detto dinanzi da llui;
9 e poi riconferma il consiglio suo per tutti i più fermi
10 argomenti che può trovare. Adunque le predette quattro
11 cose o parti possono essere nel detto del primo parliere
12 e nel detto del secondo e di ciascuno parlamentare.
13 Cosìe usatamente adviene che due persone si tramettono
14 lettere l' uno all' altro o in latino o in proxa o in
15 rima o in volgare o inn altro, nelle quali contendono
16 d' alcuna cosa, e così fanno tencione. Altressì uno amante
17 chiamando merzé alla sua donna dice parole e ragioni
18 molte, et ella si difende in suo dire et inforza le sue ragioni
19 et indebolisce quelle del pregatore. In questi et in
20 molti altri exempli si puote assai bene intendere che lla
21 rettorica di Tullio non è pure ad insegnare piategiare
1 alle corti di ragione, avegna che neuno possa buono advocato
2 essere né perfetto se non favella secondo l' arte di
3 rettorica.
4 Et ben è vero che llo 'nsegnamento ch' è scritto
5 inn adietro pare che ssia molto intorno quelle vicende che
6 sono in tencione et in contraversia tra alcune persone, le
7 quali contendano insieme l' uno incontra l' altro; e potrebbe
8 alcuno dicere che molte fiate uno manda lettera
9 ad altro ne la quale non pare che tencioni contra lui (altressì
10 come uno ama per amore e fa canzoni e versi della
11 sua donna, nelli quali non à tencione alcuna intra llui
12 e la donna), e di ciò riprenderebbe il libro e biasmerebbe
13 Tullio e lo sponitore medesimo di ciò che non dessero
14 insegnamento sopra ciò, maximamente a dittare lettere,
15 le quali si costumano e bisognano più sovente et a più
16 genti, che non fanno l' aringhiere e parlare intra genti.
17 Ma chi volesse bene considerare la propietà d' una
18 lettera o d' una canzone, ben potrebbe apertamente vedere
1 che colui che lla fa o che lla manda intende ad alcuna
2 cosa che vuole che sia fatta per colui a cui e' la manda.
3 Et questo puote essere o pregando o domandando o comandando
4 o minacciando o confortando o consigliando;
5 e in ciascuno di questi modi puote quelli a cui vae la lettera
6 o la canzone o negare o difendersi per alcuna scusa.
7 Ma quelli che manda la sua lettera guernisce di parole
8 ornate e piene di sentenzia e di fermi argomenti, sì come
9 crede poter muovere l' animo di colui a non negare, e,
10 s' elli avesse alcuna scusa, come la possa indebolire o instornare
11 in tutto. Dunque è una tencione tacita intra
12 loro, e così sono quasi tutte le lettere e canzoni d' amore
13 in modo di tencione o tacita o espressa; e se così no è,
14 Tullio dice manifestamente, intorno 'l principio di questo
15 libro, che non sarebbe di rettorica.
16 Ma tuttavolta,
17 o tencione o no tencione che sia, Tullio medesimo, luogo
18 innanzi, isforza i suoi insegnamenti in parlare et in dittare
19 secondo la rettorica; e là dove Tullio sine pasasse o
20 paresse che dica pur insegnamenti sopra dire tencionando,
21 lo sponitore isforzerà lo suo poco ingegno in dire
22 tanto e sì intendevolemente che 'l suo amico potrà bene
23 intendere l' una materia e l' altra.
24 Et ecco Tullio che
25 incomincia a dire di quelle partite della diceria o d' una
26 lettera dittata, delle quali non avea detto neente in
1 adietro: e queste parti sono sei, sì come apare in questo
2 arbore.
3 Queste sono le sei parti che Tullio mostra certamente
4 che sono nella diceria o nella pistola, specialmente in
5 quelle che sono tencionando, sì come appare nel detto
6 dello sponitore qui adietro; e, sì come detto fue in altra
7 parte di questo libro, Tullio reca tutta la rettorica alle
8 cause le quali sono in contraversia et in tencione. Et ben
9 dice tutto a certo che lle parole che non si dicono per
10 tencione d' una parte incontra un' altra non sono per forma
11 né per arte di rettorica.
12 Ma perciò che lla pistola,
13 cioè la lettera dettata, spessamente non è per modo di
14 tencionare né di contendere, anzi è uno presente che uno
15 manda ad un altro, nel quale la mente favella et è udito
16 colui che tace e di lontana terra dimanda et acquista la
17 grazia, la grazia ne 'nforza e l' amore ne fiorisce, e molte
1 cose mette inn iscritta le quali si temerebbe e non saprebbe
2 dire a lingua in presenzia; sì dirae lo sponitore
3 un poco dell' oppinione de' savi e della sua medesima in
4 quella parte di rettorica ch' apartene a dittare, sì come
5 promise al cominciamento di questo libro.
6 Et dice
7 che dittare è un dritto et ornato trattamento di ciascuna
8 cosa, convenevolemente aconcio a quella cosa. Questa è
9 la diffinizione del dittare, e perciò conviene intendere ciascuna
10 parola d' essa diffinizione. Unde nota che dice
11 «dritto trattamento» perciò che lle parole che ssi mettono
12 inn una lettera dittata debbono essere messe a
13 dritto, sicché s' accordi il nome col verbo, e 'l mascunino
14 e 'l feminino, e lo singulare e 'l plurale, e la prima persona
15 e la seconda e la terza, e l' altre cose che ssi 'nsegnano
16 in gramatica, delle quali lo sponitore dirà un poco
17 in quella parte del libro che fie più avenente; e questo
18 dritto trattamento si richiede in tutte le parti di rettorica
19 dicendo e dittando.
20 Et dice «ornato trattamento»
21 perciò che tutta la pistola dee essere guernita
22 di parole avenanti e piacevoli e piene di buone sentenze;
23 et anche questo ornato si richiede in tutte le parti di rettorica,
24 sì come fue detto inn adietro sopra 'l testo di
25 Tullio.
26 Et dice «trattamento di ciascuna cosa» perciò
27 che, sì come dice Boezio, ogne cosa proposta a dire puote
28 essere materia del dittatore; et in questo si divisa dalla
29 sentenzia di Tullio, che dice che lla materia del parliere
1 non è se non in tre cose, ciò sono dimostrativo, deliberativo
2 e iudiciale. Et dice «convenevolemente aconcio a
3 quella cosa» perciò che conviene al dittatore asettare le
4 parole sue alla sua materia. Et ben potrebbe il dittatore
5 dicere parole diritte et ornate, ma non varrebbero neente
6 s' elle non fossero aconcie alla materia.
7 Così è divisato
8 il dittatore da cciò che dice Tullio; e perciò di queste due
9 materie, cioè del dire e del dittare, e dello 'nsegnamento
10 dell' uno e dell' altro potrà l' amico dello sponitore prendere
11 la dritta via. Et per questo divisamento conviene che lle
12 parti della pistola si divisino da queste della diceria che
13 Tullio à detto che sono sei, ciò sono: exordio, narrazione,
14 partigione, confermamento, riprensione e conclusione.
15 I. È oppinione di Tullio che exordio sia la
16 prima parte della diceria, il quale apparecchia l' animo
17 dell' uditore a l' altre parole che rimagnono a dire, e questo
18 è appellato prologo della gente. II. Et dice che narrazione
19 è quella parte della diceria nella quale si dicono
20 le cose che sono essute o che non sono essute, come se
21 essute fossoro; e questo è quando uomo dice il fatto
22 sopra 'l quale esso ferma la forma della sua diceria.
23 III. Et dice che è partigione quando il parliere à narrato
24 e contato il fatto et e' sì viene partiendo la sua ragione
25 e quella dell' aversario e dice: «Questo fue così, e
26 quest' altro così»; et in questo modo acoglie quelle partite
1 che sono a llui più utili e più contrarie all' aversario, et
2 afficcale all' animo dell' uditore; et allora pare ch' al tutto
3 abbia detto tutto 'l fatto. IV. Et dice che confermamento
4 è quella parte della diceria nella quale il parlieri
5 reca argomenti et assegna ragioni per le quali agiugne
6 fede et altoritade alla sua causa. V. Et dice che riprensione
7 è quella parte della diceria nella quale il parliere
8 reca cagioni e ragioni et argomenti per li quali attuta
9 e menoma et indebolisce il confermamento dell' aversario.
10 VI. Et dice che conclusione è lla fine e 'l termine di tutta
11 la diceria.
12 Queste sono le sei parti che dice Tullio
13 che sono e debbono essere nella diceria; e di ciascuna
14 tratterà qua innanzi il libro sofficientemente. Ma in questo
15 ch' è detto puote uomo bene intendere che queste sei
16 medesime possono convenire inn una pistola, di tal materia
17 puote ella essere. Ma tuttavolta, di qualunque materia
18 sia, nelle tre di queste sei parti s' accorda bene la
19 pistola colla diceria, cioè nello exordio, narrazione e
20 nella conclusione; ma ll' altre tre, cioè partigione, confermamento
21 e reprensione, possono più lievemente rimanere
1 e non avere luogo nella pistola. Tutto altressì la pistola
2 àe cinque parti, delle quali l' una può bene rimanere e
3 non avere luogo nella diceria, cioè «salutatio»; l' autra,
4 cioè «petitio», avegnaché Tulio no· lla nominasse intra lle
5 parti della diceria, sì vi puote e dee avere luogo in tal
6 maniera ch' appena pare che diceria possa essere sanza
7 petizione. Dunque le parti della pistola sono cinque, ciò
8 sono salutazione, exordio, narrazione, petizione e conclusione,
9 sì come appare in questo arbore:
10 Et se alcuno domandasse per qual cagione Tullio intralasciò
11 la salutazione e non ne trattò nel suo libro, certo
12 lo sponitore ne renderà bene ragione in questo modo.
13 Certa cosa è che Tullio nel suo libro tratta delle dicerie
14 che ssi fanno in presenzia, nelle quali non bisogna di
15 contare il nome del parlieri né dell' uditore. Ma nella
1 pistola bisogna di mettere le nomora del mandante e del
2 ricevente, c' altrimente non si puote sapere a certo né
3 l' uno né l' altro. Apresso ciò, la salutazione pare che sia
4 dell' exordio; ché sanza fallo chi saluta altrui per lettera
5 già pare che cominci suo exordio. Et Tullio trattòe dello
6 exordio compiutamente, non curò di divisare della salutazione
7 né distendere il suo conto intorno le saluti, maximamente
8 perciò che pare che rechi tutta la rettorica a
9 parlare et in controversia tencionando.
10 Et in perciò
11 furo alcuni che diceano che lla salutazione non era parte
12 della pistola, ma era un titolo fuor del fatto. Et io dico
13 che la salutazione è porta della pistola, la quale ordinatamente
14 chiarisce le nomora e' meriti delle persone e
15 l' affezione del mandante. Et nota che dice «porta», cioè
16 entrata della pistola, e che chiarisce le nomora, cioè del
17 mandante e del ricevente; e dice «i meriti delle persone»,
18 cioè il grado e l' ordine suo, sì come a dire: «Innocenzio
19 papa »,«Federigo Imperadore »,«Acchilles cavaliere»,
20 «Oddofredi Judice», e così dell' altre gradora. Et dice
21 «ordinatamente», cioè che mette il nome e 'l grado di
22 ciascuno come s' aviene; e dice «l' affezione del mandante»,
23 cioè com' elli manda al ricevente salute o altra
24 parola di bene, o per aventura di male, secondo la sua
25 affezione, cioè secondo la sua volontade.
26 Adunque
27 pare manifestamente che lla salutazione è così parte della
1 pistola come l' occhio dell' uomo. Et se l' occhio è nobile
2 membro del corpo dell' uomo, dunque la salutazione è
3 nobile parte della pistola, c' altressì allumina tutta la lettera
4 come l' occhio allumina l' uomo. Et al ver dire, la
5 pistola nella quale non à salutazione è altrettale come la
6 casa che non à porta né entrata e come 'l corpo vivo che
7 non à occhi. Et perciò falla chi dice che salutazione è un
8 titolo fuor del fatto; anzi si scrive e s' inchiude e sugella
9 dentro; ma 'l titolo della pistola è la soprascritta
10 di fuori, la quale dice a cui sia data la lettera.
11 Ben
12 dico c' alcuna volta il mandante non scrive la salutazione,
13 o per celare le persone se lla lettera pervenisse
14 ad altrui o per alcun' altra cosa o cagione. Né non dico
15 che tutta fiata convenga salutare, ma o per desiderio
16 d' amore, o per solazzo, talora si mandano altre parole
17 che portano più incarnamento e giuoco che non fa a dire
18 pur salute. Et a' maggiori non dee uomo mandare salute,
1 ma altre parole che significhino reverenzia e devozione;
2 e talvolta no scrivemo a' nemici altro che lle nomora e
3 tacemo la salute, o per aventura mettemo alcuna altra
4 parola che significa indegnamento o conforto di ben fare
5 o altra cosa; sì come fa il papa che scrivendo a' giudei
6 o ad altri uomini che non sono della nostra catholica
7 fede o a' nemici della Santa Chiesa tace la salute, e talvolta
8 mette in quel luogo spirito di più sano consiglio o
9 connoscere la via della veritade o abundare inn opera di pietade
10 et altre simili cose.
11 Adunque provedere dee il buono dittatore che, similemente
12 come saluta l' uno uomo l' autro trovandolo in
13 persona, così il dee salutare in lettera mettendo et adornando
14 parole secondo che la condizione del ricevente richiede.
15 Ché quando uomo va davante a messer lo papa o
16 davante ad imperadore o a altro segnore ecclesiastico o
17 seculare, certo elli va con molta reverenzia et inchina la
18 testa, et alla fiata si mette in terra ginocchioni per basciare
19 il piede al papa o allo 'mperadore. Tutto altressì
20 dee lo dettatore nominare lo ricevente e la sua dignitade
21 con parole di sua onoranza e metterlo dinanzi; apresso
22 dee nominare sé medesimo e la sua dignitade, e poi dee
23 scrivere la sua affezione, cioè quello che desidera che
1 venga a colui che riceve la lettera, sì come salute o altro
2 che sia avenante, tuttavolta guardando che questa affezione
3 sia di quella guisa e di quelle parole che ssi convegnono
4 al mandante et al ricevente.
5 Ché quando
6 noi scrivemo a' maggiori di noi o di nostro paraggio o
7 di minore grado, noi dovemo mandare tali parole che
8 ssiano accordanti alle persone et allo stato loro. Et non
9 pertanto ch' io abbia detto che 'l nome del maggiore si
10 de' mettere dinanzi e del pare altressì, io òe ben veduto
11 alcuna fiata che grandi principi e signori scrivendo a
12 mercatanti o ad altri minori mettono dinanzi il nome di
13 colui a cui mandano, e questo è contra l' arte; ma fannolo
14 per conseguire alcuna utilitade. Perciò sia il dittatore
15 accorto et adveduto in fare la salutazione avenante
16 e convenevole d' ogne canto, sicché in essa medesima conquisti
17 la grazia e la benivoglienza del ricevente, sì come
18 noi dimostramo avanti secondo la rettorica di Tullio.
19 Et bene è questa materia sopr' alla quale lo sponitore
20 potrebbe lungamente dire e non sanza grande utilitade.
21 Ma considerando che lla subtilitade perché 'l verbo non
22 si mette nella salutazione, e che 'l nome del mandante
23 si mette in terza persona per significamento di maggiore
24 umilitade, e che tal fiata si scrive pur la primiera lettera
1 del nome, par che tocchi più a' dittatori in latino che 'n
2 volgare, sene passerà lo sponitore brevemente e seguirà
3 la materia di Tullio per dicere dell' altre parti della diceria
4 e di quelle della pistola, sì come porta l' ordine.
5 Et in questo luogo si parte il conto della salutazione,
6 e dirà dell' exordio in due guise: l' una secondo ciò che nne
7 dice Tullio e che pare che ss' apartegna a diceria, l' altra
8 secondo che ssi conviene ad una lettera dittata et ad
9 una medesima diceria, oltre quello che porta il testo
10 di Tullio.
Part 77
11 Exordio.
12 Et perciò che exordio dee essere principe di
13 tutti, e noi primieramente daremo insegnamenti in
14 fare exordio.
15 Sponitore.
16 Vogliendo Tullio trattare dell' exordio prima che
17 dell' altre parti della diceria, sì ll' apella principe dell' altre
18 parti tutte; e certo è de ragione: l' una perciò che ssi
19 mette e si dice tuttora davanti a l' autre, l' altra perciò che
1 nel exordio pare che noi aconciamo et apparecchiamo
2 l' animo dell' uditore ad intendere tutto ciò che noi volemo
3 dire di poi.
Part 78
4 Dell' exordio.
5 Exordio è un detto el quale acquista
6 convenevolemente l' animo dell' uditore all' altre parole
7 che sono a dire; la qual cosa averrà se farà l' uditore
8 benivolo, intento e docile. Per la qual cosa chi vorrà
9 bene exordire la sua causa, ad lui conviene diligentemente
10 procedere e conoscere davanti la qualitade della
11 causa.
12 Lo sponitore.
13 Poi che Tullio avea contate le parti della diceria,
14 sì vuole in questa parte trattare di ciascuna per sé divisatamente,
15 e prima dello exordio, del quale tratta in
16 questo modo: Primieramente dice che è exordio, mostrando
17 che tre cose dovemo noi fare nell' exordio, cioè
18 fare che ll' uditore davanti cui noi dicemo sia inver noi
19 benivolente et intento e docile a cciò che noi volemo
20 dire. Et perciò ne conviene connoscere la qualitade del
21 convenente sopra 'l quale noi dovemo dire o dittare.
22 Nel secondo luogo divide l' exordio in due parti, cioè
23 principio et «insinuatio», e mostrane in qual convenentre
1 noi dovemo usare principio et in quale «insinuatio».
2 Nel terzo luogo ne fa intendere donde noi potemo
3 trarre le ragioni per acquistare benivoglienza et intenzione
4 e docilitade, e come noi dovemo queste tre usare
5 in quello exordio ch' è appellato principio e come in quello
6 ch' è appellato «insinuatio».
7 Nel quarto luogo pone
8 le virtù e' vizi dell' exordio.
9 Et perciò dice che exordio
10 è uno adornamento di parole le quali il parlieri e 'l dittatore
11 propone davanti nel cominciamento del suo dire
12 in maniera di prolago, per lo quale si sforza di dire e
13 di fare sì che l' uditore sia benivolo verso lui, cioè che lli
14 piaccia esso e 'l suo parlamento, e procacciasi di dire
15 e di fare sì che l' uditore sia intento a llui et al suo detto;
16 similemente si studia di dire e di fare sì che ll' uditore
17 sia docile, cioè che prenda et intenda la forza delle parole.
18 Et perciò dico che immantenente che ll' uditore
19 è docile sicché voglia intendere e connoscere la natura
20 del fatto e la forza delle parole, sì è elli intento; ma
21 perché l' uditore sia intento a udire, puote bene essere
22 che non sia docile ad intendere. Et di ciascuno di questi
23 tre dirà il conto quando verrà il suo luogo.
24 Ma perciò
25 che 'l parliere che non conosce dinanzi di che maniera e
26 di chente ingenerazione sia la sua causa non puote bene
27 advenire alle tre cose che sono dette inn adietro, cioè
28 che ll' uditore sia benivolo, intento e docile, sì dicerà
1 Tullio quante e quali sono le generazioni delle cause, in
2 questo modo:
Part 79
3 Qualitadi delle cause.
4 Le qualitadi delle cause sono cinque: onesto,
5 mirabile, vile, dubitoso et oscuro.
6 Sponitore.
7 In questa picciola parte nomina Tullio le qualitadi
8 delle cause, cioè di quante generazioni sono le dicerie.
9 Et s' alcuno m' aponesse che Tullio dice contra ciò che esso
10 medesimo avea detto in adietro, cioè che le generazioni e
11 le qualitadi sono tre, deliberativo, dimostrativo e iudiciale,
12 et or dice che sono cinque, cioè onesto, mirabile, vile, dubitoso
13 et oscuro, io risponderei che lle primiere tre sono
14 qualitadi substanziali sìe incarnate alla causa che non si
15 possono variare. Onde quella causa ch' è deliberativa non
16 puote essere non deliberativa, e quella ch' è dimostrativa
17 non puote essere non dimostrativa; altressì dico della iudiciale.
18 Ma quella causa ch' è onesta puote bene essere
19 non onesta, e quella ch' è mirabile puote essere non mirabile,
20 e così dico della vile e della dubbiosa e della oscura.
21 Adunque sono queste qualitadi accidentali che possono
22 essere e non essere; ma le prime tre sono substanziali
23 che non si possono mutare.
Part 80
1 Dell' onesta.
2 Onesta qualitade di causa è quella la quale
3 incontanente, sanza nostro exordio, piace all' animo
4 dell' uditore.
5 Lo sponitore.
6 Quella causa è onesta sopr' alla quale dicendo parole,
7 immantenente, sanza fare prolago, l' animo dell' uditore
8 si muove a credere et a piacere le parole che 'l parliere
9 dice sopra 'l convenente; et in questo non fa bisogno
10 usare parole per acquistare la benivoglienza dell'
11 uditore, perciò che ll' onestade della causa l' à già acquistata
12 per sua dignitade, sì come nella causa di colui che
13 accusa il furo o che difende il padre o l' orfano o le vedove
14 o le chiese.
Part 81
15 Mirabile.
16 Mirabile è quello dal quale è straniato l' animo
17 di colui che de' audire.
18 Sponitore.
19 Quella causa è appellata mirabile la quale è di tale
20 convenente che dispiace all' uditore, perciò ch' è di sozza
21 e di crudele operazione. Et perciò l' animo dell' uditore è
22 contra noi et è straniato dalla nostra parte; et in questo
1 abisogna d' acquistare benivolenzia sì che l' uditore intenda,
2 sì come nella causa di colui c' avesse morto il suo
3 padre o fatto furto o incendio.
4 Dunque potemo intendere
5 che una medesima causa puote essere onesta e
6 mirabile: onesta dall' una parte, cioè di colui che difende
7 il suo padre, mirabile dall' altra parte, cioè di colui medesimo
8 che è contra la sua madre propia. E di questo
9 uno exemplo si puote intendere tutti i somiglianti.
Part 82
10 Del vile.
11 Vile è quello del quale non cura l' uditore e non
12 pare che sia da mettere grande opera a intendere.
13 Lo sponitore.
14 Quella causa è appellata vile la quale è di picciolo
15 convenente, sì che non pare che ne sia molto da curare e
16 l' uditore non sine travaglia molto ad intendere, sì come
17 la causa d' una gallina o d' altra cosa che sia di poco valere.
18 Et in questa causa dovemo noi procacciare di fare
19 sì che ll' uditore sia intento alle nostre parole.
Part 83
20 Dubitoso.
21 Dubitoso è quello nel quale o la sentenzia è
22 dubia o la causa è in parte onesta et in parte è sozza
23 e disonesta, sicché ingenera benivolenzia e offensione.
1 Sponitore.
2 Quella causa è appellata dubitosa nella quale l' uditore
3 non è certo a che la cosa debbia pervenire o a che
4 sentenzia alla fine torni, sì come nella causa d' Orestes
5 che dicea ch' avea morta la sua madre giustamente per
6 due ragioni: l' una perciò ch' ella avea morto il suo padre,
7 l' altra perciò che 'l deo Apollo glile comandò. Onde l' uditore
8 non è certo la quale di queste due cagioni cagia in
9 sentenzia.
10 Altressì è dubitosa quella causa nella quale
11 àe parte d' onestade e perciò piace all' uditore, et àe parte
12 di disonestade e perciò dispiace all' uditore, sì come nella
13 causa de filio: d' un furo che fue accusato d' un furto
14 e 'l suo figliuolo si sforzava di difenderlo in tutte guise.
15 Certo la causa era onesta quanto in difender lo padre, ma
16 era disonesta quanto in difendere lo furo.
Part 84
17 Dell' oscuro.
18 Oscuro è quello nel quale l' uditore è tardo, o
19 per aventura la causa è impigliata di convenenti troppo
20 malagevoli a conoscere.
1 Lo sponitore.
2 Dice Tullio che quella causa è appellata oscura
3 nella quale l' uditore è tardo, cioè che non intende ciò che
4 portano le parole del dicitore sì bene né sì tosto come
5 si conviene, perciò che non è forse ben savio o forse ch' è
6 fatigato per li detti d' altri parlieri che aveano detto innanzi;
7 o per aventura la causa è impigliata di cose e di
8 ragioni che sono oscure e malagevoli ad intendere.
Part 85
9 Della divisione dell' exordio.
10 Et perciò che lle qualitadi delle cause sono
11 tanto diverse, sì convene che li exordii siano diversi
12 e dispari e non simili in ciascuna qualitade di cause;
13 per la qual cosa exordio si divide in due parti, ciò
14 sono principio et «insinuatio».
15 Lo sponitore.
16 Perciò - dice Tullio - che le generazioni e le qualitadi
17 delle cause sono tanto diverse, cioè che sono in
18 cinque modi sì come detto è qui di sopra, e l' uno modo
1 non è accordante all' altro, sì conviene che in ciascuna
2 qualità di cause et in catuno de' detti cinque modi abbia
3 suo modo di fare exordio, tale che ssi convegna alla qualitade
4 sopr' alla quale noi dovemo parlamentare o dittare.
5 Et vogliendo Tullio insegnare ciò apertamente, sì dice
6 che exordio è di due maniere: una ch' è appellata principio
7 et un' altra ch' è appellata «insinuatio»; e di ciascuna
8 dirà elli interamente. E così dovemo e potemo sapere
9 che le cause sopra le quali dice alcuno parlieri o
10 sopra le quali scrive alcuno dittatore sono cinque, cioè
11 sono: onesto, mirabile, vile, dubitoso et oscuro, sì come
12 apare in adietro. Et sopra tutte qualitadi sono due modi
13 de exordio e non più, cioè principio et «insinuatio».
Part 86
14 Del principio.
15 Principio è un detto il quale apertamente et in
16 poche parole fa l' uditore benivolo o docile o intento.
17 Lo sponitore.
18 Quella maniera de exordio è appellata principio
19 quando il parlieri o 'l dittatore quasi incontanente
20 alla comincianza del suo dire, sanza molte parole e
1 sanza neuno infingimento ma parlando tutto fuori et apertamente,
2 fa l' animo dell' uditore benvolente a llui et alla
3 sua causa, o talora il fa docile o intento, sì come fece
4 Pompeio parlando a' Romani sopra 'l convenente della
5 guerra con Julio Cesare, che fece tale exordio: «Perciò
6 che noi avemo il diritto dalla nostra parte e combattemo
7 per difendere la nostra ragione e del nostro comune, sì
8 dovemo noi avere sicura speranza che li dii saranno in
9 nostro adiuto».
Part 87
10 Dell' insinuatio.
11 Insinuatio è un detto il quale, con infingimento
12 parlando dintorno, covertamente entra nell' animo dell'
13 uditore.
14 Lo sponitore.
15 Tullio dice che quella maniera de exordio è appellata
16 «insinuatio» quando il parlieri o 'l dittatore fa dinanzi
17 un lungo prolago di parole coverte, infingendo di volere
18 ciò che non vuole, o di non volere quello che dee volere,
1 e così va dintorno con molte parole per sorprendere l' animo
2 dell' uditore sì che sia benevolo o docile o intento; sì come
3 disse Sino parlando a coloro che riteneano la sua persona
4 in gravosi tormenti: «Insin a ora v' ò io pregato che mi
5 traeste di tante pene; oimai non dimando se non la morte,
6 ma grandissimi tesauri avrei dato a chi m' avesse scampato».
7 Et in questo modo covertamente s' infingea di non
8 volere quello che volea, per venire in animo di loro che llo
9 scampassero per avere, da che mercé non valea.
10 Et
11 cosìe à divisato il conto che è principio e che è «insinuatio»;
12 omai dicerà quale di questi due modi de exordio
13 dovemo usare in ciascuno de' cinque modi delle cause,
14 cioè nell' onesto, nel vile, nel mirabile, nel dubitoso e
15 nell' oscuro.
Part 88
16 Della mirabile.
17 Nella mirabile generazione di causa, se ll' uditore
18 non fosse al tutto turbato contra noi, ben potemo
19 acquistare benivoglienza per principio. Ma s' ei troppo
20 malamente fosse straniato ver noi, allora ne conviene
21 rifuggire a «insinuatio», in però che volere così isbrigatamente
22 pace e benivoglienza dalle persone adirate non
23 solamente non si truova, ma cresce et infiamasi l' odio.
1 Lo sponitore.
2 Inn adietro è bene detto che quella causa è appellata
3 mirabile la quale è di rea operazione, sicché pare che
4 dispiaccia all' uditore. Et perciò dice Tullio che quando la
5 nostra causa è mirabile puote bene essere alcuna fiata
6 che ll' uditore non sia del tutto coruccioso contra noi. Et
7 allora potemo noi acquistare la sua benivolenza per quel
8 modo de exordio ch' è appellato principio, cioè dicendo
9 un breve prologo in parole aperte e poche.
10 Ma se ll' uditore
11 fosse adiroso e curicciato contra noi malamente, certo
12 in quel caso ne conviene ritornare ad altro modo de
13 exordio, cioè «insinuatio», e fare un bel prologo di parole
14 infinte e coverte, sicché noi possiamo mitigare l' animo
15 suo et acquistare la sua benivolenza e ritornare in suo
16 piacere. Ch' al ver dire, quando l' uditore èe adirato e curiccioso,
17 chi volesse acquistare da llui pace così subitamente
18 per poche et aperte parole dicendo il fatto tutto
19 fuori, certo non la troverebbe, ma crescerebbe l' ira et infiamerebbe
20 l' odio; e perciò dee andare dintorno et entrarli
21 sotto covertamente.
Part 89
1 Della causa vile.
2 Nella causa la quale è di vile convenente, per
3 cagione di trarrela di vilanza e di dispetto, ne conviene
4 fare l' uditore intento.
5 Lo sponitore.
6 Quando la nostra causa ella è vile, cioè di piccolo
7 convenente sicché l' uditore poco cura d' intendere, allora
8 ne conviene usare principio et in esso fare che ll' uditore
9 sia intento alle nostre parole; e questo potemo ben fare
10 traendola di viltanza e facciendola grande et innalzandola,
11 sì come fece Virgilio volendo trattare de l' api: «Io
12 dicerò cose molto meravigliose e grandi delle picciole api».
Part 90
13 Della dubbiosa qualità.
14 Nella dubbiosa qualità di causa, se lla sentenza
15 è dubbia si conviene incominciare l' exordio dalla sentenzia
16 medesima. Ma se lla causa è in parte onesta
17 e in parte disonesta si conviene acquistare benivolenzia,
18 sicché paia che tutta la causa ritorni in onesta
19 qualitade.
1 Lo sponitore.
2 La causa dubitosa, sì come fue detto in adietro, èe
3 in due maniere: l' una che lla sentenzia è dubbia, sì come
4 apare nell' exemplo d' Orestes, che per due ragioni e cagioni
5 dicea ch' avea ben fatto d' uccidere la madre. Et in
6 quel caso dovea elli incuninciare il suo exordio da quella
7 ragione dalla quale elli più ferma nel suo animo di voler
8 provare, e per la quale crede avere la sentenzia inn aiuto.
9 Ma se 'l convenente è dubitoso perciò che sia in parte
10 onesto et in parte disonesto, in quello caso dee il buono
11 parlieri nell' exordio acquistare la benivolenzia dell' uditore
12 per principio, sicché tutta la causa paia che sia onesta.
Part 91
13 La causa onesta.
14 Quando la causa fie onesta, o potemo intralasciare
15 lo principio, o, se ne pare convenevole, comincieremo
16 alla narrazione o dalla legge, o d' alcuna fermissima
1 ragione della nostra diceria. Ma se ne piace usare
2 principio, dovemo usare le parti di benivoglienza per
3 accrescere quella che è.
4 Lo sponitore.
5 Quando il conveniente sopra 'l quale ne conviene
6 dire è onesto, certo per la natura del fatto propia avemo
7 noi la benivoglienza dell' uditore sanza altro adornamento
8 di parole. Perciò quando noi venimo a dire noi
9 potemo bene intralasciare lo principio e non fare neuno
10 exordio né prolago di parole, e cominciare la nostra diceria
11 alla narrazione, cioè pur dire lo fatto; e bene potemo
12 cominciare da quella legge che tocca alla nostra
13 materia o da quella ragione che sia più fermo argomento
14 e più certo.
15 Ma se nne piace usare principio e fare
16 alcuno prologo, certo noi lo potemo bene, non per acquistare
17 benivolenza ma per crescere quella che v' è. Et
18 perciò in detto caso il nostro principio dee essere in parole
19 apropiate a benivolenza.
Part 92
1 Della causa obscura.
2 Nella causa la quale è oscura conviene
3 che nel nostro principio noi facciamo che ll' uditore
4 sia docile.
5 Lo sponitore.
6 In adietro fue dimostrato qual causa e quando sia
7 oscura. Et perciò dice Tullio che nella causa la quale sia
8 oscura all' uditore a intendere noi dovemo usare quella
9 parte de exordio la quale è appellata principio, et in
10 quello dovemo noi sì dire che ll' uditore sia docile, cioè
11 ch' elli intenda e ch' elli senta la natura del fatto, in questo
12 modo: che noi diremo in poche parole sommatamente
13 la sustanzia del fatto dell' una parte e dell' altra. Et poi
14 che noi vedremo che ll' uditore sia apparecchiato in via
15 d' intendere il fatto, noi andremo innanzi a dire la nostra
16 ragione sì come si conviene al fatto.
Part 93
1 Le ragioni delle cose.
2 Et perciò che infin ad ora noi avemo detto che
3 ssi conviene fare nell' exordio, oimai rimane a dimostrare
4 per quali ragioni ciascuna cosa si possa fare.
5 Sponitore.
6 Infino a questo luogo à insegnato Tullio tutto ciò
7 che ssi conviene dire o fare nello exordio; e perciò ch' elli
8 àe detto in quale exordio ed in qual causa ne conviene
9 usare parole per acquistare benivolenza, sì vuole elli da
10 qui innanzi mostrare le ragioni come si puote ciò fare;
11 e questo insegnamento fa bene di sapere.
Part 94
12 De' quattro luoghi della temperanza.
13 Benivolenza s' acquista di quatro luogora: dalla
14 nostra persona, da quella de' nostri adversarii, da
15 quella delli giudici e dalla causa.
16 Lo sponitore.
17 In questa parte insegna Tullio acquistare benivolenza,
18 e perciò ch' ella non si puote avere se non per quello
19 che ss' apartiene alle persone et al fatto, sì dice che quattro
1 luogora sono dalle quali muove benivolenza. Il primo
2 luogo si è la nostra persona e di coloro per cui noi dicemo.
3 Il secondo luogo si è la persona de' nostri adversarii
4 e di coloro contra cui noi dicemo. Il terzo luogo si
5 è la persona de' giudici, cioè la persona di coloro davanti
6 da cui noi dicemo. Il quarto luogo si è la causa e 'l fatto
7 e 'l convenente sopra 'l quale noi dicemo. E di ciascuno
8 di questi dicerà il conto ordinatamente e sofficientemente.
Part 95
9 Tullio sopra lo prolago.
10 Dalla nostra persona se noi dicemo sanza superbia
11 de' nostri fatti e de' nostri officii; e se noi ne
12 leviamo le colpe che nne sono apposte e le disoneste
13 sospeccioni; e se noi contiamo i mali che nne sono
14 advenuti et li 'ncrescimenti che nne sono presenti; e
15 se noi usiamo preghiera o scongiuramento umile et
16 inclino.
17 Sponitore.
18 Conquistare benivolenza dalla nostra persona si è
19 dicere della persona nostra, o di coloro per cui noi dicemo,
1 quelle pertenenze per le quali l' uditore sia benivolo verso
2 noi. Et sappie che certe cose s' apartengono alle persone
3 e certe alla causa; e di queste pertinenze tratterà il conto
4 sofficientemente, e fie molto bella et utile materia ad
5 imprendere. Et qui pone Tullio quattro modi d' acquistare
6 benivolenza dalla nostra persona.
7 Il primo modo
8 si è se noi dicemo sanza soperbia, dolcemente e cortesemente,
9 de' nostri fatti e de' nostri officii. Et intendi
10 che dice «fatti» quelli che noi facemo non per distretta
11 di legge o per forza, ma per movimento di natura. Et
12 così dicendo Dido d' Eneas acquistò la benivolenza degli
13 uditori: «Io» dice ella, «accolsi e ricevetti in sicura magione
14 colui ch' era cacciato in periglio di mare, et quasi
15 anzi ch' io udisse il nome suo li diedi il mio reame». Et
16 così dice che ella si mosse a pietade sopra Eneas quando
17 elli fugía dalla distruzione di Troia.
18 Et al ver dire
19 noi avemo merzé e pietade delle strane genti per natura,
20 non per distretta. Ma offici sono quelle cose le quali noi
21 facemo per distretta, non per movimento di natura.
22 Onde dice Tullio che dell' uno e dell' altro dovemo dire
23 temperatamente sanza superbia.
24 Il secondo modo si
25 è se noi ne leviamo da dosso a noi et a' nostri le colpe
1 e le disoneste sospeccioni che cci sono messe et apposte
2 sopra; et intendi che colpe sono appellati que' peccati
3 che sono apposti altrui apertamente davanti al viso, sì
4 come fue apposto a Boezio ch' elli avea composte lettere
5 del tradimento dello 'mperadore. Il quale peccato removeo
6 elli per una pertenenza di sua persona, cioè per
7 sapienza, dicendo così: «Delle lettere composte falsamente
8 che convien dire? la froda delle quali sarebbe
9 manifestamente paruta se noi fossimo essuti alla confessione
10 dell' accusatore».
11 Le disoneste sospeccioni sono
12 le colpe ch' altre pensa in contra ad un altro, ma no· lle
13 pone davante al viso, sì come molti pensavano che Boezio
14 adorasse i domoni per desiderio d' avere le dignitadi; e
15 questa sospeccione si levò elli parlando alla Filosofia,
16 che disse: «Mentiro che pensaro ch' io sozzasse la mia
17 coscienza per sacrilegio (o per parlamento de' mali spiriti).
18 Ma tu, Filosofia, commessa in me cacciavi del mio animo
19 ogne desiderio delle mortali cose». Et così parve che volesse
20 dire: «Poi che in me avea sapienzia, non era da
21 credere che in me fosse così laido fallimento». Tutto altressì
22 Elena, vogliendosi levare la sospeccione che 'l suo
23 marito avea di lei, disse: «Elli che ssi fida in me della
24 vita, dubita per la mia biltade; ma cui assicura prodezza
25 non dovrebbe impaurire l' altrui bellezza».
1 modo è se noi contiamo i mali che sono advenuti e li
2 'ncrescimenti che sono presenti. Così Boezio, contando
3 ciò ch' avenuto era, acquistò la benivolenza dell' uditore
4 dicendo: «Per guidardone della verace vertude soffero
5 pene di falso incolpamento». Et Dido, dicendo i suoi
6 mali dopo il dipartimento d' Eneas, acquistò la benivolenza
7 per la sua misaventura, e disse: «Io sono cacciata
8 et abandono il mio paese e lla casa del mio marito e vo
9 fuggendo per gravosi cammini in caccia de' nemici». Altressì
10 Julio Cesare, vedendosi in perillio di guerra, contò
11 i mali c' a llui poteano advenire, per confortare i suoi a
12 battaglia, e disse: «Ponete mente alle pene di Cesare,
13 guardate le catene e pensate che questa testa è presta
14 a' ferri e' membri a spezzamento».
15 Il quarto modo è
16 se noi usiamo preghiera o scongiuramento umile et inclino,
17 cioè devotamente e con reverenza chiamare merzede
18 con grande umilitade. Et intendi che preghiera è appellata
19 sanza congiuramento. Verbigrazia: Pompeio, vegiendosi
20 alla pugna della mortal guerra di Cesare, confortando
21 i suoi di battaglia disse: «Io vi priego de' miei
22 ultimi fatti e delli anni della mia fine, perché non mi
23 convenga essere servo in vecchiezza, il quale sono usato
24 di segnoreggiare in giovane etade». Et queste preghiere
1 talfiata sono aperte, sì come quelle di Pompeio, talfiata
2 sono ascose, sì come quelle di Dido in queste parole ch' ella
3 mandò ad Eneas: «Io» disse ella «non dico queste parole
4 perch' io ti creda potere muovere; ma poi ch' io ao
5 perduto il buon pregio e la castitade del corpo e dell'
6 animo, non è gran cosa a perdere le parole e le cose vili».
7 Ma scongiuramento è quando noi preghiamo alcuna
8 persona per Dio o per anima o per avere o per parenti
9 o per altro modo di scongiurare, sì come Dido fece ad
10 Eneas: «Io ti priego» disse ella «per tuo padre, per le
11 lance e per le saette de' tuoi fratelli e per li compagnoni
12 che teco fuggiro, per li dei e per l' altezza di Troia» etc..
13 Or à detto il conto del primo luogo donde muove la
14 benivolenza, cioè della nostra persona e di coloro che
15 sono a noi; omai dirà il secondo luogo, cioè della persona
16 delli adversarii e di coloro contra cui noi dicemo.
Part 96
1 Sopra il secondo prolago.
2 Dalla persona delli aversarii se noi li mettemo
3 inn odio o invidia o in dispetto.
4 Lo sponitore.
5 Acquistare benivolenza dalla persona de' nostri adversarii
6 si è dire delle loro persone quelle pertenenze per
7 le quali l' uditore sia a noi benivolo et contra l' aversario
8 malivolo; et a cciò fare pone Tulio tre modi: Il primo
9 modo è dicere le pertenenze delle loro persone per le
10 quali siano inn odio dell' uditori; il secondo che siano in
11 loro invidia; il terzo che siano in loro dispetto; e di ciascuno
12 di questi tre modi dirà il testo bene et interamente.
Part 97
13 Tullio.
14 Inn odio saranno messi dicendo com' ellino ànno
15 fatta alcuna cosa isnaturatamente o superbiamente o
16 crudelmente o maliziosamente.
17 Sponitore.
18 Noi potemo i nostri adversarii mettere inn odio dell'
19 uditore se noi dicemo ch' elli ànno alcuna cosa fatta isnaturalmente,
20 contra l' ordine di natura, sì come mangiare
1 carne umana et altre simili cose delle quali lo sponitore
2 si tace presentemente. O se noi dicemo ch' elli abian fatto
3 superbiamente, cioè non temendo né curando de' signori
4 né de' maggiori, avendoli per neente. O se noi dicemo
5 ch' elli abbiano fatto crudelmente, cioè non avendo pietà
6 né misericordia de' suoi minori né di persone povere, inferme
7 o misere. O se noi dicemo ch' elli abbiano fatto
8 maliziosamente, cioè cosa falsa e rea, disleale, disusata e
9 contra buono uso.
10 Et di tutto questo avemo exemplo
11 nelle parole che Boezio dice contra Nero imperadore:
12 «Ben sapemo quante ruine fece ardendo Roma, tagliando
13 i parenti et uccidendo il fratello e sparando la madre».
14 Altressì fue malizioso fatto il qual racconta Eurifiles di
15 Medea, che stava scapigliata tra' monimenti e ricogliea
16 ossa di morti.
17 Omai à detto lo sponitore sopra 'l testo
18 di Tullio come noi potemo mettere il nostro adversario
19 in odio et in malavoglienza dell' uditore. Da quinci innanzi
20 dicerà come noi li potemo mettere in loro invidia.
Part 98
1 Tullio.
2 In invidia dicendo la loro forza, la potenza, le
3 ricchezze, il parentado e le pecunie, e la loro fiera
4 maniera da non sofferire, e come più si confidano
5 in queste cose che nella loro causa.
6 Sponitore.
7 Noi potemo conducere i nostri adversarii in invidia
8 et in disdegno dell' uditore se noi contiamo la forza del
9 corpo e dell' animo loro ad arme e senza arme, et la potenza,
10 cioè le dignitadi e le signorie, e le ricchezze, cioè
11 servi, ancille e posessioni, e 'l parentado, cioè schiatta,
12 lignaggio e parenti e seguito di genti, e le pecunie, cioè
13 denari, auro et argento, in cotal modo che noi diremo
14 come ' nostri adversarii usano queste cose malamente et
15 increscevolemente con male e con superbia, tanto che sofferire
16 non si puote.
17 Così disse Salustio a' Romani:
18 «Ben dico che Catellina è estratto d' alto lignaggio et à
19 grande forza di cuore e di corpo, ma tutto suo podere
20 usa in tradimenti e distruzioni di terre e di genti». Così
21 disse Catellina contra ' Romani: «Appo loro sono li onori
22 e le potenzie, ma a nnoi ànno lasciati i pericoli e le povertadi».
1 Et ora è detto della invidia contra i nostri
2 adversarii; sì dicerà il conto come noi li potemo mettere
3 in dispetto.
Part 99
4 Tullio.
5 In dispetto degli uditori saranno messi dicendo
6 che siano sanza arte, neghettosi, lenti, e che studiano
7 in cose disusate e sono oziosi in luxuria.
8 Sponitore.
9 Noi potemo mettere i nostri adversarii in dispetto
10 degli uditori, cioè farli tenere a vile et a neente, se noi
11 diremo che sono uomini nescii sanza arte e sanza senno,
12 da neuno uopo e da neuna cosa; o che sono neghettosi,
13 che tuttora si stanno e dormono e non si muovono se non
14 come per sonno; o diremo che sono lenti e tardi a tutte
15 cose; o diremo che studiano in cose che non sono da neuno
16 uso né d' alcuna utilitade; o diremo che sono oziosi in luxuria
17 dando forza et opera in troppo mangiare, inn
18 ebriare, in meretrici, in giuoco et in taverne.
19 Et ora
20 à detto il conto come noi potemo acquistare la benivolienza
1 dell' uditore dalla persona de' nostri adversarii
2 mettendoli inn odio et in invidia et in dispetto, et à
3 insegnato come si puote ciò fare. Omai tornerà alla materia
4 per dire come s' acquista benivolenzia dalla persona
5 dell' uditore, e questo è il terzo luogo.
Part 100
6 La benivolenza dell' uditore.
7 Dalla persona dell' uditori s' acquista benivolenza
8 dicendo che tutte cose sono usati di fare fortemente
9 e saviamente e mansuetamente, e dicendo quanto
10 sia di coloro onesta credenza e quanto sia attesa la
11 sentenza e l' autoritade loro.
12 Lo sponitore.
13 Noi potemo acquistare la benivolenza delli uditori
14 dicendo le buone pertenenze delle loro persone e lodando
15 le loro opere per fortezza e per franchezza e per prodezza,
16 per senno e per mansuetudine, cioè per misurata umilitade,
17 e dicendo come la gente crede di loro tutto bene
1 et onestade, e come la gente aspetta la loro sentenza
2 sopra questo fatto, credendo fermamente che fie sì giusta
3 e di tanta autoritade che in perpetuo si debbia così oservare
4 nei simili convenenti.
5 Di forte fatto Tulio lodò
6 Cesare dicendo: «Tu ài domate le genti barbare e vinte
7 molte terre e sottoposti ricchi paesi per tua fortezza».
8 Di senno il lodò e' medesimo parlando di Marco Marcello:
9 «Tu nell' ira, la quale è molto nemica di consellio,
10 ti ritenesti a consellio».
11 Di mansueto fatto il lodò
12 Tulio dicendo: «Tu nella vittoria, la quale naturalmente
13 adduce superbia, ritenesti mansuetudine».
14 D' onesta
15 credenza il lodò Tullio in questo modo: Cesare volle alcuna
16 fiata male a Tullio, ma tutta volta lo ritenne in sua
17 corte; e non pertanto Tullio era sì turbato in sé medesimo
18 che non potea intendere a rettorica sì come solea,
19 insin a tanto che Cesare non li rendeo sua grazia. Et in
20 ciò disse Tullio: «Tu ài renduto a me et alla mia primiera
21 vita l' usanza che tolta m' era, ma in tutto ciò
22 m' avevi lasciata alcuna insegna per bene sperare»; e
23 questo dicea perché l' avea ritenuto in corte, sicché tuttora
24 avea buona credenza.
25 D' attendere la sua buona sentenza
26 lodò Tullio Cesare parlando di Marco Marcello:
1 «La sentenza ch' è ora attesa da te sopra questo convenente
2 non tocca pure ad una cosa, ma à ad convenire
3 a tutte le somiglianti, perciò che quello che voi giudicarete
4 di lui atterranno tutti li altri per loro.»
5 Or
6 è detto come s' acquista benivolenzia dalle persone delli
7 uditori; sì dirà Tullio com' ella s' acquista dalle cose.
Part 101
8 La benivolenza delle cose.
9 Da esse cose se noi per lode innalzeremo la
10 nostra causa, per dispetto abasseremo quella delli
11 adversarii.
12 Sponitore.
13 Noi potemo avere la benivolenza dell' uditori da esse
14 cose, cioè da quelle sopra le quali sono le dicerie, dicendo
15 le pertenenze di quelle cose in loda della nostra parte et in
16 dispetto et in abassamento dell' altra; sì come disse Pompeio
17 confortando la sua gente alla guerra di Cesare: «La
18 nostra causa piena di diritto e di giustizia, perciò ch' ella
19 è migliore che quella de' nemici, ne dà ferma speranza
1 d' avere Dio in nostro adiuto».
2 Et omai à divisato
3 il conto le quattro luogora delle quali si coglie et acquista
4 la benivoglienza, molto apertamente et a compimento;
5 sì ritornerà a dire come noi potemo fare l' uditore
6 intento.
Part 102
7 Di fare l' uditore intento.
8 Intenti li faremo dimostrando che in ciò che
9 noi diremo siano cose grandi o nuove o non credevoli,
10 o che quelle cose toccano a tutti o a coloro che ll' odono
11 o ad alquanti uomini illustri, ai dei immortali, a grandissimo
12 stato del comune, o se noi profferremo di
13 contare brevemente la nostra causa, o se noi proporremo
14 la giudicazione, o le giudicazioni se sono
15 piusori.
16 Sponitore.
17 Avendo Tullio dato intero insegnamento d' acquistare
18 la benivolenza di quelle persone davante cui noi
1 proponemo le nostre parole, sì che l' animo s' adirizzi et
2 invii in piacere di noi e della nostra causa e che siano
3 contrarii e malevoglienti a' nostri adversarii, sì vuole Tullio
4 medesimo in questa parte del suo testo insegnare come
5 noi potemo del nostro exordio, cioè nel prologo e nel cominciamento
6 del nostro dire, fare intenti coloro che noi
7 odono, sì che vogliano achetare i loro animi e stare a udire
8 la nostra diceria; e di questo potemo noi fare in molti
9 modi de' quali sono specificati nel testo dinanti, et in
10 altri simili casi.
11 Et posso ben dire manifestamente
12 che ciascuna persona sarà intenta e starà ad intendere
13 se io nel mio cominciamento dico ch' io voglia trattare
14 di cose grandi e d' alta materia, sì come fece il buono
15 autore recitando la storia d' Alexandro, che disse nel suo
16 cominciamento: «Io diviserò e conterò così alto convenente
17 come di colui che conquistò il mondo tutto e miselo
18 in sua signoria».
19 Altressì fie inteso s' io dico ch' io
20 voglia trattare di cose nuove e contare novelle e dire ch' è
21 avenuto o puote advenire per le novitadi che fatte sono,
22 sì come disse Catellina: «Poi che lla forza del comune
23 è divenuta alle mani della minuta gente et in podere
1 del populo grasso, noi nobili, noi potenti a cui si convengono
2 li onori, siemo divenuti vile populo sanza onore
3 e sanza grazia e sanza autoritade».
4 Altressì fie intento
5 s' io dico ch' io voglia trattare di cose non credevoli, sì
6 come 'l santo che disse: «Il mio dire sarà della benedetta
7 donna la quale ingenerò e parturio figliuolo essendo tuttavolta
8 intera vergine davanti e poi»; la quale è cosa
9 non credevole, perciò che pare essere contra natura. Et
10 sì come diceano i Greci: «Non era cosa da credere che
11 Paris avesse tanto folle ardimento che venisse 'n essa
12 terra a rapire Elena».
13 Altressì fie intento s' io dico
14 che 'l convenente sopra 'l quale dee essere il mio parlamento
15 a tutti tocca od a coloro che ll' odono, sì come disse
16 Cato parlando della congiurazione di Catellina: «Congiurato
1 ànno i nobilissimi cittadini incendere e distruggere
2 la patria nostra, e 'l lor capitano ne sta sopra capo.
3 Adunque dovete compensare che voi dovete sentenziare
4 de' crudelissimi cittadini che sono presi dentro nella cittade».
5 Altressì fie intento s' io dico che lla mia diceria
6 tocca ad alquanti uomini illustri, cioè uomini di
7 grande pregio e d' alta nominanza intra lle genti sì come
8 disse Pompeio parlando della battaglia civile: «Sappiate
9 che l' arme de' nemici sono appostate per abbattere l' alto
10 e glorioso sanato».
11 Altressì fie inteso s' io dico che lle
12 mie parole toccano a' dei, sì come fue detto di Catellina
13 poi ch' elli ebbe conceputo di fare cotanta iniquità: «Ma
14 elli gridava ch' appena i dei di sopra potrebbero omai
15 trarre il populo delle sue mani».
16 Altressì fie intento
17 s' io dico nel principio di dire la mia causa brevemente
1 et in poche parole, sì come disse il poeta per contare la storia
2 di Troia: «Io dirò la somma, come Elena fue rapita
3 per solo inganno e come Troia per solo inganno fue presa
4 et abattuta».
5 Altressì fie intento s' io nel mio exordio
6 propongo la giudicazione una o più, cioè quella sopra
7 che io voglio fondare il mio dire e fermerò la mia provanza,
8 sì come fece Orestes dicendo: «Io proverò che
9 giustamente uccisi la mia madre, imperciò che dio Apollo
10 il mi à comandato, perciò che uccise il mio padre».
11 Et di tutti modi per fare l' uditore intento potemo
12 noi colliere exempli in queste parole che disse Tullio a
13 Cesare parlando per Marco Marcello: «Tanta mansuetudine
14 e così inaudita e non usata pietade e così incredebile
15 e quasi divina sapienzia in nessuno modo mi posso
16 io tacere né sofferire ch' io non dica». Et poi che Tullio
17 à pienamente insegnato come per le nostre parole noi
18 potemo fare intento l' uditore, sì dirà come noi il potemo
19 fare docile.
Part 103
1 Come l' uditore sia docile.
2 Docili faremo li uditori se noi proporremo
3 apertamente e brevemente la somma della causa, cioè
4 in che sia la contraversia. E certo quando tu il vuoli
5 fare docile conviene che tu insieme lo facci attento,
6 in però che quelli è di grande guisa docile il quale
7 è intentissimamente apparecchiato d' udire.
8 Sponitore.
9 Quelle persone davanti cui io debbo parlare posso
10 io fare docili, cioè intenditori, da tal fatto: se io nel mio
11 exordio, alla 'ncuminciata della mia aringhiera, tocco un
12 poco del fatto sopra 'l quale io dicerò, cioè brevemente
13 et apertamente dicendo la somma della causa, cioè quel
14 punto nel quale è la forza della contenzione e della
15 controversia. Così fece Salustio docile Tulio dicendo:
16 «Con ciò sia cosa ch' io in te non truovi modo né misura,
17 brevemente risponderò, che se tu ài presa alcuna volontade
18 in mal dire, che tu la perda in mal udire».
1 et altri molti exempli potrei io mettere per fare l' uditore
2 docile, sì come buono intenditore puote vedere
3 e sapere in ciò ch' è detto davanti. Et perciò che 'l conto
4 à trattato inn adietro di due maniere exordii, cioè di
5 principio e d' insinuazione, et àe divisato ciò che ssi conviene
6 fare e dire nel principio per fare l' uditore benivolo,
7 docile et intento, sì dirà lo 'nsegnamento della insinuazione
8 in questo modo:
Part 104
9 Lo 'nsegnamento della Insinuazione.
10 Oramai pare che sia a dire come
11 si conviene trattare le insinuazioni. Insinuatio è da
12 usare quando la qualitade della causa è mirabile, cioè,
13 sì come detto avemo inn adietro, quando l' animo dell'
14 uditore è contrario a noi; e questo adiviene maximamente
15 per tre cagioni: o che nella causa è alcuna ladiezza,
16 o coloro c' ànno detto davanti pare c' abbiano
17 alcuna cosa fatta credere all' uditore, o se in quel tempo
18 si dà luogo alle parole, perciò che quelli cui conviene
19 udire sono già udendo fatigati; acciò che di questa una
20 cosa, non meno che per le due primiere, sovente s' offende
21 l' animo dell' uditore.
1 Sponitore.
2 In adietro è detto sofficientemente come noi potemo
3 acquistare la benivolenza dell' uditore e farlo docile et intento
4 in quella maniera de exordio la quale è appellata
5 principio. Oramai è convenevole d' insegnare queste medesime
6 cose nell' autra maniera de exordio la quale è appellata
7 «insinuatio».
8 Et ben è detto qua indietro che
9 «insinuatio» è uno modo di dicere parole coverte e infinte
10 in luogo di prologo. Et perciò dice Tullio che questo tal prologo
11 indaurato dovemo noi usare quando la nostra causa è
12 laida e disonesta inn alcuna guisa, la qual causa è appellata
13 mirabile, sì come pare in adietro là dove fue detto che
14 sono cinque qualità di cause, cioè onesta, mirabile, vile,
15 dubiosa et oscura.
16 E buonamente nelle quattro ne potemo
17 noi passare per principio; ma in questa una, cioè mirabile,
18 ne conviene usare insinuazione per sotrarre l' animo
19 dell' uditore e tornare in piacere di lui ed in grazia quel che
20 pare essere in suo odio. Adunque ne conviene vedere in
21 quanti e quali casi la nostra causa puote essere mirabile,
22 e poi vedere come noi potemo contraparare a ciascuno;
1 e sono tre casi.
2 Primo caso si è quando sie nella causa
3 alcuna ladiezza per cagione di mala persona o di mala
4 cosa; ché al vero dire molto si turba l' animo dell' uditore
5 contra il reo uomo e per una malvagia cosa.
6 Il secondo
7 caso è quando il parlieri ch' à detto davanti à sìe et
8 in tal guisa proposta la sua causa, ch' è intrata nell' animo
9 dell' uditore e pare già che lla creda sì come cosa vera;
10 per la quale cosa l' uditore, poi che comincia a credere
11 alle parole che ll' una parte propone et extima che lla sua
12 causa sia vera, apena si puote riducere a credere la causa
13 dell' altra parte, anzi sine strana et allunga.
14 Il terzo
15 caso è d' altra maniera: che sovente aviene che quelle
16 persone davanti cui noi dovemo proporre la nostra causa
17 e dire i nostri convenenti ànno lungamente udito e stati
18 a intendere altri c' ànno detto assai e molto, prima di noi,
19 donde l' animo dell' uditore è fatigato sì che non vuole
20 né agrada lui d' intendere le nostre parole; e questa è una
21 cagione che offende l' animo dell' uditore non meno che
22 ll' altre due. Et perciò conviene a buon parliere mettere
23 rimedi di parole incontra ciascuno caso contrario, secondo
24 lo 'nsegnamento di Tulio.
Part 105
1 Della laidezza della causa.
2 Se la laidezza della causa mette l' offensione,
3 conviene mettere per colui da cui nasce l' offensione
4 un altro uomo che sia amato, o per la cosa nella quale
5 s' offende un' altra cosa che sia provata, o per la cosa
6 uomo o per l' uomo cosa, sicché l' animo dell' uditore si
7 ritragga da quello che 'nnodia in quello ch' elli ama;
8 et infingerti di non difendere quello che pensano che
9 tu voglie difendere, e così, poi che ll' uditore fie più
10 allenito, entrare in difendere a poco a poco e dicere
11 che quelle cose, le quali indegnano l' aversarii, a noi
12 medesimi paiono non degne. Et poi che tu avrai allenito
13 colui che ode, dei dimostrare che quelle cose non
14 pertiene a tte neente, e negare che tu non dirai alcuna
15 cosa dell' aversarii, né questo né quello, sì ch' apertamente
16 tu non danneggi coloro che sono amati, ma
17 oscuramente facciendolo allunghi quanto puoi da lloro
18 la volontade dell' uditore; e proferere la sentenzia d' altri
19 in somiglianti cose, o altoritade che sia degna d' essere
1 seguita; et apresso dimostrare che presentemente si
2 tratta simile cosa, o maggiore o minore.
3 Sponitore.
4 In questa parte dice Tullio che, se ll' uditore è turbato
5 contra noi per cagione della causa nostra che sia
6 o che paia laida per cagione di mala persona o di mala
7 cosa, allora dovemo noi usare insinuazione nelle nostre
8 parole in tal maniera, che in luogo della persona contra
9 cui pare corucciato l' animo dell' uditore noi dovemo recare
10 un' altra persona amata e piacevole all' uditore, sì che per
11 cagione e per coverta della persona amata e buona noi
12 appaghiamo l' animo dell' uditore e ritraiallo del coruccio
13 ch' avea contra la persona che lui semblava rea; sì come
14 fece Aiax nella causa della tencione che fue intra lui et
15 Ulixes per l' arme ch' erano state d' Acchilles.
16 Et tutto
17 fosse Aiax un valente uomo dell' arme, non era molto
18 amato dalla gente né tenuto di buona maniera. Ma Ulixes,
19 per lo grande senno che in lui regnava, era molto amato.
20 Onde Aiax, volendosi contraparare, nel suo dicere ricordò
21 com' elli era nato di Telamone, il quale altra fiata
22 prese Troia al tempo del forte Hercole; e così mettea
23 la persona avanti amata e graziosa in luogo di sé
1 et in suo aiuto, per piacerne alla gente e per avere buona
2 causa.
3 Et quando la causa è laida per cagione di mala
4 cosa, sì dovemo noi recare nel nostro parlamento un' altra
5 cosa buona e piacevole; sì come fece Catellina scusandosi
6 della congiurazione che facea in Roma, che mise una giusta
7 cosa per coprire quella rea, dicendo: «Elli è stata mia
8 usanza di prendere ad atare li miseri nelle loro cause».